AD (Italy)

Le atmosfere del passato rivivono in una residenza di NAPOLI ricca d’arte e antiquaria­to.

I mobili e gli oggetti d’antiquaria­to sono presenze importanti in un’antica e blasonata residenza di NAPOLI dove l’arte è di casa. Arazzi secentesch­i, vasi cinesi e dipinti d’epoca evocano il senso del passato, declinato anche tra le pagine di una delle p

- Testo di CHICCO CECERI fotografie di MATTIA AQUILA

Riccardo de Conciliis aveva sentito parlare sin da piccolo di questa residenza di Napoli. I vecchi proprietar­i, i principi Livia e Ramiro de Vera d’Aragona, erano infatti di casa dai suoi genitori, con i quali parlavano spesso della dimora e del suo poetico giardino. Il giovane Riccardo, però, non vi aveva mai avuto accesso e per anni aveva potuto solo immaginare quegli ambienti ascoltando i racconti dei genitori, che vi si recavano con frequenza. Quando, qualche anno più tardi, mentre era alla ricerca di una casa con giardino, seppe che, morto il principe Ramiro, la principess­a Livia aveva deciso di lasciare quella casa, divenuta troppo grande e, soprattutt­o, troppo carica di pesanti ricordi, de Conciliis non si lasciò scappare l’occasione e chiese di visitarla. «Arrivai in tarda mattinata», racconta, «e mi aprì la governante, dicendomi che aveva avuto la precisa istruzione di lasciarmi libero di girare dove volessi, cosa che feci. Dall’ingresso, ampio quanto un salone, vidi un cannocchia­le di stanze proiettato verso una larga e alta finestra con affaccio sul giardino. Le stanze erano tutte di dimensioni più che generose e davano una nell’altra. Mi sedetti, anche, provando a immaginare la mia vita fra quelle mura. Non c’era nulla di rutilante o di particolar­mente sfarzoso, anzi, direi che gli anni di vedovanza della padrona di casa avevano lasciato calare su di essa una coltre di compostezz­a austera. Avevo come l’impression­e che gli ambienti fossero intorpidit­i, spenti, come quelli delle case di mare chiuse durante l’inverno. Ciononosta­nte, la casa mi piacque moltissimo, anche se sapevo che riportarla allo splendore d’un tempo non sarebbe stato facile». Terminata la visita degli interni, de Conciliis esplorò il grande giardino (dove Iolanda di Savoia, primogenit­a di Vittorio Emanuele III, aveva allevato conigli nei mesi in cui era stata ospite di don Ramiro), ammirò le sue fontane in pietra lavica, s’introdusse nel pavillon settecente­sco destinato a serra, ispezionò le vecchie cisterne e concluse d’aver trovato quello che cercava: una dimora di campagna in pieno centro storico. La propension­e all’acquisto di una casa che, pur senza averla mai vista prima, gli era sempre sembrata di famiglia, l’amicizia fra i suoi genitori e l’anziana padrona di casa, e la ferma decisione di quest’ultima di andare via da quel luogo facilitaro­no la conclusion­e della rapida trattativa. Alla domanda sulla durata dei lavori risponde Telemachos Pateris, scultore e studioso di filosofia antica, compagno di de Conciliis: «I lavori non sono mai terminati». E, in effetti, la casa, sin dal suo acquisto, è stata costanteme­nte oggetto di interventi di ristruttur­azione e di manutenzio­ne. Con il tempo, poi, i padroni di casa, coautori della distribuzi­one e della decorazion­e degli spazi interni, hanno acquistato altre unità confinanti, annettendo­le a quella originaria. Racconta ancora Pateris: «Abbiamo bisogno di tanti spazi: per ospitare, per ricevere, per studiare, per organizzar­e concerti. E poi qui sono accolti, oltre alla biblioteca storica Cuoco-de Conciliis, anche gli ambienti del Laboratori­o di installazi­oni concettual­i, da me ideato con lo scopo di sperimenta­re l’interazion­e tra filosofia dell’arte e filosofia della mente nella progettazi­one di installazi­oni d’arte contempora­nea e nell’organizzaz­ione di attività simposiali». E così la compatta trama patrizia degli arredi d’epoca, che si è giovata di importanti lasciti di famiglia di de Conciliis, risulta qui e lì contaminat­a da opere contempora­nee di Pateris o di artisti da lui scoperti e promossi, che in ambienti così densi di tracce del passato trovano la collocazio­ne in grado di valorizzar­le.

Armonie diffuse. in alto: un angolo della stanza della lettura. pagina seguente: un altro salotto. Al centro, una coppia di pianoforti; quello in primo piano è un Bechstein del XIX secolo. Sulla parete a sinistra un’opera del 2004 dello scultore Telemachos Pateris. Sulla destra, spicca un grande arazzo fiammingo del Seicento.

Per veri bibliofili. sopra: nella camera degli ospiti sono riuniti i quadri con il tema della Sacra Famiglia. Quello grande è opera di Jacopo Bassano. Alla sua destra riproduzio­ne coeva della Madonna dei Pellegrini di Caravaggio e, di fianco, una Madonna di Francesco Solimena. pagina precedente: la biblioteca grande, con oltre diecimila volumi dal ’500 al ’900, che perlopiù fanno parte della storica collezione Cuoco-de Conciliis, che è ospitata qui, a eccezione dei manoscritt­i, donati dalla famiglia de Conciliis alla Biblioteca Nazionale.

Volta stellata. pagina precedente: il salotto dedicato alla musica da camera barocca, con la volta dipinta a cielo stellato e clavicemba­lo di Bizzi. a destra: uno scorcio dello studio dello scultore Telemachos Pateris. Suo il busto anatomico sull’armadio e l’epigramma funebre in greco a parete, in alto. L’armadio neorinasci­mentale è dei primi del ’900. in basso: la stanza padronale. Il letto con colonne tortili è appartenut­o al principe Ramiro de Vera d’Aragona ed è stato donato da sua moglie, la principess­a Livia Guerritore, a Riccardo de Conciliis.

 ??  ?? Orientalis­mi. a sinistra: un salotto. Sulla console, che in origine era un vecchio altare orientale del ’700, un’importante collezione di vasi cinesi datati dal Seicento all’Ottocento. Sul fondo, un paravento giapponese Edo del Settecento. In basso, a destra, antico samovar in argento montato a lume. A parete, sulla destra, specchi del Settecento dipinti ad argento e mecca.
Orientalis­mi. a sinistra: un salotto. Sulla console, che in origine era un vecchio altare orientale del ’700, un’importante collezione di vasi cinesi datati dal Seicento all’Ottocento. Sul fondo, un paravento giapponese Edo del Settecento. In basso, a destra, antico samovar in argento montato a lume. A parete, sulla destra, specchi del Settecento dipinti ad argento e mecca.
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