AD (Italy)

UN PIENO DI VUOTO

Un grande mercante d’ arte restaura, ad Anversa, la casa di un grande collezioni­sta di pittura antica fiamminga. E si ispira a un aggettivo, volledig, che vuol dire: via l’ inutile, spazio all’ essenziale. Per circondars­i di luce, colori, proporzion­i, mat

- Foto di Laziz Hamani Testo di Philippe Seulliet

Ad Anversa, la casa di un grande collezioni­sta d’arte. Dove trovano spazio colori e luce

L’età d’oro di Anversa è durata quasi tutto il XVI secolo, fino a quando la città cadde il 17 agosto 1585, sotto l’assedio dell’esercito di Filippo II di Spagna. Prima di questa data funesta era uno dei principali centri commercial­i e finanziari d’Europa,e una delle poche metropoli che si avvicinass­e ai centomila abitanti. Di questa prosperità nel secolo successivo rimase la sua importanza come centro artistico, grazie a Rubens,van Dyck, Jordaens, Teniers.

Questa casa patrizia arriva da quell’ epoca. Rimasta nelle mani della stessa famiglia dal 1619 al 1950, poi lasciata in eredità a un ordine di missionari, è stata per trent’anni un albergo e alla fine, nel 2006,è stata acquistato da un uomo d’affari e collezioni­sta che ora ci vive in compagnia dei suoi capolavori. L’anno scorso il palazzo ha festeggiat­o sia i suoi quattro secoli di esistenza sia il suo recente restauro, durato dieci anni. Il progetto è stato curato da Axe lV ervoordt, esteta mago, ed aKristof Goossens, giovane architetto direttore dello studio Anversa .« Con Ax el c’ è stato un rapporto maestro/ discepolo », racconta Go ossens. «Hac on divisole sue conoscenze e idee senza porre condizioni.Uno dei suoi riferiment­i principali è stata la pittura antica, e molti dipinti hanno ispirato la disposizio­ne delle stanze».

Una parola chiave ha guidato la squadra: volledig, che in fiammingo significa «completo», ma nel senso di «pienezza del vuoto». Un concetto che Vervoordt segue e che lo porta a eliminare tutto ciò che non è essenziale. È un minimalism­o mai gratuito, perché implica l’unione di proporzion­i perfette e materiali di eccellente qualità, come i pavimenti in quercia o

le pareti tinteggiat­e a calce e con pigmenti naturali. La luce, elemento essenziale, ricorda quella di Verme er, Pie terd eH o oche molti pittori di questa zona. Le aggiunte contempora­nee, come la piscina coperta, sono invisibili. «Adoro l’atemporali­tà di questo luogo. È una casa vera.Viviamo in un’epoca in cui tutti gli stili si mescolano.Ma qui la nobiltà e l’austerità dei pezzi li rendono più vicini allo spirito del passato», spiega Vervoordt che, con la moglie May e il loro team,ha fatto molte ricerche prima di trovare mobili e oggetti antichi a cui si sono aggiunte comode sedute realizzate su suo disegno.

«Ammiro il modo in cui Axel Vervoordt affronta gli spazi, tenendo conto delle abitudini dei proprietar­i », dice Go ossens .« Armonizzag­li elementi del decoro con una tale delicatezz­a cher aggiunge la perfezione ». Non solo all’interno:è ra roche una casa di Anversa abbia un giardino così ampio, uno spazio dove la natura offre una pace sorprenden­te nel cuore della città.I paesaggist­i Jacques e Martin Wirtz non volevano una banale ricostruzi­one nello spirito del Rinascimen­to:si è fatto di tutto per conservare un ginkgo centenario.La squadra ha lavorato per creare un senso di comfort e di benessere:un lavoro da esperti,che c’è ma non si vede,perché la presenza più importante è quella della famiglia–le loro conversazi­oni, gli ospiti, i pasti, il vino, la musica, le opere d’ arte.

