IL PESO DELLA LIBERTÀ
Otto dei sessanta fermacarte raccolti da Enzo Mari nel corso di una vita accompagnano le parole con cui progettisti,collaboratori e amici ricordano su AD colui che fu,perAlessandro Mendini,la «coscienza di tutti i designer»
MASSIMO MININI, gallerista
Enzo non voleva essere designer, né architetto, né artista. Cercava di essere tutte e tre queste cose. Come fare? Non sa che è vicinissimo alla soluzione dell’impossibile equazione. La putrellina suda, sente caldo. Mari l’afferra per le due estremità. Lei pensa: adesso mi spezza la schiena. Invece lui le solleva i piedi e la testa, in modo che Putrella ed Enzo si assomiglino. Un gesto di identificazione, d’amore, un’attenzione delicata.
FRANCO RAGGI, designer
Un ostinato totalitarismo e la fede nel raziocinio creativo erano la molla che lo faceva ricominciare ogni volta da capo nel ragionare sul destino del design, le sue utopie, le sue volgarità e i suoi deboli estetismi. Votato a spiazzare con le sue scelte sia l’interlocutore che se stesso, un giorno mi confessò: «…Lo so, sembra paradossale, però quando faccio qualcosa e capita che tutti battano le mani mi chiedo: “Dove ho sbagliato?”».
JASPER MORRISON, designer
Ho un’ammirazione illimitata per il lavoro di Mari e per la sua capacità di operare in questo mondo, pur avendo vissuto apparentemente in un altro. L’espressione corretta di «hanno rotto lo stampo dopo averlo fatto», nel caso di Mari sarebbe «hanno rotto lo stampo mentre lo facevano», nel senso che era un disadattato e un libero pensatore con la forza di credere e di lottare per un mondo migliore indipendentemente dal costo personale.
FABIO NOVEMBRE, designer
Custodisco gelosamente una sua monografia con dedica: «A Fabio, Con Simpatia (significa “andare insieme”)». Abbiamo camminato insieme per più di 20 anni, senza guardarci in faccia, ma sentendo sempre la reciproca presenza. Siamo stati diversissimi, ma la Simpatia non implica una visione comune delle cose, è più importante il rispetto; ero in disaccordo su molte cose, ma la sua statura morale non era messa in discussione.
PAOLO ULIAN, designer «Preferisco parlare per ore con un contadino che sa tutto della sua terra, piuttosto che un minuto con cento designer insieme!», diceva Enzo: un designer contro il design, un filosofo che creava cose. Per lui, il designer non deve dare alle persone ciò che vogliono, ma suggerire un ideale da seguire. Dietro al burbero e inavvicinabile, c’era la dolcezza di un uomo che invece aveva bisogno del confronto con gli altri per inseguire il suo ideale.
PAOLO GALLERANI, designer
Enzo Mari era invitato a un concorso per la progettazione di un gioco per bambini sul tema dell’abitare. Non riusciva a partecipare, e mi propose al suo posto. Iniziai a scrivere su dei foglietti un’interminabile sequenza, un dazebao di più di 4 metri. Si entusiasmò e lavorammo insieme sul materiale grezzo, fino al progetto di un gioco con regole molto elastiche, aperte alla condivisione, allo scambio, all’immaginazione di storie.
FORMAFANTASMA (Andrea Trimarchi e Simone Farresin), designer
A differenza di altri, Mari si preoccupa dell’impatto delle sue scelte sulla linea di produzione. Pensando al fatto che gli operai avrebbero passato il loro tempo nell’azione alienante di aggiungere una molla o una cerniera al suo prodotto, progettò Java (per Danese) in modo da eliminare questa fase. La considerazione e la comprensione del contesto è ciò che rende la sua opera non solo senza tempo, ma anche incessantemente stimolante.