VITA SUI TETTI — Lo spettacolo dello skyline di MILANO è parte integrante di una penthouse nel centro della città.
A Milano una penthouse immersa in un giardino pensile è interpretata come una CONSERVATORY con vista sullo skyline della città e con nuove contaminazioni stilistiche.
Milano le gira intorno, l’abbraccia da ogni parte, ne diventa sfondo e decorazione. Emozionante quando si manifesta quel cielo di Lombardia, manzonianamente così bello quand’è bello, così splendido, così in pace. Qui è come essere sul tetto del Duomo con Ralph Waldo Emerson, che vi salì nel 1833, si vedono inseguirsi i colli di Brianza, si vedono le Alpi rosate dal tramonto. E, oggi, si vedono pure crescere i grattacieli della città nuova. Una vista che fa spettacolo. Attilio Ladina, l’architetto che, per una coppia di professionisti e la loro giovane figlia, ha ideato questa casa sviluppata sull’ultimo e penultimo piano di un moderno palazzo nella zona di San Vittore, ne è rimasto subito folgorato. «Mi sono detto che questo panorama doveva essere una delle chiavi del progetto. Occorreva renderlo parte dell’abitazione e di chi la vive, trarne il massimo in termini di funzioni e suggestioni». Per ottenere un tale risultato ha immaginato l’architettura come una sorta di conservatory tutta vetrata, luminosissima, dal carattere fresco, gioioso, e poi, per enfatizzare l’osmosi tra dentro e fuori, l’ha interamente circondata con un intreccio vegetale di gelsomini e roseti. «Non è però un “velario” continuo», spiega Ladina, un professionista che alla solida competenza unisce il dono di una fervida immaginazione, «l’intreccio lascia trasparire il paesaggio e in più, per creare effetti sorpresa, ho intagliato nel verde archi e oblò, dei cannocchiali puntati sui tratti più incisivi dello skyline milanese». ➳
Insomma un giardino pensile segreto che Ladina, vestendo i panni del gardener, ha strutturato in maniera da rendere la casa, meglio, lo spazio dell’abitare, cangiante nella luce, nei colori, nei profumi al trascorrere delle stagioni. Questo dunque è uno dei criteri che stanno alla base dell’intervento di Ladina. Ce ne sono altri? Visitando i due piani dell’abitazione si avverte il sentimento di una contaminazione estetica di genere insolito, che cioè non gioca tanto sull’eclettismo di arredi e artefatti, quanto sul confronto-incontro tra un guscio architettonico contraddistinto da forme rigorose in bilico tra richiami seicenteschi e neoclassici, e un arredamento che è spumeggiante florilegio di classici del design e pezzi vintage di forte personalità. Dice Ladina: «Combinare in questo modo il classico e il moderno, l’idea del passato e la realtà del presente, la calma e l’emozione è stata una scelta della padrona di casa che è una signora dalle idee molto chiare. Io ho cercato di dare un’interpretazione non banale a questa volontà». Molti sono i segni “storicisti” piazzati per caratterizzare in tal senso l’impianto planimetrico che vede al livello inferiore la zona notte, le sale da bagno e lo studio, e a quello superiore soggiorno, sala da pranzo, la cucina («molto frequentata perché in famiglia pranzo e convivio sono riti assai apprezzati») e le terrazze a loro volta pensate come estensione della casa raddoppiando il salotto e la zona pranzo: per esempio, l’arco nel vano dell’ingresso («serve pure a dissimulare il sottoscala»), l’importante scala in pietra con balaustra in ferro battuto che unisce i due livelli dell’appartamento, le modanature e i motivi decorativi che coronano i cielini scavati a lacunare per nascondere l’impianto di climatizzazione, e ancora le nivee colonne e lesene doriche che riquadrano il soggiorno e la sala da pranzo, elementi di un grande living tra loro spartiti da un ingegnoso setto murario appeso al soffitto che ha anche funzione di console. In questo scenario classicheggiante e replicandone l’ordine e la simmetria trovano spazio, per restare al living, il daybed Barcelona di Mies van der Rohe, un divano di Flexform, una coppia di esuberanti lounge chair Jetsons di Giovannetti
Dal Pop di Mario Schifano al Surrealismo di Matta: bene impaginate, le opere d’arte danno un TOCCO PERSONALE in più alla casa.
su design di Guglielmo Berchicci, un tavolino specchiante di Borsani. Nella sala da pranzo il lampadario anni ’70 firmato Robert Haussmann sovrasta il tavolo Hall di Luxury Living attorniato da sedie vintage di matrice argentina riflesse in un favoloso armadio anni ’70 ricoperto di mezzelune specchianti. Nello studio, l’ambiente più caro alla proprietaria, a farla da padrone sono due celebrità dei primi ’60: la poltrona EJ Corona di Poul Volther e la lampada Arco di Castiglioni per Flos. Tutto è ben calibrato, ben spaziato, ben intonato alle pareti bianche e ai pavimenti in rovere decapato o in noce posato a spina di pesce: la casa, nel rivelare un’estetica di perenne attualità, comunica un rilassante senso di comfort anche visivo che si rafforza grazie alla presenza di superbe opere d’arte moderna e contemporanea raccolte con passione e gusto sicuro dai committenti: un Mario Schifano per lo studio, un Sebastián Matta Echaurren per il pranzo, un Roberto Crippa in cucina. E poi sculture di Botero, Mario Rossello e Matteo Forgioli... Colpi decorativi bene assestati.