all’avanguardia e oggetti d’autore ARTE in una dimora in Place des Vosges, nel Marais.
In un edificio parigino del ’600, in PLACE DES VOSGES, un intervento coraggioso ha reinventato un appartamento riempiendolo di luce. Creando un involucro supermoderno per la collezione di arte contemporanea e di design di un architetto.
Parigi ha molti epicentri, ed è uno dei motivi del suo fascino. Uno dei più belli è place des Vosges, la più antica piazza della città: nata nel Seicento per volere di Enrico IV, con i suoi quattro lati architettonicamente identici è uno dei primi esempi di pianificazione urbanistica in Francia. Qui, dove vissero la marchesa di Sévigné, Victor Hugo, Colette e Isadora Duncan, si trova l’appartamento di queste pagine. Uno spazio ristrutturato in modo radicale, senza però intaccare l’anima dell’edificio, creando un contrasto affascinante con la zona in cui si trova. Il padrone di casa è Cyprien Bru, architetto ed eclettico collezionista di arte e design: «L’idea alla base del progetto è stata quella di salvaguardare il suo carattere antico, aggiungendo però un segno moderno», spiega.
In origine l’appartamento era composto da quattro stanze e una serie di corridoi: uno spazio frammentato, che non veniva toccato da metà degli anni ’40. E che malgrado un’ottima posizione (si trova al terzo piano e l’edificio dirimpetto di piani ne ha solo due) risultava poco luminoso. «Ho razionalizzato la pianta, spostando tutta la zona giorno a ovest e creando delle vie di fuga visive, per esempio col corridoio che serve la zona notte e che ha uno sbocco verso l’esterno che lo riempie di luce. In questo modo tutto risulta più grande. E l’affaccio sul cielo e sui tetti è valorizzato al massimo», dice Bru.
Il tono del progetto è dato dai materiali che sono stati usati: pareti in legno, metallo traforato, graniglia, marmo, accostati agli infissi tradizionali e alle modanature in stucco. In molti ambienti – il living, le camere – il pavimento è in moquette di lana. «Ho scelto di rivestire alcune pareti del soggiorno in metallo per evitare di riempirle di quadri, come invece avevo fatto nel mio appartamento precedente. Così è più riposante per gli occhi», prosegue il padrone di casa. Un desiderio di vuoto che però è esaudito a metà: qui vive un collezionista colto e curioso, e si vede. Quasi tutti i mobili sono pezzi d’autore, con una spiccata preferenza per la produzione italiana anni ’70: «Un periodo in cui il metallo, materiale che amo molto, era protagonista». Un’epoca il cui gusto è citato abbondantemente da Bru in questo progetto. Ma non tutto è vintage, ci sono anche lavori di giovani designer («me li fa conoscere un amico gallerista»).
Sono elementi di una raccolta in continua evoluzione, frutto di una ricerca costante in giro per l’Europa: molti pezzi arrivano da Italia e Germania, «qui in Francia queste stesse cose avrebbero dei prezzi irrazionali». Alcuni talvolta vengono venduti a clienti, ma succede di rado; per gestire questa massa di oggetti Bru si è organizzato con un deposito dove immagazzina quelli momentaneamente non in uso, una soluzione che giudica estremamente pratica: «Così, se mi capita un momento di spleen o se qualcosa mi viene a noia posso cambiare». Anche l’arte ha un ruolo importante. Entra in tutte le stanze, compresi i due bagni. La testata del letto nella camera principale è in realtà l’opera di un artista. «Mi interessano in modo particolare lavori del 21esimo secolo: supporti poco classici, legno inciso, acquarelli, carte strappate», spiega. Ci sono poi decine di scatti appoggiati su mobili, mensole, anche sul pavimento; e tanti piccoli bronzi fine Ottocento/primi Novecento. In una lunga teca in legno e vetro poggiata a terra in un corridoio, in origine un mobile da merceria, è conservata/esposta la raccolta di sneakers del padrone di casa: e sembra un’installazione.
Il colore base di questa casa è un grigio chiarissimo, utilizzato per le pareti in muratura, i soffitti e gli infissi. Un fondo neutro pensato per fare da sfondo a tutti gli oggetti che la popolano. Ma ci sono alcuni ambienti che sfuggono a questa atonalità: il bagno padronale, per esempio, rivestito in un marmo dalle venature così forti che sembrano delle pennellate. E la cucina, una scatola dai lati in lastre di graniglia grigia, usate anche come pavimento, e legno d’acero dal colore caldo. «Sembra di essere in un cassetto», scherza Bru. La parete di fondo, che la divide dal living, è punteggiata da una griglia di fori, da cui al pomeriggio entra la luce diretta con un effetto scenografico. Anche qui praticamente ogni oggetto è d’autore: un lampadario anni ’70 di Gaetano Sciolari illumina un piccolo tavolo bianco con schegge di colore firmato da Shiro Kuramata per Memphis; sul mobile-credenza basso e lineare sono appoggiati tre grandi acquarelli di Léo Dorfner. Mix formidabile di pezzi per una stanza-manifesto dove, come del resto in tutta la casa, sembra di vivere in un’enciclopedia del design. Compilata con cultura e gusto. E un innato senso del gioco.
L’arte ha un ruolo importante in tutto il progetto di decorazione: entra in tutte le stanze, compresi la cucina e i due bagni.