IL VENTO D’ORIENTE
Oggetti insoliti da un’Asia più immaginata che reale facevano nascere quattro secoli fa la moda delle chinoiserie: un libro racconta questa passione che attraversa il tempo e i continenti
La moda delle chinoiserie
«L’AVVISTAMENTO DELL’ASIA RIVOLUZIONÒ IL GUSTO IN UNA MIRIADE DI MODI, FACENDO NASCERE UN NUOVO STILE INDOMITO» aldous bertram
Dalla strada che congiunge Palermo all’aeroporto, ai margini del Parco della Favorita, si scorge una follia architettonica. È la Palazzina Cinese voluta da re Ferdinando nel 1799, quando nelle corti d’Europa ci si dava un gran daffare per adeguarsi alla voga dell’orientalismo – più tardi nota come chinoiserie. «Tutto nasce da una fantasia», spiega Aldous Bertram, artista e interior designer inglese che al tema ha dedicato un libro di prossima uscita. «La chinoiserie si nutre di un mondo immaginario e lussureggiante fondato sui racconti di Marco Polo». Un repertorio iconografico che si sposò perfettamente alla vaporosità del Rococò. E proliferò. Porcellane bianche e blu, mobili laccati, wallpaper fioriti e gazebi a pagoda divennero segni distintivi presenti in ogni rispettabile dimora aristocratica, da Charlottenburg in Germania a Drottningholm in Svezia, rimanendo poi per l’aristocrazia del gusto un vezzo immancabile – lo Château de Wideville di Valentino, la casa di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé – che non sembra destinato a svanire. ad: Cosa è chinoiserie e cosa non lo è? ab: Una tazzina cinese è arte cinese; una tazzina di Delft che la imita è chinoiserie. Inizialmente la distinzione non era netta: a innescare la moda nel XVII secolo furono i
primi pezzi importati dall’Estremo Oriente che giunti in Occidente venivano riadattati al gusto locale, ma presto si stabilì in Cina un avamposto atto a soddisfare i desideri europei. D’altro canto, in Europa cominciò una produzione parallela; un vero melting pot.
ad: Solo oggetti o anche décor d’interni? ab: Naturalmente, in ogni dimora signorile c’era almeno una stanza dedicata a questo stile; in Italia, a Capodimonte, c’è un esempio straordinario, il boudoir di Maria Amalia di Sassonia. Lo fece riprodurre a Madrid portandosi dietro la Real Fabbrica quando il marito prese il trono di Spagna. ad: Da dove viene la tradizione delle “sale di porcellana”?
ab: I primi allestimenti en masse di vasellame apparvero in Olanda e si diffusero in Germania e nel resto del continente. Spesso le pareti erano decorate con pannelli in lacca ricavati da paraventi. Grazie alle manifatture di Delft, la disponibilità di porcellane era così ampia che si arrivò ad appenderle anche al soffitto – come al Santos Palace di Lisbona.
ad: Cosa rimane di questo stile?
ab: La sua genialità sta nella capacità di reinventarsi, che gli ha regalato svariati revival, ma la verità è che non è mai scomparso. Oggi il gusto per le chinoiserie si manifesta più che mai nel ritorno delle tappezzerie dipinte a mano come de Gournay e Gracie Studio; una facile concessione al lusso. ad: È celebre la carta da parati cinesizzante che foderava casa di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé… ab: Proveniva dal salotto di Mona von Bismarck a Palm Beach, dov’era arrivata con tutta probabilità da qualche casa di campagna britannica. Considerate elementi di valore, quando gli interni venivano smantellati le carte si conservavano. Come questa, che è stata rivenduta da Sotheby’s insieme alla collezione di Bergé nel 2018.