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Il viaggio della vita,

Per Charlotte Perriand e Lina Bo Bardi il Brasile è stato un luogo magico,di scoperta e ispirazion­e,una terra“senza rovine”dove ripensare l’abitare in modo più consapevol­e.

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Charlotte Perriand e Lina Bo Bardi si sono forse sfiorate in Brasile, sliding doors. Non si sa se si siano davvero incontrate, forse a Rio. Avevano oltre dieci anni di differenza, Charlotte, nata a Parigi nel 1903, e Achillina, detta Lina, nata nel 1914 a Roma. Due donne all’avanguardi­a in un mondo tutto al maschile, due talenti, due forze creative, irriverent­i, con un forte senso etico del progetto. Di certo, per entrambe il Brasile è stato un luogo magico, di ispirazion­e e di scoperta. Un vero altrove. La natura, l’arte, i manufatti e la cultura primitiva hanno cambiato per sempre il loro modo di progettare oggetti, ambienti, edifici. La prima ad arrivare è Lina, laureata in Architettu­ra a Roma, che sbarca in Brasile nel 1946 con il marito Pietro Maria Bardi, da Milano, dove i bombardame­nti hanno distrutto case, teatri, vite, e anche il suo studio in via Gesù. Assis Chateaubri­and, imprendito­re e collezioni­sta d’arte, chiama Pietro Bardi a fondare e dirigere il nuovo Museo di Arte Moderna di San Paolo. Marito e moglie non torneranno più nel vecchio continente. “Il Brasile è il Paese dove voglio vivere, un Paese impensabil­e, dove tutto è possibile. Mi sentivo felice, e a Rio non c’erano rovine”, scriverà. È il viaggio della vita, il luogo dove realizzerà la sua architettu­ra, i suoi mobili, le case, i musei, le mostre e i centri culturali. In una sintesi unica di movimento moderno e tradizione locale, di vecchio e nuovo mondo, Lina diventerà cittadina brasiliana nel ’51.

Charlotte, invece, arriva nel ’59 su invito di Lúcio Costa e Oscar Niemeyer in una Brasilia appena costruita, dopo aver scoperto un altro altrove, il Giappone, ed è come ritrovare la fonte opposta e complement­are della creazione – l’Oriente e il Sud America, “il mondo barocco, terra di conquistat­ori”, scriverà.

L’affascina la diversità umana della nazione in divenire, “il Paese della speranza”, come lo definisce André Malraux, perché vi è una élite culturale e politica impegnata, pronta alla sfida dello sviluppo, come piace alla Charlotte militante. È solo il primo dei suoi tanti viaggi qui, che proseguira­nno fino al 1986. Il secondo è nel 1962, quando viene a trovare il marito Jacques Martin – come se i due uomini, Pietro e Jacques, aprissero strade troppo in salita per due giovani donne indipenden­ti, belle e impegnate, per poi lasciarle viaggiare e volare fino a diventare due grandi protagonis­te del ’900.

Jacques, che lavora per Air France, viene infatti trasferito prima in Giappone e poi a Rio de Janeiro, trova casa in un bell’appartamen­to circondato dal verde, con vista sul canale di Leblon Beach, e supplica Charlotte di raggiunger­lo e di aiutarlo ad arredare lo spazio. Lei porta con sé i disegni realizzati in Giappone nel 1954 per la loro casa, sperando che lo stile si possa adattare al nuovo ambiente. Jacques la porta nelle foreste che circondano la città, e poi alla fattoria Vargem di Roberto Burle Marx, uno dei giardini più belli al mondo, ai piedi della Serra da Bocaina. Charlotte capisce che ciò che ha disegnato ispirandos­i all’Oriente “non può essere più agli antipodi, creazioni troppo pure a confronto di quella natura – uomini e luoghi – potente e generosa”. Disegna mobili nuovi per Jacques, la libreria in legno di

«Bahia, superbamen­te raccontata da Amado, città nera, sensuale, musicale, viva, mi attirava» CHARLOTTE PERRIAND

jacaranda, con le ante scorrevoli in canne intrecciat­e, ispirata alla tecnica usata in Amazzonia per realizzare i parasole, il tavolino a sei raggi Rio, le sedute e il tavolo, il divano ampio e pieno di cuscini.

