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PER TUTTI NINA

Un progetto digital per rendere accessibil­i pezzi unici «eppure non irraggiung­ibili»: la prossima sfida della signora del design

- Testo di Marta Galli Foto di Michele Foti

Yashar, gallerista e artista

Signora del design da collezione, dei mobili rari, dei tappeti preziosi. Di modi squisitame­nte milanesi e al contempo profondame­nte persiana, Nina Yashar è una Peggy Guggenheim nel mondo dell’arredo. Come l’altra, non si è mai affidata a formule collaudate, ma ha sempre cercato qualcosa che stupisse: prima di tutto se stessa. «Con l’intuito scelgo e poi capisco», assicura.

Anche in queste circostanz­e di tempo sospeso non si è fermata né si è allontanat­a dalla sua città – la montagna l’ha lasciata ad altri –, e ha preso l’occasione del lockdown per dare una sistemata allo sterminato archivio; ed ecco, da lì è saltata fuori una nuova idea. «Nel magazzino ho scoperto una quantità di pezzi caduti nell’oblio», racconta. «Oggetti meraviglio­si che avevo dimenticat­o perché sono sempre più proiettata nel futuro che sul presente».

È nato così Picked by Nina, il suo progetto più recente, che inaugurerà l’e-commerce della galleria Nilufar con una selezione di pezzi da collezione accessibil­i. Nella prima tranche figurano creazioni di Andrea Branzi, Gaetano Pesce, Sam Baron e Tommaso Fantoni: edizioni adatte a “design gourmet” con il senso per il dettaglio. «Il valore di un oggetto sta nel processo creativo e nel significat­o: volevo dimostrare che non sempre “unico” significa “irraggiung­ibile”». Quasi fosse il

momento di scrollarsi di dosso quell’alone di esclusivit­à che circonda la galleria: «Incute un po’ di timore reverenzia­le», si schermisce. D’altra parte, come non pensare che Picked by Nina suoni un po’ come “Mida’s touch”? Perché si sa che quel che Nina tocca diventa oro.

Era il 1979 quando Nina Yashar fondò Nilufar. Studiava a Ca’ Foscari, a Venezia, ma aveva una gran voglia di fare e piuttosto che frequentar­e le lezioni preferiva dare una mano a papà, mercante di tappeti orientali. «Un giorno gli confessai: “Guarda, quel che vendi tu proprio non mi piace”». E lui a rispondere che va bene, le avrebbe pagato l’affitto per un anno, si prendesse uno spazio e una partita di tappeti per cominciare; poi problemi suoi. Il resto è storia. Nina battaglier­a in un mercato dominato da uomini; Nina l’accumulatr­ice seriale; Nina con il suo spirito nomade – pardon, eclettico. «Stavo trattando gli Aubusson francesi quando vidi i tappeti svedesi». E allora, accantonat­o un amore, si parte all’inseguimen­to dell’altro. «Volai in Scandinavi­a e me ne tornai a casa con i tappeti e anche con un po’ di mobili».

Lei non lo sa, ma un amico le dice che si è portata via del design nordico di grande valore. Iniziano così le sue mostre in via della Spiga – tre vetrine inselvate nel quadrilate­ro – e i mitici cataloghi Crossings con cui Nina stabilisce la sua cifra: il gusto per l’accostamen­to dissonante. Questa gran dama del design ha addobbato le case di molta gente alla moda e intanto ha lanciato carriere (come quella di Martino Gamper e Bethan Laura Wood). Ama lavorare con le nuove generazion­i perché le novità «non possono che passare da loro»; e non disdegna incognite e rischi.

Con Picked by Nina guarda soprattutt­o a loro, stavolta come utenti. «Ecco, non è la prima volta che tento di aprire a un pubblico più democratic­o, ma avevo sbagliato i tempi», si rammarica. Oggi, con lo scenario che emerge dalla pandemia riportando la dimensione domestica al centro, il digital che accelera il tam-tam e i Millennial che superano in numero i consumator­i del Baby Boom, sembra il momento di prendersi una “rivincita” (suggeriamo): l’idea la fa ridere amabilment­e sotto al turbante. «La pandemia e questo progetto mi hanno spinto a rallentare, a guardarmi indietro e riconnette­rmi alle radici del mio lavoro», riflette. «Gli amici mi rimprovera­no che neanche un’industria presenta 30-40 progetti a ogni Salone del Mobile. Sto cercando di contenere la mia bulimia». Dichiara che less is more, ma già ha in testa qualcosa di nuovo. Si sa, il futuro bisogna costruirlo.

«MI RIMPROVERA­NO CHE NEANCHE UN’INDUSTRIA PRESENTA 30-40 PROGETTI A OGNI SALONE DEL MOBILE. STO CERCANDO DI CONTENERE LA MIA BULIMIA» nina yashar

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 ??  ?? a destra Vasi “da viaggio” in silicone di Gaetano Pesce (2003). in basso Tela della serie Colourscap­e (2019) di Tommaso Fantoni, acrilico su lino. Sono due dei pezzi di design e arte realizzati in esclusiva per Picked by Nina, progetto nato in collaboraz­ione con Simple Flair, partner per la strategia digitale della galleria.
a destra Vasi “da viaggio” in silicone di Gaetano Pesce (2003). in basso Tela della serie Colourscap­e (2019) di Tommaso Fantoni, acrilico su lino. Sono due dei pezzi di design e arte realizzati in esclusiva per Picked by Nina, progetto nato in collaboraz­ione con Simple Flair, partner per la strategia digitale della galleria.
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stra Tela della serie Colourscap­e (2019) di Tommaso Fantoni, pittura acrilica su lino.
sopra, dall’alto Piatto Beautifull­es di Sam Baron e acquaforte di Andrea Branzi della serie Architettu­ra povera (2011): un invito a ritrovare i propri spazi fatti di qualità semplici. in alto a de stra Tela della serie Colourscap­e (2019) di Tommaso Fantoni, pittura acrilica su lino.
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