SANTI CALECA
HO VISTO CASE
Santi Caleca non ama le definizioni. È restio a descriversi, ma generoso nel raccontare le storie che lo hanno reso uno dei protagonisti dell’iconografia d’interni. Quando ha cominciato «erano altri tempi: non migliori, diversi. Erano anni di sperimentazioni e di fervente creatività: potevamo commettere errori a livello tecnico e farli passare per grandi idee. All’inizio della carriera ho improvvisato molti set fotografici a casa di amici invece che in studio. Era divertente e i risultati sono stati dei progetti bellissimi».
Per questa pagina, che inaugura uno spazio fisso sul nostro giornale, gli abbiamo chiesto di selezionare un’immagine simbolo della sua carriera, una testimonianza di ciò che rende unica una foto di interni. «Scelgo sicuramente questo scatto della casa della designer finlandese Liisi Beckmann», spiega. «Abitavo con Letizia Battaglia, al secondo piano di Villa Borromeo a Cassano d’Adda. Ricordo che fu proprio Liisi, che viveva lì vicino, a bussare alla nostra porta perché desiderava che le facessi qualche foto.
Nacque così la nostra amicizia. Quando qualche anno dopo iniziai a collaborare con Casa Vogue, il primo servizio non commissionato che proposi fu proprio la casa della Beckmann. Piacque e fu pubblicato (“Un luogo, una storia, un artista”, Casa Vogue 110, settembre 1980). La foto, con il profilo di Chopin in iuta imbottito realizzato dalla proprietaria, fa parte di quel set, e già questo la rende speciale per me. Rivela una casa molto particolare: Liisi era una designer e una donna incredibile (è sua la poltrona Karelia per Zanotta). Non aveva una lira e per risparmiare veniva a Milano a piedi… quasi trenta chilometri».
Caleca riconosce che quando fotografa un’abitazione prova spesso la sensazione di non averla saputa raccontare del tutto, che parte della sua vera anima gli sia sfuggita: «Forse perché ho poco tempo per stare nella casa, oppure perché solo chi vive gli ambienti ne conosce davvero le sfumature. Però, quando riesco a catturarne l’essenza in uno scatto, allora quell’immagine mi diventa cara per sempre».