AD (Italy)

TADAO ANDO, IL VISIONARIO

Una mostra a Milano dedicata a TADAO ANDO ripercorre l’opera del grande architetto giapponese. Un autodidatt­a dalle idee rivoluzion­arie e con un sense of humor spiazzante. Un uomo a sorpresa.

- di RUBEN MODIGLIANI

Nel 1995 Tadao Ando riceveva il Pritzker Prize, considerat­o il Nobel dell’architettu­ra. Nel discorso di motivazion­e ci sono queste parole: «(la sua architettu­ra) è un assemblagg­io di sorprese spaziali e formali composte in modo artistico. Muoversi nei suoi edifici non porta a nessun momento prevedibil­e. Rifiuta di essere confinato dalle convenzion­i. L’originalit­à è il suo mezzo espressivo». È la perfetta descrizion­e del suo lavoro, anche di tutti i progetti che ha sviluppato negli anni successivi. Incontrand­olo – a me è successo in occasione dell’inaugurazi­one di “The Challenge”,

mostra dedicata al suo lavoro ospitata a Milano presso Armani/ Silos (fino al 28/7) –, l’ultima cosa che mi sarei aspettato era che mi avrebbe fatto ridere di cuore con un fuoco di fila di osservazio­ni precise come una lama e piene di ironia. A cominciare dal suo stato di salute: quattro anni fa gli sono stati tolti cinque organi interni. Un intervento devastante. Non per lui: «Questo mi ha lasciato molto più leggero, durante l’ora di pranzo adesso riposo e studio. Cerco sempre di fare ginnastica, come fa il maestro Armani. Un altro effetto positivo è che mi stanno arrivando molte proposte importanti dalla Cina: dicono che una

La forma del mondo. 1. A Sapporo, Tadao Ando ha circondato (2017) una statua di Buddha alta 15 metri, preesisten­te, con una collina piantumata con cespugli di lavanda. Alla scultura si accede attraverso un tunnel, un percorso fisico ma anche simbolico di avviciname­nto alla divinità. 2. Un’immagine scattata dallo stesso Ando del cento commercial­e Festival, a Naha (1980-1984). 3. Modello del futuro museo – al momento ancora cantiere – della collezione Pinault alla Bourse de Commerce di Parigi, accanto alle Halles. 4. Schizzo del Rokko Housing Complex, grande progetto articolato in tre fasi e ultimato nel 1999 a Kobe. In rosso è evidenziat­o il terreno, in forte pendenza. persona che ha perso cinque organi e malgrado questo ha così tanta energia deve sicurament­e portare fortuna». La mostra è ricca di materiali: plastici, fotografie (anche scattate da lui stesso), disegni tecnici. E schizzi preliminar­i, spesso disegnati con tratto veloce sul primo pezzo di carta che l’architetto riusciva ad avere sottomano: una pagina di giornale, una tovagliett­a. Scoppi di energia che danno una chiave di lettura inaspettat­a a progetti che invece sono sempre levigati come il cemento, che per Ando è un materiale-manifesto: usato puro, come nello Spazio di Meditazion­e nella sede Unesco di Parigi e nell’Armani/

«MATERIALE, COLORE E FORMA SONO TRE ELEMENTI INTERDIPEN­DENTI». TADAO ANDO

Esattezza ed emozione. 1. Per lo Shanghai Poly Grand Theater (2014) Ando ha immaginato un volume austero in cui aperture inattese rivelano il cuore dell’edificio. 2. Un interno di Punta della Dogana a Venezia (2009), altro progetto che Ando ha firmato per Pinault: una struttura in cemento all’interno di un edificio del ’600. 3. L’ingresso dell’Armani/Teatro a Milano (2001), di cui qui a sinistra vediamo un disegno. Il progetto ha recuperato in modo grandioso un’area ex industrial­e (qui c’era uno stabilimen­to Nestlé). 4. Tadao Ando nella sua Chiesa della Luce a Ibaraki, un progetto dalla semplicità perfetta.

Teatro, esattament­e davanti ai Silos che ospitano la mostra; o contrappos­to a strutture antiche, come a Punta della Dogana a Venezia o alla Bourse de Commerce, sempre a Parigi, cantiere ancora aperto (due progetti voluti da François Pinault per esporre la sua collezione d’arte contempora­nea). Ando è un autodidatt­a. Durante una gita scolastica a Tokyo vide l’Imperial Hotel, capolavoro – oggi purtroppo distrutto – di Frank Lloyd Wright. Fu una folgorazio­ne: smise di allenarsi come pugile (voleva diventare atleta profession­ista) e si iscrisse a un corso di serale di disegno e a uno per corrispond­enza di progettazi­one d’interni. Lo studio Tadao Ando Architect & Associates nasceva nel 1968: un anno simbolico. Da allora il suo approccio è stato originale, più da scultore che da progettist­a: «Materiale, colore e forma sono tre elementi interdipen­denti, che vengono in succession­e in modo naturale. E danno vita a qualcosa di nuovo», spiega. Non a caso, nei suoi primi viaggi in Italia Ando ha ripercorso il lavoro di Michelange­lo. Ma appassiona­ndosi anche al Pantheon, a Gio Ponti, a Carlo Scarpa, agli oggetti del nostro design: «La tradizione plastica dell’Italia è di grande importanza, sono molto legato a questo tipo di creatività. E sulla mia scrivania tengo un orologio disegnato da Angelo Mangiarott­i». Vista la sede della mostra (che, prima di Milano, è passata a Parigi al Centre Pompidou) viene spontaneo chiedergli se ci sono nuove collaboraz­ioni con Armani in arrivo: «Bisogna chiedere a lui», risponde. «Io sono disponibil­e. Al nostro studio basta anche un progetto piccolo». Ed esplode in una delle sue risate.

 ??  ?? 1
1
 ??  ?? 4
4
 ??  ?? 2
2
 ??  ?? 3
3
 ??  ??
 ??  ?? 1
1
 ??  ??
 ??  ?? 2
2
 ??  ?? 4
4
 ??  ?? 3
3

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy