Il paese delle meraviglie
Catalogare tutte le specie di uccelli presenti nel Nuovo Mondo:l’impresa impossibile di un naturalista-artista,che due secoli fa costruì un monumento alla Natura
Nell’autunno del 1826 un uomo sbarcava a Liverpool da una nave da trasporto. Si era imbarcato settimane prima a New Orleans, portava con sé lettere di presentazione per esponenti di spicco della società inglese del tempo e soprattutto una cartella con più di 300 disegni. Aveva quarantuno anni, capelli lunghi e scuri portati indietro. Si chiamava John James Audubon ed era uno scienziato, un artista e uno spirito nomade. Aveva tentato svariati mestieri, aveva conosciuto agi e miseria. E adesso stava per diventare uno degli uomini più famosi del suo tempo.
Audubon era nato nel 1785 nella allora colonia francese di Saint-Domingue, oggi Haiti, figlio di un ufficiale navale bretone – che arrotondava le entrate facendo il pirata – e di una sua amante. Era poi cresciuto in Francia, nella campagna vicino a Nantes. Qui aveva manifestato molto presto un interesse acutissimo per la natura, in special modo per gli uccelli. Osservava le loro evoluzioni, aiutato dal padre imparava a conoscere le specie, i comportamenti, le abitudini. Amava fare scorribande nei boschi, dalle quali spesso tornava con nidi e uova che poi provava a disegnare. Il padre voleva farne un uomo di mare. Jean-Jacques (non ancora John James) venne quindi iscritto alla scuola militare ma scoprì di non essere adatto per quella vita: soffriva il mal di mare e non aveva interesse per rotte e navi. Aveva dodici anni.
Insieme al nuovo secolo arrivano le guerre volute da Napoleone. Per impedire al figlio di essere arruolato, Audubon padre gli procura un passaporto falso e lo manda in America, dove ha dei possedimenti: terre, una miniera di piombo. Jean-Jacques sbarca a New York, cambia nome, prende la febbre gialla. Durante la convalescenza impara i primi rudimenti di inglese. Finalmente arriva nella sua nuova casa, una tenuta di 115 ettari in Pennsylvania. Per lui è il paradiso, e inizia a esplorarlo. Come tutti i giovani benestanti dell’epoca, vive
Per due anni, assieme a un assistente, Audubon viaggia per tutto il Nordamerica, cercando e dipingendo. Quando ritrae un animale vuole ricreare agli occhi dell’osservatore non solo l’esemplare di una specie ma anche il suo ambiente,il suo comportamento
essenzialmente per diletto. Ha un’idea che piano piano diventa progetto: catalogare tutte le specie di uccelli del Nuovo Mondo. Li osserva cercando di capirli. Pensa e agisce da uomo di scienza: ad alcuni esemplari lega fili colorati alle zampe, e questo gli permette di verificare che ogni anno tornano allo stesso nido. Incontra Lucy Bakewell, che diventerà sua moglie.
Nel 1808, a ventitré anni, John James vende la miniera e con Lucy si trasferisce nel Kentucky. Nascono i primi figli e la situazione finanziaria, divenuta precaria, lo obbliga a cercarsi un lavoro. Avvia un’attività commerciale ma continua a disegnare uccelli, con l’obiettivo di migliorarsi: vuole catturare l’essenza della realtà, la sua varietà e ricchezza. Brucia tutti gli schizzi che non lo soddisfano. Gli affari non vanno bene, e con la famiglia si trasferisce in una capanna abbandonata in una foresta. Va a caccia e a pesca per necessità. Incrocia spesso i nativi americani, si intrattiene con loro, ne
impara i metodi. Li ammira e li considera fratelli. «Ogni volta che incontro degli Indiani», scriverà, «sento la grandezza del Creatore in tutto il suo splendore: perché in loro vedo l’uomo nudo, formato direttamente dalla Sua mano e ancora privo di ogni dolore acquisito».
Gli anni successivi sono segnati da terremoti e guerre. Audubon passa da fasi di fortuna economica al carcere per debiti. Nel 1818 diventa il primo dipendente della neonata Western History Society, a Cincinnati, che lo paga per proseguire nei suoi studi. Per due anni, insieme a un assistente, viaggerà per tutto il Nordamerica, cercando, osservando, dipingendo dal vero. In ogni suo ritratto, Audubon vuole ricreare agli occhi dell’osservatore non solo l’esemplare di una specie ma anche il suo ambiente e il suo comportamento. Abbandona la classica raffigurazione da libro scientifico perché vuole raccontare la vita. Ogni ritratto è frutto di giorni di osservazioni per capire le abitudini del soggetto. Una volta
catturato (ucciso: per tutta la vita Audubon sarà un appassionato cacciatore), l’esemplare viene messo in posa attaccandolo a fili. Il disegno è sempre a grandezza naturale: per questo l’artista/scienziato piega gli esemplari più grandi – i fenicotteri, per esempio – in pose complesse per farli entrare nei limiti fisici del suo foglio. In lui scienziato e artista lavorano in parallelo. Ogni effetto di iridescenza o leggerezza deve essere riprodotto, per farlo utilizza tutte le tecniche che conosce: gouache, acquerello, gesso, pastello, lumeggiature. E i tagli delle immagini sono un ponte che unisce la tradizione inglese ed europea alle suggestioni che arrivavano dall’Oriente con le stampe giapponesi.
È per finanziare la pubblicazione della sua opera che Audubon decide di imbarcarsi per l’Inghilterra. La spedizione è un successo oltre ogni speranza. L’Uomo delle Foreste con i suoi dipinti di creature mai viste diventa soggetto di conversazione, tutti lo vogliono conoscere. Arriva denaro: dalle prenotazioni per il libro (compresa quella di re Giorgio IV), dalla vendita di copie a olio di alcune delle tavole. The Birds of America viene stampato a Edimburgo e a Londra, in sezioni. Il formato è immenso, 435 tavole da 99 x 66 cm. Ognuna è accompagnata dal racconto della sua realizzazione, e tutte insieme si leggono come un diario di viaggio e di scoperta. È un successo sia come opera d’arte che come ricerca scientifica: a Londra, Audubon viene accolto come membro dalla Royal Society; tiene conferenze in tutto il Paese. A Edimburgo nel pubblico c’è uno studente: si chiama Charles Darwin.
Audubon, con il suo amore per la natura, ha creato il Mito della Frontiera, pietra angolare della cultura americana. Prima di Thoreau, di Emerson, molto prima dello stupore di Whitman e del vagabondare di Kerouac. Il monumento a un’idea di Natura, creato seguendo – con ostinazione, senza mai perderla di vista – una passione di bambino. Per tutta la vita.