alvento

Volontà[ri]

Nessuna gara ciclistica e di triathlon al mondo sarebbe possibile senza l'aiuto dei volontari. Volontario ha a che fare con volontà.

- Testo e foto Federico Ravassard

Sono le 6 del mattino e a Cervia, sulla Riviera Romagnola, fa insolitame­nte freddo per essere settembre. Undici gradi, più o meno. Sto camminando in direzione del lungomare da cui tra poco partiranno gli atleti dell’Ironman, guardandom­i intorno per cercare volti familiari anche se non credo che ne incontrerò parecchi. Per farla breve, sono finito qui perché Emilio, forse neanche troppo seriamente, mi aveva chiesto se fossi curioso di assistere ad un Ironman, forse per capire quale potesse essere la percezione di una persona completame­nte estranea a questo strano mondo fatto di ruote lenticolar­i e gente che cerca di infilarsi body attillati nel minore tempo possibile.

Intorno a me c’è una folla variegata, composta da figure già schiacciat­e nelle loro mute, ansiosi che si stanno riscaldand­o, pignoli che controllan­o ancora una volta la pressione delle gomme prima di lasciare la pompa al disgraziat­o di turno - quasi sempre mogli, mariti, partner vari abbindolat­i per l’occasione - che dovrà scarrozzer­sela in giro per il resto della giornata. Qualcuno è in acqua, dove effettivam­ente si sta meglio che fuori, come posso capire da solo quando, tolte le scarpe, faccio qualche metro in mare per portarmi più avanti rispetto alla linea di partenza. In prima linea gli élite sono già schierati, dietro di loro, a scaglioni, tutti gli altri. Hanno tutti una cuffia azzurra, e la scena vista da fuori ha un che di comico. Immaginate centinaia di persone con delle mute nere e la testa color puffo che saltellano una a fianco all’altra dentro un recinto bandellato, aspettando il loro turno per iniziare a diventare uomini di ferro.

Sparo in aria, si parte.

Nei primi cinquanta metri l’acqua è troppo bassa per nuotare, e già questo crea una separazion­e tra gli esseri umani e gli alieni: essenzialm­ente, solo i secondi mantengono una certa eleganza nel correre con l’acqua alle ginocchia. Qualcun’altro, invece, si tuffa troppo presto, si distrugge le nocche dopo una bracciata contro il fondale e zitto zitto si rialza e ricomincia a correre, forse sperando di non essere stato notato da nessuno.

Quando i primi escono dall’acqua io sono a fare colazione, ma in fondo mi interessa fino a un certo punto: oggi sono curioso di vedere come si comportano gli altri, quelli che a questa gara partecipan­o non per vincerla contro figure terze, ma contro loro stessi, più che altro. Una signora guarda incuriosit­a dall’altra parte delle transenne

La partenza vista da fuori ha qualcosa di comico: immaginate centinaia di persone nervose e saltellant­i, aspiranti uomini di ferro con in testa una cuffia color puffo.

e mi chiede se quello lì davanti è il traguardo, e tra quanto arriverann­o. Signora mia, il tempo di pedalare centottant­a chilometri e correrne quarantadu­e e saranno subito lì, vorrei dirle. La prima transizion­e è forse quella che mentalment­e ti mette più alla prova. Voglio dire, è mattina presto, sei appena uscito dall’acqua, e dal numero di bici ancora presenti in zona cambio è facile capire come sei messo. Le biciclette degli ultimi hanno qualcosa di triste e malinconic­o, mentre se ne stanno appese solitarie in attesa che qualcuno ci salti sopra. Più sei in fondo alla classifica, e più sola si sentirà la tua bicicletta, lasciata indietro rispetto alle altre. Mentre i primi hanno superato la barriera del centesimo chilometro io mi avvio a piedi lungo il circuito che verrà affrontato per quattro volte durante la maratona. Il freddo del mattino ha lasciato il posto al sole della riviera e a intervalli regolari compaiono le postazioni dei rifornimen­ti, resi riconoscib­ili dai

colore rosso Enervit. L’atmosfera presente tra i volontari è quella della quiete prima della tempesta: sanno che dal momento in cui spunterà il primo concorrent­e - Cameron Wurf, che in bici sta spingendo come un dannato - dovranno stare in ballo per parecchie ore, fino a quando sarà transitato anche l’ultimo. Tra i volontari la fauna è varia. Ci sono i pensionati, i familiari di chi sta partecipan­do alla gara ma anche tanti bambini. Ci si aiuta a vicenda a preparare i bidoni di sali e le barrette, già aperte e tagliate a metà per evitare morti da soffocamen­to. Poco più in là si stanno riempendo d’acqua i secchi per le spugne. Una signora sta mostrando a due ragazzini come porgere il bicchiere a chi sta correndo (scommetto che non ci avevate pensato: va accompagna­to, altrimenti il contenuto si rovescia quando viene afferrato). La macchina dei ristori di un Ironman è praticamen­te la versione scientific­a di una sagra di paese, moltiplica­ta cento: ti servono tantissimi volontari delle pro loco, ma allo stesso tempo bisogna farli lavorare con esperti della nutrizione per capire come allestire efficaceme­nte i ristori. I numeri di Enervit nei due giorni di gara fanno un certo effetto: 23.400 litri di Sport Isotonic Drink, che corrispond­e a circa 150 vasche da bagno riempite di sali; 26.200 Enervit Sport Gel, ovvero più di 600 litri di gel energetici; 18.900 Enervit Sport Competitio­n Bar, ovvero quasi due milioni di calorie sotto forma di barrette.

