La rinascita in chiave esuberante e scenografica di un palazzo del Settecento a NOTO.
Dopo anni di abbandono, un palazzo settecentesco a NOTO torna a nuova vita. Grazie anche a un progetto di decorazione pieno di cultura e di passione.
Nel 1782 Niccolò di Lorenzo, marchese di Castelluccio, vedeva ultimato il suo palazzo nel centro di Noto. Lui e sua moglie, Agata Battaglia, avevano voluto una costruzione che spiccasse nel panorama urbano, e in luogo del Barocco Ω cifra estetica predominante della regione Ω avevano scelto linee più auliche e semplici, in sintonia con lo spirito dell’epoca. Nasceva così il primo edificio di gusto neoclassico della città. Due secoli dopo tutto questo era solo un ricordo: l’ultimo erede del casato era morto e per il palazzo era iniziata un’epoca di solitudine e di abbandono. Uno dopo l’altro gli arredi erano stati venduti, rimanevano solo i muri, i pavimenti rivestiti in maioliche multicolori. E, silenziose testimoni del tempo passato, le due palme ai lati della scala a doppia rampa che dal giardino porta al piano nobile.
Passano gli anni e il palazzo rimane lì, immerso nel suo silenzio. Fino a quando, qualche anno fa, un imprenditore francese con la passione per il racconto (di mestiere fa il produttore televisivo) lo vede e ne rimane colpito. Si fa narrare la sua storia, lo visita. All’interno tutto è polvere e degrado: non ci sono più né finestre né porte, trova carcasse di piccioni e sporcizia ovunque. Ma quelle due palme per lui sono come una scenografia teatrale, gli raccontano mille storie. Ne è affascinato. Poi, in un angolo della vecchia rimessa delle carrozze, trova un televisore rotto: lo prende come un richiamo inequivocabile alla sua professione. È un segnale. E così il palazzo trova un nuovo proprietario. I lavori di restauro iniziano poco dopo, e sono lunghi e pazienti. Grazie alla collaborazione di un architetto locale, Corrado Papa, tutto Ω i saloni ma anche le cucine, le scuderie Ω è ripulito, riportato allo stato d’origine. I pavimenti sono volutamente rimasti con i segni di usura lasciati da secoli di passi.
Purtroppo non esistevano testimonianze su come fossero arredati gli interni. Qui è entrata in gioco la cultura del nuovo proprietario, che ha voluto ricreare la dimora di un gentiluomo illuminato di fine 18esimo secolo. Ispirandosi anche al Gattopardo di Visconti, ha iniziato a riempire stanze e sale con arredi, suppellettili, quadri e incisioni acquistati personalmente in tutta Europa. E tutti provenienti dal Sud italiano: c’è anche un bel ritratto di Ferdinando, re delle Due Sicilie. È anche per questo che non ha voluto contaminazioni estetiche con altri periodi né con il contemporaneo. Il suo scopo è stato, da subito, ricreare un’atmosfera precisa. Per quest’opera da scenografo-storiografo ha dovuto fare ricorso alla fantasia, certo, ma seguendo criteri di esattezza storica. Come nel caso del cabinet de curiosités, allestito in una sala dalla peculiare pavimentazione “a leopardo”, dove è esposta una collezione di minerali appartenuta a Maria Carolina Ferdinanda Luisa di Borbone, duchessa di Berry. Il risultato è una macchina del tempo che il proprietario ha deciso di aprire al pubblico (per informazioni, palazzocastelluccio.it), destinando il ricavato a una fondazione e mantenendo per sé solo una residenza all’ultimo piano, che rimane privata. A tu per tu con la Storia.