Il dietro le quinte di una famosa CASA D’ASTE MILANESE.
Una ex fabbrica, nelle mani di una CASA D’ASTE , è diventata un luogo speciale dove vengono catalogati e mandati all’incanto mobili, oggetti, libri, opere d’arte. Esposti in allestimenti immensi ( fino a 5mila pezzi) che diventano un inventario infinito.
Nella periferia est di Milano c’è un luogo sorprendente. L’ingresso è un cancello in lamiera in cui si apre una piccola porta. Una volta dentro, sembra di essere nella caverna di Ali Babà o sulla Luna immaginata da Ludovico Ariosto nel suo Orlando Furioso: il luogo dove si raccolgono tutte le cose che si perdono sulla Terra. Centinaia di quadri, decine di tavoli, e poi orologi, tappeti, personaggi dei cartoni animati, credenze, teiere. Dall’antico al Novecento. Perché in questo ex edificio industriale, dove un tempo si fabbricavano cavi elettrici, oggi si organizzano aste (sei all’anno) molto speciali. «Qui si trova di tutto, dal pezzo di pregio a oggetti magari danneggiati che vanno in asta a pochissimo. Se un lotto non trova acquirenti passa all’asta successiva a base d’asta dimezzata. E se rimane invenduto lo portiamo in discarica, ma lasciandolo integro. Perché magari può ancora essere utile a qualcuno». A parlare è Stefano Redaelli, fondatore de Il Ponte, casa d’aste che fin dalla sua nascita, nel 1974, si è distinta dalle altre. «A quell’epoca chi desiderava vendere contattava una casa d’aste ed era la casa stessa che decideva cosa mandare all’incanto. La mia idea era diversa: abbiamo sempre accettato tutto». Suddividendo poi gli oggetti in base al loro valore, e trattando tutto come qualcosa da valorizzare. Oggi per i pezzi di maggior pregio c’è la sede principale, in un palazzo antico nel centro di Milano. E poi c’è questo padiglione (2.500 mq di esposizione, con aste che arrivano a superare i 5mila lotti), dove ogni oggetto racconta una storia e cerca qualcuno che la ascolti. Tutto è nato in Inghilterra: «Ho iniziato a viaggiare giovanissimo, a quell’epoca vivevo in un paesino del Sussex. È lì che ho visitato una casa d’aste per la prima volta», ricorda Redaelli. «Comprai per cinque sterline due
antiche pistole a ruota con intarsi d’argento: arrivato in Italia per l’estate, un amico di famiglia – grande collezionista d’armi – me le ricomprò per un milione e 750mila lire. Tornato in Inghilterra iniziai a visitare le ville nobiliari abbandonate ma ancora completamente arredate. Sembrava di essere in un film. E la madre del padrone della fattoria dove lavoravo, che si era laureata a Firenze, mi dava i primi rudimenti di storia dell’arte». Redaelli poi torna in Italia e inizia a fare l’antiquario. L’amore per gli oggetti lo porta in giro per il mondo: «A Montevideo venivano organizzate delle vendite in capannoni industriali. Forse è da lì che mi è venuta l’idea». Negli anni, infatti, sceglie di affiancare alla sede centrale anche spazi più grandi e informali. Fino al 2006, quando scopre questa ex fabbrica. Dove talvolta accadono cose speciali. «Le racconto una storia», sorride. «Avevamo mandato in vendita nella sede principale una grande icona russa. Base d’asta, 10mila euro. Invenduta. La portiamo qui, dove viene proposta a 5mila. Niente. La volta dopo a 2.500, ed è stata poi battuta a 15mila». Perché questo è il posto in cui le cose vivono una seconda vita. O terza, o quarta. «I giovani, in Inghilterra, prendono mobili così e li restaurano. O li reinventano. Da noi succede più raramente, e un po’ mi dispiace». Ma gli estimatori comunque ci sono. Nei giorni dell’esposizione pre-vendita in questo luogo fuori dal comune arrivano mercanti, architetti, collezionisti, da buona parte dell’Italia («essere vicini alla tangenziale è impagabile») ma anche dall’estero. E per tanti di questi oggetti è l’inizio di un nuovo capitolo della loro storia.