Un approccio sostenibile all’architettura per NICORA. MARCO LAVIT
Da architetto crea capanne di legno che “arredano” il paesaggio. Da designer inventa oggetti di esemplare linearità. MARCO LAVIT NICORA ama e pratica il progetto trasparente e rifugge il superfluo.
WHO’S WHO Marco Lavit Nicora (1986), varesino, è architetto. Dal 2005 vive a Parigi dove ha compiuto gli studi universitari e nel 2014 ha fondato l’Atelier Lavit con cui si occupa di architettura, interior design e design. “Rising talent 2017”, per la Galleria Nilufar ha progettato vari oggetti tra cui la poltrona e il portariviste Venezia, con lui nella foto scattata davanti al suo studio.
Varesino, fisico da cestista (ha giocato come ala incrociando pure Marco Belinelli, oggi star Nba), Marco Lavit Nicora ha 32 anni, è architetto e da tempo vive a Parigi dove ha avviato un’attività di progettazione, l’Atelier Lavit. Il suo studio è in rue Sainte-Anne, vicino al Louvre e a place Vendôme, una vecchia galleria antiquaria affacciata sulla strada con una grande vetrina che invita a entrare, a curiosare. «L’Atelier», dice, «è per me una specie di casa-bottega. Laboratorio, studio, un luogo aperto alla creatività, dove allestire mostre, incontrare gli amici, accogliere i curiosi che chiedono di entrare attratti da ciò che vedono fuori». Un posto multidisciplinare che è un po’ lo specchio della poliedrica personalità, un po’ italiana e un po’ francese, di Marco, architetto e designer, ma anche artista, interessato a ogni forma d’arte, fotografia, cinema, musica, moda. Curioso di tutto. Gli chiediamo qual è il suo approccio al lavoro di progettista. «Da architetto, mi piace pensare il mio intervento in relazione al contesto, cerco di creare qualcosa che lo rispetti ma che vi aggiunga qualcosa, che si offra, all’esterno e all’interno, come elemento per leggere il paesaggio, domestico, urbano o naturale che sia, in modo differente».
Per questo motivo lavori sul tema dell’ecolodge e del glamping? Sì, però in questo campo sono finito per caso. Ero a una cena e c’era anche un giovane imprenditore che si occupa di questi argomenti. Chiacchierando, mi chiese un progetto per una serie di “capanne”. Dopo un po’ di mesi di silenzio le cose si sono messe in moto e ho cominciato a creare ministrutture di legno immerse nella natura, case sugli alberi, su piattaforme galleggianti, interrate. Sempre mirando a farne un arricchimento del paesaggio.
E il design? Lo sento come una conseguenza di questa impostazione. L’oggetto, la seduta, il divano, il tavolo, una luce – mi sto appassionando all’illuminazione – li immagino come parti di uno spazio, che a loro volta generano e caratterizzano un proprio “spazio-oggetto”. Con gli artigiani con cui lavoro mi piace trafficare con i materiali, approfondire le loro possibili declinazioni formali, gli abbinamenti. Sono per un design trasparente, essenziale, in cui la struttura non si nasconda. Non a caso amo Mollino, i Castiglioni, Munari, e il geniaccio Riccardo Blumer che è stato il mio primo mentore. □