Dopo quattro secoli,questa dimora riacquista così la sua bellezza.Un rifugio dall’eccesso dove prende vita il verso del poetaAlexa­nder Pope cheVervoor­dt ha adottato come suo motto:«C’è nella semplicità un’arte nascosta che dà grazia allo spirito e alla bellezza».

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 ??  ?? sopra Lungo la scala (originale, così come la decorazion­e a finto marmo restaurata da Eddy Dankers) un ritratto di giovane pastore (XVII secolo) attribuito a Jan Baptist Weenix e Bartholome­us van der Elst. In fondo, un ritratto del banchiere Everhard Jabach, opera di Antoon van Dyck. a destra Sempre nel salone Luigi XV, un Ercole rinascimen­tale e, sul camino, ritratto di dama inglese, di van Dyck.
sopra Lungo la scala (originale, così come la decorazion­e a finto marmo restaurata da Eddy Dankers) un ritratto di giovane pastore (XVII secolo) attribuito a Jan Baptist Weenix e Bartholome­us van der Elst. In fondo, un ritratto del banchiere Everhard Jabach, opera di Antoon van Dyck. a destra Sempre nel salone Luigi XV, un Ercole rinascimen­tale e, sul camino, ritratto di dama inglese, di van Dyck.
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 ??  ?? sopra Nella Kunstkamme­r rivive l’età dell’oro di Anversa: mobili fiamminghi del XVI secolo e, appeso alla parete, uno dei venti quadri di epoca barocca raccolti in questa stanza. a destra Nello studio del proprietar­io, le librerie basse lasciano spazio alle boiserie d’epoca. Dietro il divano (Atelier Vervoordt, come il tavolino in primo piano) una scrivania vittoriana in mogano e cuoio, di C.J. Freeman.
sopra Nella Kunstkamme­r rivive l’età dell’oro di Anversa: mobili fiamminghi del XVI secolo e, appeso alla parete, uno dei venti quadri di epoca barocca raccolti in questa stanza. a destra Nello studio del proprietar­io, le librerie basse lasciano spazio alle boiserie d’epoca. Dietro il divano (Atelier Vervoordt, come il tavolino in primo piano) una scrivania vittoriana in mogano e cuoio, di C.J. Freeman.
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 ??  ?? a sinistra La sala da pranzo dalla tenue palette verde-azzurro, realizzata da Eddy Dankers con pigmenti naturali e texture artigianal­i, è ravvivata da una natura morta della pittrice seicentesc­a Clara Peeters. sopra Nel soggiorno di famiglia, la tela nera sopra il camino, dell’artista belga Jef Verheyen (Zero, 1962), è tra le pochissime opere del XX secolo raccolte nella casa.
a sinistra La sala da pranzo dalla tenue palette verde-azzurro, realizzata da Eddy Dankers con pigmenti naturali e texture artigianal­i, è ravvivata da una natura morta della pittrice seicentesc­a Clara Peeters. sopra Nel soggiorno di famiglia, la tela nera sopra il camino, dell’artista belga Jef Verheyen (Zero, 1962), è tra le pochissime opere del XX secolo raccolte nella casa.
 ??  ?? sopra Poltrona bergère dell’ebanista settecente­sco Philippe-Joseph Pluvinet, tela del pittore seicentesc­o Jacob Ferdinand Voet. a destra Tolto l’intonaco dal soffitto della cucina, i restaurato­ri hanno scoperto una struttura di listelli di pino inchiodati alle travi, che hanno deciso di conservare a mo’ di installazi­one contempora­nea. Tavolo e sedie di betulla (Atelier Vervoordt), credenza italiana in pino e pioppo.
sopra Poltrona bergère dell’ebanista settecente­sco Philippe-Joseph Pluvinet, tela del pittore seicentesc­o Jacob Ferdinand Voet. a destra Tolto l’intonaco dal soffitto della cucina, i restaurato­ri hanno scoperto una struttura di listelli di pino inchiodati alle travi, che hanno deciso di conservare a mo’ di installazi­one contempora­nea. Tavolo e sedie di betulla (Atelier Vervoordt), credenza italiana in pino e pioppo.
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