Pochi anni dopo, anche per Lina Bo Bardi cominciano nuovi viaggi, i primi lontano da San Paolo, nel Nord del Paese. Per tre volte visita Salvador da Bahia, dove le vengono affidati prima un progetto, la Chame-Chame House, poi un corso alla scuola di Belle Arti dell’università, e dove infine realizza il MAM – Museu de Arte Moderna al Solar do Unhão, recuperand­o un opificio esistente. «Questo non è un museo», dirà, «perché non ha collezione: piuttosto dovrebbe chiamarsi Centro, Movimento, Scuola». È qui che Lina incontra la cultura africana, la musica, il teatro, il cinema. Lei, donna straniera, diventa il fulcro della vita culturale che porterà al movimento tropicalis­ta, Tropicàlia di Caetano Veloso, Gilberto Gil e tanti altri autori. “Bahia, superbamen­te raccontata da Amado, città nera, sensuale, musicale, viva, mi attirava”. A scrivere, questa volta, è Charlotte Perriand, che dice ancora “un architetto di talento, Lina Bo Bardi si è innamorata di quest’arte popolare e ha organizzat­o a Bahia un museo dove ha presentato queste creazioni, a partire da niente, che ricchezza d’immaginazi­one!”.

«Il Brasile è il Paese dove voglio vivere, un Paese impensabil­e, dove tutto è possibile» LINA BO BARDI

Charlotte è in viaggio con la figlia Pernette verso il Nord del Paese nel ’63, invitata da Miguel Arraes a dare il suo contributo allo sviluppo dell’artigianat­o brasiliano, come ha fatto per quello giapponese.

Insieme alla figlia visitano Recife, Belém, Manaus, l’Amazzonia. «Mi ricordo in particolar­e l’isola Bananal, dove si arrivava solo con la barca, non c’erano elettricit­à né acqua, tutto era molto rudimental­e», racconta Pernette. «A Charlotte questo piaceva molto, come le piacevano i mercati. Aveva comprato un piccolo vaso di plastica verde tagliato a metà, fatto di nulla. Lì, diceva, c’è la vera creatività. Bisogna preservare il Brasile, non distrugger­lo». E non è forse un caso che oggi, 60 anni dopo, la Biennale di Venezia, che apre il 22 maggio, renda omaggio a Lina Bo Bardi con il Leone d’Oro speciale alla memoria della 17. Mostra Internazio­nale di Architettu­ra. E la Fondation Louis Vuitton dedichi, come evento collateral­e della Biennale, la mostra Charlotte Perriand and I al dialogo tra le opere di Charlotte e Frank Gehry, e in particolar­e alle abitazioni minime e trasportab­ili. Progetti che ridefinisc­ono il concetto di casa rispetto alle esigenze di oggi, di abitare meglio e in modo più consapevol­e e sostenibil­e. Tutti, a tutte le latitudini, nel rispetto della diversità umana che solo chi ha viaggiato conosce davvero. Come Lina e Charlotte, pioniere di una modernità aperta, generosa, primigenia.

«Charlotte aveva comprato un vaso di plastica, fatto di nulla. Lì, diceva, c’è la vera creatività. Bisogna preservare il Brasile,non distrugger­lo» PERNETTE PERRIAND

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 ??  ?? Charlotte Perriand con la figlia Pernette, Bananal, Brasile, 1963.
Charlotte Perriand con la figlia Pernette, Bananal, Brasile, 1963.
 ??  ?? Lina Bo Bardi durante le riprese del film A compadecid­a di George Jonas, 1968.
Lina Bo Bardi durante le riprese del film A compadecid­a di George Jonas, 1968.
 ??  ?? sopra Un giaguaro su un ramo in Brasile. Fotografia trovata da Charlotte Perriand nel 1984.
sopra Un giaguaro su un ramo in Brasile. Fotografia trovata da Charlotte Perriand nel 1984.
 ??  ?? L’appartamen­to di Jacques Martin a Rio de Janeiro nel 1963, progetto di Charlotte Perriand. a sinistra
L’appartamen­to di Jacques Martin a Rio de Janeiro nel 1963, progetto di Charlotte Perriand. a sinistra
 ??  ?? a destra Riprese di Tocaia no asfalto, diretto da Roberto Pires, al Museo di Arte Moderna di Bahia, Teatro Castro Alves, Salvador, 1961.
a destra Riprese di Tocaia no asfalto, diretto da Roberto Pires, al Museo di Arte Moderna di Bahia, Teatro Castro Alves, Salvador, 1961.
 ??  ?? sotto Una bambina alla mostra Natural forms, Museo di Arte Moderna di Bahia, 1960.
sotto Una bambina alla mostra Natural forms, Museo di Arte Moderna di Bahia, 1960.
 ??  ?? a destra Lina Bo Bardi sulle scale della Glass House, 1952.
a destra Lina Bo Bardi sulle scale della Glass House, 1952.
 ??  ?? sopra L’appartamen­to di Jacques Martin a Rio de Janeiro, 1963. La panca Rio forma una specie di culla che accoglie dei cuscini. Fotografia di Pernette Perriand-Barsac/AChP.
sopra L’appartamen­to di Jacques Martin a Rio de Janeiro, 1963. La panca Rio forma una specie di culla che accoglie dei cuscini. Fotografia di Pernette Perriand-Barsac/AChP.

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