’O SOLE MIO — A NAPOLI, arte, design e gusto per la teatralità in una dimora nell’elegante quartiere di Chiaia.
L’anima composita, la gioia di vivere, la teatralità NAPOLETANE rimesse in scena in un appartamento affacciato sul quartiere di Chiaia, tra i più chic della metropoli partenopea.
NNapoli, Chiaia, oggi il quartiere chic della metropoli partenopea. La casa di questa storia sta qui, in un palazzo del primo ’900, orgogliosa presenza in un fitto tessuto urbano che amalgama, non senza qualche stridore, edifici dal ’500 a oggi. Siamo in piena “napoletanità” dunque, magari non quella, popolaresca e un po’ oleografica, legata alle scene di genere di certa pittura ottocentesca o di certa cinematografia. Una più alta, più signorile. «Ma pur sempre di napoletanità si tratta», interloquisce Pietro Del Vaglio, il progettista che della dimora ha ideato e curato la radicale trasformazione. Montese, di Monte di Procida cioè, quindi a un passo da qua, questo sentimento ineffabile lo conosce bene. Continua: «La prima volta che ho visto l’area e l’edificio ho pensato proprio a questo, volevo che, cancellato il suo anodino passato, la casa esprimesse Napoli, lo spirito di Napoli, la gioia di vivere, la solarità, i colori, l’eclettismo e pure una certa drammaticità». Ma come? Lo stile che va per la maggiore da queste parti, un ossimorico minimal-barocco,
si è fatto ormai maniera e Del Vaglio la maniera e la sua ancella, la moda, le ha sempre tenute a distanza. Predilige la reinterpretazione anche ironica del genius loci, la contaminazione con ispirazioni allogene, l’invenzione, la pulsione scenografica, lui che come decoratore, nel senso anglosassone del termine, è nato al Teatro San Carlo. Dunque? «Ho immaginato la casa come una storia, come un racconto rapsodico in cui però i singoli episodi fossero in qualche modo tra loro legati da un senso comune, da un fil rouge più emotivo che percettivo. Tradotto: gli ambienti dovevano essere tra loro differenti, espressione di chi li vive e di come li vive, ma ispirare nell’insieme un senso di unità. Come Napoli, che è cento cose e un’anima sola. La superficie dell’abitazione è assai ampia perché ha integrato due unità abitative e c’è stato modo di perseguire con agio questo approccio anche perché subito condiviso, con grande apertura mentale, dai proprietari: lui, un avvocato di grido dalla vasta cultura, lei sensibilissima alle ➳
cose belle, e i due figlioli uno laureato in filosofia, l’altro geniale progettista elettronico, entrambi di rara intelligenza».
Già nel disegno planimetrico, soprattutto della zona giorno, si avverte questa tensione di combinare le differenze. Spiega Del Vaglio: «Per dare fluidità ai percorsi abbiamo demolito anche muri portanti e pertanto si è resa necessaria l’adozione di cerchiature di rinforzo su setti e pilastri, soprattutto nell’ingresso dove tale intervento è stato “vestito” con un monoblocco di marmo nero da leggersi come elemento decorativo. Così siamo riusciti a creare una continuità circolare tra soggiorno, studio, zona pranzo, cucina e un piccolo servizio ad usum degli ospiti, dando un respiro unitario a locali esteticamente diversi». A questa sensazione di diversificata unitarietà che la casa comunica contribuiscono anche la scelta di pochi materiali per i pavimenti (perlopiù legno) e la teatrale soluzione dell’impianto di climatizzazione che Del Vaglio ha dissimulato nel soffitto mascherando le bocchette di erogazione dell’aria con delle minigriglie in stile magrebino o con sculture “pensili” secondo un unico, divertito spartito stilistico. Un ruolo importante in questo gioco hanno anche l’arredamento e gli arredi che la proprietaria ha voluto portare dal suo precedente appartamento e che del resto sono dei classici del design. La sala da pranzo, per esempio, è improntata al surrealismo di Carlo Mollino: suo il tavolo che trova riscontro nelle sedie vintage e nei contenitori neri immaginati da Del Vaglio come plinti classici, tant’è che sorreggono sculture di vario tipo. Più soft il soggiorno, con imbottiti di Flexform e Fritz Hansen, e l’ingresso con un bellissimo pezzo di Carlo Bugatti. Ad accompagnare questa temperie stilistica, anzi a stimolarla, sono le opere che Pietro Del Vaglio ha impaginato con sagacia istituendo sottili parallelismi tra esse, gli arredi, il sentimento dell’ambiente e quella “napoletanità” evocata all’inizio. Per esempio, sopra la testata del letto padronale Ipanema di Poliform, l’installazione di Del Vaglio L’arte di arrangiarsi, costituita da cordicelle policrome intrecciate a parete; o, in soggiorno, OGM di Simone Chiorri: il ritratto dei proprietari, eseguito sulla falsariga di quello dei duchi di Montefeltro di Piero della Francesca. E a Napoli si ritorna con il lavoro Naples di Del Vaglio: tre vedute aeree del Golfo più famoso del mondo artatamente sovrapposte per alludere alla stratificazione geologica e culturale della città.