ATTUALE, SEMPRE
— I primi 60 anni di FLEXFORM, azienda di riferimento nella storia del design italiano.
Fondata nel 1959, FLEXFORM svolta i suoi primi sessant’anni in forma più che mai. I suoi valori, la ben proporzionata essenzialità del design, la durabilità delle collezioni, la cura dei dettagli non accennano a invecchiare. E nemmeno il rapporto con Antonio Citterio, da 40 anni designer di riferimento dell’azienda.
Come la vita, l’azienda è tutta una questione di scelte. Di intuizioni, di adattamenti, di capacità di minimizzare le conseguenze inintenzionali delle decisioni. Vale in generale e vale, in particolare, per Flexform, storica family company di Meda le cui radici affondano ai primi del ‘900 nel laboratorio ebanistico dei fratelli Romeo, Agostino e Pietro Galimberti per poi assumere il nome attuale giusto sessant’anni fa, nel 1959. Ne parliamo con Matteo Galimberti, oggi direttore commerciale Italia nonché membro del consiglio di amministrazione. «Quel passo fu voluto da mio padre e dai suoi fratelli, che rappresentano la seconda generazione dell’azienda. Nonostante producessero ancora mobili d’arte di pregio, intuivano il boom imminente del Bel Design italiano. La scelta del nome nuovo slegato da quello di famiglia (a Meda di Galimberti c’è un’inflazione!) e di un logo disegnato da un grafico di primo piano come Pino Tovaglia, quello del Cinturato Pirelli, per intenderci, aiutò a distinguere l’azienda e a renderne comprensibile e fruttuoso lo spostamento verso una produzione di mobili moderni». Nello stesso periodo
l’azienda fece un altro passo fondamentale, si aprì cioè alla collaborazione con architetti e designer. «Fu un’intuizione vincente e dice molto sui nostri valori fondanti. Se una cosa la sa fare meglio di noi un altro, scegliamo lui per farla! Così nacquero le collaborazioni con, tra gli altri, Sergio Asti, Rodolfo Bonetto, Joe Colombo, che con la seduta Tube segnò una rivoluzionaria rottura con il passato del “mobile in stile”. Fu un salto in avanti». In questa strategia si inserisce anche l’incontro con Antonio Citterio. «Be’, il suo è un caso a parte. Venne in azienda verso la fine degli anni ’70, era giovane ma aveva certamente una gran voglia di fare, un sicuro talento e un’invidiabile chiarezza di idee. Da subito ha saputo
sposare i fondamentali dell’azienda: l’essenzialità, le forme rigorose ma calde, un’estetica elegante senza tempo, il senso delle proporzioni, la perfezione delle lavorazioni e dei materiali, l’idea di pensare il pezzo nel suo posizionamento in uno spazio abitativo, il ben fatto unito all’utile. Il suo sofà Max del 1983 resta una pietra miliare per Flexform oltre che per la storia del design. Per noi della terza generazione, oltre che “uno di famiglia”, Citterio è un riferimento ineludibile per gusto e competenze tecnologiche, anche se lavoriamo pure con altri valenti progettisti. In ogni caso, Antonio Citterio ci ha dato una marcia in più. Con lui abbiamo capito che, per il nostro modo di essere, valeva di più il concetto di collezione che quello di singolo arredo». Un approccio che si materializzò ne I Divani di famiglia (1985) e poi si è sviluppato con continuità nella progressiva messa a punto del catalogo aziendale dal quale, peraltro, i prodotti raramente escono di scena. E che oggi impronta la nuova collezione outdoor audacemente ideata come una “zona giorno” open air completa in ogni aspetto, in cui trovano spazio numerose creazioni di Citterio ma anche la versione outdoor della poltrona Alison di
Carlo Colombo e la colta riedizione, in versione per esterni, dei classici sedia più tavolo Moka (anni ’30) di Asnago e Vender. Tutto nel segno di un’oculata strategia che mira a dare sempre maggiore identità, vigore e profondità al brand, a comunicarlo come inimitabile espressione dello stile e del saper fare made in Italy, oggi ricercatissimi sui mercati esteri, Cina in testa. «Siamo», conclude Matteo «un’azienda familiare, un’industria artigianale e tali vogliamo restare: è una formula che ci rende flessibili, consustanziali al lavoro, vicini alle problematiche del cliente piccolo o grande che sia.