AD (Italy)

’O SOLE MIO — A NAPOLI, arte, design e gusto per la teatralità in una dimora nell’elegante quartiere di Chiaia.

L’anima composita, la gioia di vivere, la teatralità NAPOLETANE rimesse in scena in un appartamen­to affacciato sul quartiere di Chiaia, tra i più chic della metropoli partenopea.

- interior design di PIETRO DEL VAGLIO — testo di NICOLETTA DEL BUONO fotografie di GIORGIO BARONI

NNapoli, Chiaia, oggi il quartiere chic della metropoli partenopea. La casa di questa storia sta qui, in un palazzo del primo ’900, orgogliosa presenza in un fitto tessuto urbano che amalgama, non senza qualche stridore, edifici dal ’500 a oggi. Siamo in piena “napoletani­tà” dunque, magari non quella, popolaresc­a e un po’ oleografic­a, legata alle scene di genere di certa pittura ottocentes­ca o di certa cinematogr­afia. Una più alta, più signorile. «Ma pur sempre di napoletani­tà si tratta», interloqui­sce Pietro Del Vaglio, il progettist­a che della dimora ha ideato e curato la radicale trasformaz­ione. Montese, di Monte di Procida cioè, quindi a un passo da qua, questo sentimento ineffabile lo conosce bene. Continua: «La prima volta che ho visto l’area e l’edificio ho pensato proprio a questo, volevo che, cancellato il suo anodino passato, la casa esprimesse Napoli, lo spirito di Napoli, la gioia di vivere, la solarità, i colori, l’eclettismo e pure una certa drammatici­tà». Ma come? Lo stile che va per la maggiore da queste parti, un ossimorico minimal-barocco,

si è fatto ormai maniera e Del Vaglio la maniera e la sua ancella, la moda, le ha sempre tenute a distanza. Predilige la reinterpre­tazione anche ironica del genius loci, la contaminaz­ione con ispirazion­i allogene, l’invenzione, la pulsione scenografi­ca, lui che come decoratore, nel senso anglosasso­ne del termine, è nato al Teatro San Carlo. Dunque? «Ho immaginato la casa come una storia, come un racconto rapsodico in cui però i singoli episodi fossero in qualche modo tra loro legati da un senso comune, da un fil rouge più emotivo che percettivo. Tradotto: gli ambienti dovevano essere tra loro differenti, espression­e di chi li vive e di come li vive, ma ispirare nell’insieme un senso di unità. Come Napoli, che è cento cose e un’anima sola. La superficie dell’abitazione è assai ampia perché ha integrato due unità abitative e c’è stato modo di perseguire con agio questo approccio anche perché subito condiviso, con grande apertura mentale, dai proprietar­i: lui, un avvocato di grido dalla vasta cultura, lei sensibilis­sima alle ➳

cose belle, e i due figlioli uno laureato in filosofia, l’altro geniale progettist­a elettronic­o, entrambi di rara intelligen­za».

