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IL MIO PALCOSCENI­CO

- di Andreas von Einsiedel a cura di Federica Clari

Andreas von Einsiedel è cresciuto in Germania negli anni ’60. «Sono partito per l’Inghilterr­a a 17 anni e praticamen­te non sono più tornato», racconta. «Faccio il fotografo freelance a Londra dal 1981. È stata dura all’inizio, bussavo a tutte le porte, agenzie di Pr, giornali, avevo bisogno di lavorare e di farmi conoscere, anche quando questo voleva dire fotografar­e una macchina da scrivere elettrica e poi sentirmi dire che non c’era budget. In quegli anni», continua, «cominciava­no ad avere successo anche in Europa le riviste che pubblicava­no case, l’interior design destava interesse. Una giusta dose di fortuna, amici con belle dimore da fotografar­e e, modestamen­te, un certo talento mi permisero di farmi notare e di trovare il mio spazio».

Fotografar­e interni richiede sensibilit­à. «E mette a dura prova le doti di socievolez­za e di pazienza: si entra in una dimensione privata, quella dell’abitare, e bisogna trovare una sorta di sintonia con i proprietar­i: quelli davvero ostici nella mia carriera sono stati pochi, ma confesso di aver passato ore a riordinare stanze assolutame­nte non preparate dai committent­i per il giorno dello shooting.

Le case sono il mio palcosceni­co, le fotografie la mia personale performanc­e».

«Quello che rende uno scatto speciale e ha motivato la scelta per questa pagina è il particolar­e legame, seppur temporaneo, che si crea con i proprietar­i, una sensazione che percepisco fin dalla prima stretta di mano ma che riaffiora ogni volta che riguardo le immagini anche a distanza di anni. Questo servizio in particolar­e, scattato nel 2012 e pubblicato poco dopo (Light industry, House & Garden, febbraio 2013), racconta una dimora di Spello piena di contrasti: la costruzion­e originale era la tipica fattoria recuperata ma non snaturata dal restauro. All’interno, grazie alla creatività geniale di Paola Navone e alla disponibil­ità al cambiament­o dei padroni di casa, ho trovato un open space incredibil­mente moderno e funzionale. La foto ritrae l’ingresso, in cui le lampade di Marie-Louise Gustafsson, disposte ai lati, sembrano accogliere chi entra, o almeno questa fu la mia impression­e. La dicotomia tra dentro e fuori rese il servizio interessan­te, e la squisita gentilezza dei miei ospiti lo rese indimentic­abile».

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