Interno italiano
Il lavoro a quattro mani di due sorelle (una architetta, l’altra padrona di casa) per un appartamento nella Milano più antica
«ABBIAMO UNITO QUATTRO APPARTAMENTI RIDEFINENDO GLI SPAZI E CERCANDO DI RIPORTARLI A COME ERANO IN ORIGINE, DANDO LORO UNA NUOVA DIGNITÀ»
Si dice spesso che Milano è una città un po’ segreta, che i suoi tesori sono nascosti. È vero solo in parte, perché le sue (molte) bellezze architettoniche sono a disposizione di tutti, basta prendersi la briga di passeggiare col naso per aria e gli occhi attenti. Semmai è poco prevedibile, e bisogna conoscerla un po’ per capirla, per entrare nel suo ritmo. Milano, come tutte le città, è stata modellata dalla Storia. Che qui è importante, un filo continuo che collega l’Impero romano all’esplosione urbanistica (e industriale, economica, intellettuale) del Novecento. Il suo cuore antico è poco lontano dal Duomo affollato di piccioni e persone e dalle vie dello shopping. È in una manciata di strade che si incrociano in modi imprevedibili, raramente ad angolo retto, dove appena scavi un po’ emergono pezzi di antiche terme o di teatri. La casa di queste pagine è in una di queste strade. E la sua storia, fatta di
«HO MESSO INSIEME PARETI “MOSSE” E TESSUTI ACCOSTATI TRA LORO IN MODO CREATIVO PER CREARE UN’ATMOSFERA UN PO’ FOLK, CALDA»
interventi sovrapposti nel tempo, sembra rispecchiare il convivere di epoche che si osserva tutto intorno.
«È un progetto a cui ho iniziato a lavorare dieci anni fa e che da allora è cambiato molto», osserva Natalia Bianchi, che l’ha firmato. «Mia sorella Alessia e suo marito avevano acquistato tre appartamenti in questo palazzo del Settecento, elegante, sobrio, con una bella corte interna alberata. Le tre unità andavano unite, ed erano molto diverse tra loro: una molto classica e un po’ fuori scala, un’altra anni ’70 per cui tutta “inscatolata”, la terza impersonale. Abbiamo unito tutto ridefinendo gli spazi e cercando di riportarli a come erano in origine, dando loro una nuova dignità. Ne è venuto fuori un bell’insieme, con una sola pecca: la luce, perché la strada su cui il palazzo si affaccia è un po’ stretta. Poi due anni fa hanno acquisito un altro pezzo, molto bello, un appartamento rivolto verso la corte ed esposto a Sud, quindi luminoso. Così gli spazi sono stati ripensati: abbiamo traslato la cucina (i lavori impiantistici e strutturali sono stati importanti), sono state riorganizzate tutte le funzioni principali». Non solo: sono
«NON MI PIACCIONO LE CASE TUTTE SU UNA STESSA LINEA, PREFERISCO CHE CI SIANO ROTTURE: CASA CONTEMPORANEA/DIVANO VECCHIO, PAVIMENTO ANTICO/ MOBILE MODERNO»
state riallineate porte, aggiunte aperture (lunette, piccole finestre) per permettere al sole di irradiare il maggior numero di spazi e per metterli in comunicazione tra loro. «Un lavoro bellissimo ma complicato, perché quando “apri” queste case antiche le sorprese sono continue», commenta l’architetta.
Il ridisegno degli ambienti è stato effettuato pensando alle esigenze e ai desideri dei padroni di casa: così il livello superiore dell’appartamento è stato dedicato ai figli grandi della coppia, che in questo modo possono godere di una loro indipendenza ma quando vogliono raggiungono genitori e fratello piccolo – quasi sempre nella grande cucina, spazio dove si ritrova con piacere tutta la famiglia – scendendo una scala interna; un ballatoio, già chiuso dai precedenti proprietari («Un intervento molto connotato, tutto in ciliegio, puro anni ’70»), è diventato un’area che dà respiro alla zona notte padronale. Per la decorazione le due sorelle hanno lavorato a strettissimo contatto. «Il lavoro di taglio è stato mio, la parte delle finiture è stata invece coordinata da Alessia, che ha gusti molto precisi. Al limite mi ha chiesto pareri su una rosa ristretta di
scelte che aveva già definito da sola, frutto di una ricerca fatta con passione», prosegue Natalia Bianchi. «La parte più divertente del progetto è stata proprio questa complementarità tra sorelle nelle fasi di lavoro».
Ha preso forma così una complessa rete di riferimenti estetici: le aperture sagomate “gustaviane”, ispirate al Nord Europa, che mettono in comunicazione soggiorno e cucina; le decorazioni, tutte realizzate a mano, che arricchiscono le pareti; la scelta dei parquet antichi, della pietra di Borgogna. «Mi piacciono le superfici un po’ consumate», adesso è la padrona di casa a parlare, «sono il modo migliore per non fare invecchiare una casa, perché una parete piatta dopo un po’ ti viene a noia. Poi a me piace mescolare, per esempio fantasie floreali diverse. Così ho messo insieme pareti “mosse” e tessuti accostati tra loro in modo creativo per creare un’atmosfera un po’ folk, calda. Per evitare quell’effetto perfezione in cui appena una cosa è fuori posto te ne accorgi».
Se Natalia ha seguito criteri razionali, Alessia ha lavorato a livello più intuitivo. Una delle decisioni più importanti, per esempio, è stata definire una palette cromatica: «Amo il rosa e ho scelto di avere
un salotto che parte proprio da questo colore. Ma per evitare l’effetto pastello l’ho accostato al rosso, al nero, al grigio».
Nell’appartamento l’arte è una presenza costante: solo di oggi, però, per creare contrasto con un contenitore così carico di storia. «Non mi piacciono le case tutte su una stessa linea, preferisco che ci siano rotture: casa contemporanea/divano vecchio, pavimento antico/mobile moderno», commenta l’architetta. «Le opere d’arte sono tutte scelte di Alessia, io al limite le ho dato suggerimenti su dove posizionarle per sottolineare gli ambienti». Molti arredi sono su disegno, con qualche eccezione come quelli in bronzo di Osanna Visconti. «O il tavolo di Mattia Bonetti tra i due divani del soggiorno, gliel’ho fatto comperare io: è divertente. Un’abitazione tutta coordinata non sarebbe stata il mio genere. E neanche il suo».
Il risultato di questo paziente, appassionato lavoro di ricucitura di spazi, alla fine, è una casa reinventata ma senza tempo: «Se la vedessimo vuota penseremmo che è la sua forma originale», conclude Natalia Bianchi. Con una leggera punta d’orgoglio.