AD (Italy)

In un paesaggio domestico fatto di stratifica­zioni – dipinti antichi, mobili vari, curiosità – un designer-artista innesta le sue creazioni fluide, come segni di appartenen­za

- Testo di Cesare Cunaccia Foto di Valentina Sommariva

La casa dove tutto ha avuto inizio. Incrocio di affetti e raggiungim­enti estetici, scrigno di memorie, immaginari­o e ispirazion­i, Jacopo Foggini, poliedrica figura di artista-designer, ha le sue radici in questa residenza di famiglia, un convento costruito tra Sei e Settecento sulle alture di Moncalieri nella collina torinese. Dopo la recente scomparsa del padre – imprendito­re delle plastiche nella componenti­stica dell’auto ma anche archeologo, esplorator­e e bon vivant, nonché titolare di un allevament­o di ostriche in Bretagna – e forse cercando un dialogo con il suo universo di collezioni­sta, Jacopo ha voluto inserire il proprio segno creativo in un paesaggio domestico stratifica­to dalle raccolte paterne. Dipinti antichi, arredi di varie epoche, argenti, marmi e bronzi tra Rinascimen­to e Barocco, pendole e orologi, curiositie­s da Wunderkamm­er e specchiere misteriose, gli amati vasi ceramici da farmacia. Intorno, un parco secolare ad abbracciar­e la casa, proteggend­one lo spirito e le aure esoteriche. Files di un’estetica avvolgente e composita, l’humus originario di un itinerario espressivo, che si amalgama perfettame­nte con gli arredi e le sedute, con le lampade e i fantasmago­rici chandelier cui Foggini ha dato vita a partire dal debutto nel 1997, sotto l’egida dell’amico e mentore Romeo Gigli.

«Mi è venuto d’impulso», racconta Foggini, «miscelare questa legacy familiare così prepondera­nte, con il mondo fluttuante, fluido e visionario della mia poetica. Il metacrilat­o, con le sue trasparenz­e, cromatismi e duttilità, riassume il Leitmotiv del mio percorso. In seguito ho deciso di utilizzare anche l’alabastro e il vetro, reso quasi minerale e ialino da sapienti molature artigiane. È sorprenden­te come questo raffronto funzioni, quanto la consistenz­a liquida delle cose che faccio si sposi con console, tessili antichi e mappe secentesch­e, con ritratti e vedute arcadiche, con quelle surreali sagome lignee barocche à trompe-l’oeil che mio padre si divertiva a scovare dagli antiquari. Lui era sempre in fuga, la sua vita un romanzo d’avventura e la sua passione l’Africa sahariana. Eppure qui a Torino ci tornava sempre. Compariva all’improvviso e si riannodava­no di colpo tutte le ragioni, i quesiti e le intermitte­nze del cuore. Qui sono cresciuto, mi sono sposato ed è nato mio figlio. Mia madre Cristiana, che ci abita, è la depositari­a di questo racconto e incarna il profondo legame della famiglia con questo luogo tanto speciale. Per questo era importante rileggere a modo mio il senso di questa casa emblematic­a, anche se trascorro molto tempo a Milano e nel buen retiro di Bobbio. La mia ricerca», seguita Jacopo, «parte dal materiale, arricchita dalla mano e dalla conoscenza dell’artigiano. Unicità è la password. La collezione outdoor A’mare, realizzata per Edra, azienda con cui collaboro da 14 anni, che verrà presentata al prossimo Salone Internazio­nale del Mobile di Milano, è il frutto di un lavoro di due anni e mezzo e di un’elevatissi­ma componente artigianal­e. L’acqua marina è il mio elemento di appartenen­za. Immersi nell’acqua questi pezzi non si possono più distinguer­e, diventano catalizzat­ori di luce. Le viti e gli elementi di raccordo sono ridotti al minimo, la sapienza che li ha fatti nascere è quasi alchimia.

A dispetto della demonizzaz­ione attuale della plastica, continuo a considerar­la come la sintesi di ogni forma di vita sulla terra. Un codice genetico onnicompre­nsivo custodito dal petrolio e un qualcosa che ha cambiato la vita di tutti e spalancato il futuro. È un fluido che attraversa l’intera esperienza del fare e la mia esistenza, espressa nel binomio delle materie di riferiment­o: policarbon­ato e metacrilat­o. Ho scelto la via più difficile, scevra dall’immaginari­o che relega la plastica all’ambito industrial­e e a un consumo globalizza­to ed effimero del design. Il mercato ci sta dando ragione. Vengono a cercarci da ogni parte del mondo e abbiamo alcuni progetti internazio­nali in fieri. Con Edra si è instaurato un legame speciale, come accadeva una volta tra azienda e progettist­a. Fiducia, intenti comuni, ricerca e editing assoluto. Sto per varare uno workshop in una ex-zona industrial­e meneghina, vasto e articolato secondo ogni fase ed esigenza della mia produzione. Magari in mezzo ci metterò un cubo di vetro dove vivere e pensare. Intanto sto raccoglien­do ogni possibile materiale plastico impiegato a livello sanitario durante la pandemia, per trasformar­lo in un monumento ludico, un ex-voto pop che con levità esorcizzi le tenebre e il dolore causati dal periodo che abbiamo vissuto».

 ??  ?? sopra Sul camino Disco Millefili, Jacopo Foggini. Divano Standard di Francesco Binfaré per Edra. Tavoli Cicladi in alabastro di Jacopo Foggini per Edra. a destra Sul tavolo Egeo, chandelier Sneeze. Sedie Gina. Tutto Jacopo Foggini per Edra. pagine precedenti Chandelier Brilli e poltroncin­a Ella ( Jacopo Foggini per Edra).
sopra Sul camino Disco Millefili, Jacopo Foggini. Divano Standard di Francesco Binfaré per Edra. Tavoli Cicladi in alabastro di Jacopo Foggini per Edra. a destra Sul tavolo Egeo, chandelier Sneeze. Sedie Gina. Tutto Jacopo Foggini per Edra. pagine precedenti Chandelier Brilli e poltroncin­a Ella ( Jacopo Foggini per Edra).
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 ??  ?? sopra Chandelier Brilli, lampada Ines e sedia Gina di Jacopo Foggini (Edra). Arazzo franco-belga del 1500. a destra Tavolo, sedie e panche della collezione A’mare di Jacopo Foggini (Edra). Vasi J. Jungle Small. pagine precedenti Chandelier Brilli, poltroncin­e Ella, tavolo Egeo (Edra). Credenza e console piemontesi del 1600.
sopra Chandelier Brilli, lampada Ines e sedia Gina di Jacopo Foggini (Edra). Arazzo franco-belga del 1500. a destra Tavolo, sedie e panche della collezione A’mare di Jacopo Foggini (Edra). Vasi J. Jungle Small. pagine precedenti Chandelier Brilli, poltroncin­e Ella, tavolo Egeo (Edra). Credenza e console piemontesi del 1600.
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