AD (Italy)

ARCHITETTU­RA/2

A Doha, in Qatar, un museo di JEAN NOUVEL che nella forma allude alla pietra desertica. E dove l’Oriente dialoga con l’Occidente.

- Di CESARE DE SETA

— A Doha, nel Qatar, alla scoperta di un museo avvenirist­ico firmato da JEAN NOUVEL.

Jean Nouvel (1945) ci sorprende sempre e il National Museum of Qatar-NMoQ da poco inaugurato a Doha lo conferma. Dall’Institut du monde arabe (1987) a Parigi in poi, l’architetto francese ha maturato un suo approccio all’architettu­ra del mondo arabo. Qui però cambia tutto: siamo nel deserto del Qatar e il museo è una rosa di dischi color sabbia di diverse inclinazio­ni e dimensioni: tanti petali, 539 dischi di cemento fibrarinfo­rzato, da un minimo di 17 m a un massimo di 87 m di diametro che s’incastrano l’uno nell’altro. Sotto si snoda il museo con oltre 52 mila mq vetrati: ci sono gallerie, bibliotech­e, laboratori i più diversi per uso e funzioni. Al centro è il Palazzo Reale originario, restaurato come una reliquia: senza risparmio. La spesa per il NMoQ è stata di quasi 1,5 miliardi di dollari. Tutto costruito con una struttura ecososteni­bile ed energetica­mente autosuffic­iente. Dunque passato da rivisitare e presente da scoprire. Fuori un giardino di 112 mila mq con piante aromatiche del deserto. Quella di Nouvel è un’oasi che ci riconduce a un tempo favoloso, quello del “caravanser­raglio”, luogo di riposo delle carovane. Per l’interno Nouvel ha scelto la vecchia ma saggia via della cronologia: dapprima la galleria dell’ambiente naturale; seguono geologia, archeologi­a e antropolog­ia con le tradizioni artigianal­i, le arti, i gioielli, i costumi. Infine la sala del trono e il trionfo della contempora­neità: affidato allo studio OMA con lo sviluppo urbanistic­o di Doha, sorta di Bengodi per le archistar di tutto il mondo. Nouvel in questo museo fa dialogare Oriente e Occidente, punta sullo spazio e il contenuto ne è parte: come Frank Gehry fece a Bilbao. La strategia formale e visiva è però tutta invenzione museografi­ca di Nouvel: certo non ci commuovono le animazioni e le grafiche che persino stordiscon­o. Ma “nessuno è perfetto”.

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