L’ultra dimensione
Volumi labirintici, forme surreali, colori accesi e mediterranei: RICARDO BOFILL , maestro del Regionalismo e del Postmoderno, con le proprie architetture crea un mondo visionario che cerca di migliorare la qualità della vita di chi lo abita. Un bel volume documenta le sue opere maggiori in occasione dell’80° compleanno.
Spiega Ricardo Bofill: «Viaggiare è stata un’esperienza fondamentale: mi ha regalato una visione del mondo caleidoscopica, ricca di nuove prospettive e punti di vista. Al ritorno da un viaggio la realtà ci appare meno globalizzata e le differenze fra le culture più evidenti». Il senso della scoperta e il legame con la tradizione segnano, fin dagli esordi, l’universo di questo visionario architetto catalano che ha realizzato oltre 100 progetti in 50 Paesi, in parte raccontati nel bel volume Ricardo Bofill. Visions of Architecture edito da Gestalten nel suo 80° compleanno. Esplorare nuovi itinerari progettuali è il suo imperativo esistenziale. Studente sotto il regime franchista – «ero giovane e volevo cambiare il mondo» – Bofill si laurea a Ginevra nel 1959 e nel 1963 fonda il Taller de Arquitectura, officina-laboratorio animata da un team
multidisciplinare. Tra i primi progetti spicca il complesso di Xanadú, in Costa Blanca, concepito per rispondere alle esigenze di un moderno lifestyle. Bofill è fedele alla linea più sperimentale della Neoavanguardia: prende le distanze dal rigido funzionalismo del Movimento Moderno avvicinandosi alle idee di una generazione che coniuga tensione ideale e invenzione architettonica. Sull’onda dell’approccio «regionalista» teorizzato da Kenneth Frampton, traspone questi concetti entro un personale alfabeto di forme e di segni che più tardi delineeranno una sua personale visione postmodernista. Fulcro della sua indagine, in questa fase, è l’uso espressivo del colore unito al tema ricorrente della fortezza. Alla ricerca di un’architettura-monumento Bofill apre la sua pratica progettuale all’eco della storia, della memoria e dei paesaggi visti nella sua vita nomade. Un edonismo mediterraneo evidente nella Muralla Roja, simile a una cittadella fortificata all’ombra del Peñón de Ifach. Con le sue mura imponenti su cui vibra un’intensa palette di rossi e di blu, le scale e i patios che ricordano la grandiosa complessità di Escher, il “castello” di Bofill deve molto sia alla tipologia della casbah sia al vernacolo caotico dei souk. «Il mondo è complesso e multiforme: culture diverse possono coesistere nello stesso luogo». È l’essenza del Regionalismo critico, che definisce una progettualità orientata al contesto per creare un linguaggio mondiale su basi regionali. Glocal, diremmo oggi. Con Walden 7, a Sant Just Desvern, Bofill compie un altro passo fondamentale rielaborando suggestioni vernacolari e megastrutturali. L’edificio deve il suo nome al romanzo utopico Walden
Two dello psicologo comportamentista B.F. Skinner, incentrato sull’idea di una moderna Città del Sole campanelliana. Materiali tradizionali e ingegneria high-tech plasmano un immaginario da science fiction, tanto futuristico quanto scenografico e suggestivo. È il prodromo dei fantastici complessi postmoderni che Bofill costruirà in Francia negli anni ’80.
«HO IMPARATO DI PIÙ NEL SAHARA CHE IN UN PALAZZO FRANCESE». RICARDO BOFILL