LA STORIA, RITROVATA
Nel cuore di Venezia, un progetto di Carlo Scarpa torna a vivere dopo un restauro che lo ha riportato alla bellezza d’origine. Fatta di dettagli, di materiali preziosi e luce
Carlo Scarpa segreto a Venezia
A pochi metri in linea d’aria dalle Gallerie dell’Accademia, affacciata sul Canal Grande, c’è una casa che – anche per gli standard di Venezia – è unica. L’aveva voluta la discendente di una famiglia di antiquari, la gallerista e collezionista Loredana Balboni, al piano terra e al primo della palazzina ottocentesca di famiglia. Per ripensare questo spazio e portarlo nella modernità chiama Carlo Scarpa: è il 1964, lui ha già firmato progetti importantissimi come palazzo Abatellis a Palermo, la Gipsoteca Canoviana a Possagno, la Fondazione Querini Stampalia nella sua Venezia.
Scarpa entra in questo volume e lo reinventa. Da maestro, seguendo sia la razionalità sia l’emozione. Per proteggere gli interni dall’acqua alta rialza il
livello del piano terra e riduce in conseguenza le altezze dei soffitti; ma nel punto centrale della casa crea una grande apertura che mette in comunicazione i due livelli, uniti da una scala/scultura, e dà un nuovo respiro allo spazio. E i soffitti a stucco lucido diffondono la luce che arriva riflessa sul Canal Grande, in un gioco di specchi mai uguale.
Come in ogni progetto di Scarpa, la cifra è l’attenzione al dettaglio. Tutto è raffinatissimo: ringhiere, maniglie, boiserie, persino il pavimento della cucina. I lavori però procedono in modo troppo lento, con costi moltiplicati rispetto alle previsioni, e nel 1968 Loredana Balboni decide di affidarsi a un altro architetto, Giovanni Soccol, giovane allievo di Scarpa: in realtà restavano da finire pochissime cose, nel giro di
ALCUNI PAVIMENTI NON ERANO MAI STATI FINITI. SONO ORA REALIZZATI IN LEGNO DI PERO E PERCORSI DA SOTTILI RAGGI D’ARGENTO, DUE MATERIALI CHE SCARPA AMAVA
IL RESTAURO, DURATO DUE ANNI, È STATO CONDOTTO CON IL MASSIMO RISPETTO COINVOLGENDO, QUANDO POSSIBILE, GLI ARTIGIANI CHE AVEVANO LAVORATO CON SCARPA IN ORIGINE
poco il cantiere è chiuso. La casa in seguito si riempie d’arte, viene frequentata da intellettuali e personaggi di spicco nel panorama culturale italiano. Nel 1999 un imprenditore italiano si innamora di questo progetto unico e lo acquista in blocco, collezioni comprese, lasciandone la disponibilità alla padrona di casa fino alla sua scomparsa, nel 2008. L’appartamento è stato in seguito restaurato insieme agli architetti Francesco Magnani e Traudy Pelzel, che l’hanno riportato alla luminosità originaria. La pavimentazione del piano superiore, mai creata (era stata messa
della moquette), è stata realizzata in legno di pero percorso da raggi d’argento massiccio, due materiali che Scarpa amava. Il pero, poi, gli era caro anche perché è il legno degli stampi utilizzati a Murano per la soffiatura in fornace, mondo che il progettista ha frequentato per tutta la vita creando capolavori.
L’operazione, durata due anni, è stata condotta con il massimo rispetto. Coinvolgendo quando possibile alcuni degli artigiani che avevano lavorato in origine a questo progetto oppure ad altri di Scarpa. Anche gli arredi sono stati realizzati scegliendo forme e colori ispirati a questa architettura, in modo da inserirsi nel contesto nel modo più rispettoso possibile. Perché questa casa è una testimonianza rara di cultura del progetto, un frammento affascinante di storia. Un museo da vivere.