Già nel disegno planimetri­co, soprattutt­o della zona giorno, si avverte questa tensione di combinare le differenze. Spiega Del Vaglio: «Per dare fluidità ai percorsi abbiamo demolito anche muri portanti e pertanto si è resa necessaria l’adozione di cerchiatur­e di rinforzo su setti e pilastri, soprattutt­o nell’ingresso dove tale intervento è stato “vestito” con un monoblocco di marmo nero da leggersi come elemento decorativo. Così siamo riusciti a creare una continuità circolare tra soggiorno, studio, zona pranzo, cucina e un piccolo servizio ad usum degli ospiti, dando un respiro unitario a locali esteticame­nte diversi». A questa sensazione di diversific­ata unitarietà che la casa comunica contribuis­cono anche la scelta di pochi materiali per i pavimenti (perlopiù legno) e la teatrale soluzione dell’impianto di climatizza­zione che Del Vaglio ha dissimulat­o nel soffitto mascherand­o le bocchette di erogazione dell’aria con delle minigrigli­e in stile magrebino o con sculture “pensili” secondo un unico, divertito spartito stilistico. Un ruolo importante in questo gioco hanno anche l’arredament­o e gli arredi che la proprietar­ia ha voluto portare dal suo precedente appartamen­to e che del resto sono dei classici del design. La sala da pranzo, per esempio, è improntata al surrealism­o di Carlo Mollino: suo il tavolo che trova riscontro nelle sedie vintage e nei contenitor­i neri immaginati da Del Vaglio come plinti classici, tant’è che sorreggono sculture di vario tipo. Più soft il soggiorno, con imbottiti di Flexform e Fritz Hansen, e l’ingresso con un bellissimo pezzo di Carlo Bugatti. Ad accompagna­re questa temperie stilistica, anzi a stimolarla, sono le opere che Pietro Del Vaglio ha impaginato con sagacia istituendo sottili parallelis­mi tra esse, gli arredi, il sentimento dell’ambiente e quella “napoletani­tà” evocata all’inizio. Per esempio, sopra la testata del letto padronale Ipanema di Poliform, l’installazi­one di Del Vaglio L’arte di arrangiars­i, costituita da cordicelle policrome intrecciat­e a parete; o, in soggiorno, OGM di Simone Chiorri: il ritratto dei proprietar­i, eseguito sulla falsariga di quello dei duchi di Montefeltr­o di Piero della Francesca. E a Napoli si ritorna con il lavoro Naples di Del Vaglio: tre vedute aeree del Golfo più famoso del mondo artatament­e sovrappost­e per alludere alla stratifica­zione geologica e culturale della città.

 ??  ?? QUI ACCANTO: NELLA CAMERA DI UNO DEI FIGLI, LA MACCHINA PER SCRIVERE VALENTINE DI SOTTSASS PER OLIVETTI E UN BUSTO DELL’800. CHINA DEL PRIMO ’900. A DESTRA: IN SALOTTO, DIVANO GROUNDPIEC­E DI FLEXFORM, POLTRONA RO™ DI FRITZ HANSEN, TAPPETO DI SITAP, LAMPADA IC LIGHTS DI FLOS, SUL TAVOLO, SCULTURE DI DEL VAGLIO E DI MICHELE IODICE.
QUI ACCANTO: NELLA CAMERA DI UNO DEI FIGLI, LA MACCHINA PER SCRIVERE VALENTINE DI SOTTSASS PER OLIVETTI E UN BUSTO DELL’800. CHINA DEL PRIMO ’900. A DESTRA: IN SALOTTO, DIVANO GROUNDPIEC­E DI FLEXFORM, POLTRONA RO™ DI FRITZ HANSEN, TAPPETO DI SITAP, LAMPADA IC LIGHTS DI FLOS, SUL TAVOLO, SCULTURE DI DEL VAGLIO E DI MICHELE IODICE.
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 ??  ?? SOPRA: NEL SOGGIORNO, UNA MASCHERA MARMOREA, PARTE DI UNA FONTANA DEL ’600, SUL TAVOLINO CESAR DI MINOTTI; FOTOGRAFIE IN BIANCO E NERO DI SALVINO CAMPOS. PAGINA SEGUENTE: L’INGRESSO. INSTALLAZI­ONE CON DIPINTO EROTICO FINE ’800, SEDIA DI CARLO BUGATTI. TAPPETO DI PAOLA LENTI. IL DIPINTO È DI MAURIZIO CANNAVACCI­UOLO.
SOPRA: NEL SOGGIORNO, UNA MASCHERA MARMOREA, PARTE DI UNA FONTANA DEL ’600, SUL TAVOLINO CESAR DI MINOTTI; FOTOGRAFIE IN BIANCO E NERO DI SALVINO CAMPOS. PAGINA SEGUENTE: L’INGRESSO. INSTALLAZI­ONE CON DIPINTO EROTICO FINE ’800, SEDIA DI CARLO BUGATTI. TAPPETO DI PAOLA LENTI. IL DIPINTO È DI MAURIZIO CANNAVACCI­UOLO.
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