Le radio gracchiano comunicand­o la posizione del gruppo di testa. Wurf arriva con una corsa leggera, gli altri sono lontani. Prende due bicchieri di integrator­e, uno lo beve e l’altro se lo rovescia in

I numeri di Enervit nei due giorni di gara fanno un certo effetto: 23.400 litri di Sport Isotonic Drink, che corrispond­e a circa 150 vasche da bagno riempite di sali; 26.200 Enervit Sport Gel, ovvero più di 600 litri di gel energetici; 18.900 Enervit Sport Competitio­n Bar, ovvero quasi due milioni di calorie sotto forma di barrette.

testa. Vabbè, Cameron, con quel passo rimani un figo lo stesso anche se ti fai la doccia con l’Enervit. I passaggi si fanno più frequenti, anche se per animare la scena ci vorranno ancora parecchie ore, quando gli élite, ormai già docciati, verranno sostituiti dalla pancia del gruppo lungo il percorso.

Il triathlon non è come il ciclismo, non esistono molti atleti conosciuti dal pubblico a bordo strada: quando passa il Giro è facile urlare forza Vincenzo, perché anche se non ne mastichi di corse ci sono nomi che da qualche parte hai già sentito. E allora a Cervia le incitazion­i sono più di pancia, si urla ai personaggi, a chi incarna un’idea. Le donne in gara, ad esempio, che spesso sorridono più degli uomini. E poi c’è Zanardi, curvo su quella che chiamare sedia a rotelle sarebbe un eufemismo, intento a recuperare posizioni a testa bassa, un po’ per la fatica, un po’ perché su quel mezzo non è che ci siano molte altre posizioni possibili. Quando lo si vede arrivare si sente la folla esplodere in un boato, e perché nella corsa è nelle primissime posizioni,e perché Alex è la versione reale dei supereroi della Marvel, impersonif­icata da due occhi azzurri e due avambracci spessi come prosciutti. Corre oggi, e correrà anche domani: assieme all’équipe di ricerca Enervit si sono fatti venire la brillante idea di sottoporre il suo fisico allo sforzo di un Ironman e un mezzo Ironman in due giorni, per capire a che punto sia possibile recuperare nell’arco di una notte o poco più.

Durante il terzo giro della maratona Super Alex affianca Wurf, che sta correndo da solo. Nel nuoto e nella bici Zanardi paga qualcosa ai normodotat­i, e voi direte che è anche abbastanza ovvio. Andando a vedere i tempi parziali, però, è incredibil­e quanto le sue prestazion­i non si distacchin­o poi più di tanto, e lui è il primo a scherzarci sopra, dicendo che è facile galleggiar­e quando non bisogna trascinars­i dietro le gambe. Chi lo ha visto in bici racconta di come farsi sorpassare in discesa da quel missile terra-aria faccia un certo effetto, specialmen­te perché la sua fronte è a mezzo metro dall’asfalto. Nella corsa è invece lui a dire la sua, perché sulla carrozzina può viaggiare a una media molto superiore. Comunque, eravamo rimasti ad Alex e Cameron che procedono affiancati: si guardano un attimo, letteralme­nte dall’alto verso in basso, poi l’uomo dalle braccia spesse come prosciutti apre il gas e parte via. Cameron prova a stargli dietro per qualche metro, ma capisce che non c’è storia, allora si gira verso il cameraman che li sta seguendo in moto e con un’espression­e che sta a metà fra la sorpresa e l’ammirazion­e fa un gesto a indicare che quello lì è matto da legare. Con l’italiano di chi ha corso nella Liquigas di Basso esclama impression­ante!, come se fosse uno spettatore a bordo strada e non l’atleta che sta vincendo a mani basse l’Ironman di Cervia. I volontari ai ristori continuano nel loro lavoro, concentrat­i come se fossero anche loro in gara. Hanno addosso una pettorina gialla con su scritto ciò che possono offrire: sali, barrette, acqua, e urlano le stesse parole quando i concorrent­i arrivano ai ristori. Credo che si sentano veramente parte di qualcosa, mentre porgono gel e spugne ai concorrent­i che iniziano a farsi più numerosi. Qualcuno si lancia poi il bicchiere alle spalle, altri invece rallentano il poco che basta per gettarlo

nei bidoni: è buffo come la persona che siamo veramente si denoti così chiarament­e in situazioni apparentem­ente banali, anche se probabilme­nte la maratona di un Ironman non è poi così banale. È quel tipo di contesto in cui non puoi mentire agli altri e nemmeno a te stesso, perché il cronometro è lo stesso per tutti. Se ti sei allenato nel modo sbagliato te ne accorgi dalle gambe che iniziano a vibrare in preda ai crampi, se hai provato a fare il fenomeno con i tuoi amici montando le lenticolar­i ci penserà il vento a tirare fuori lo sfigato che c’è in te. Ognuno è qui con un differente obiettivo, ed

I volontari sanno che dal momento in cui spunterà il primo concorrent­e dovranno stare in ballo per parecchie ore, fino a quando sarà transitato anche l'ultimo. Tra loro la fauna è varia, ci sono i pensionati, i familiari di chi sta partecipan­do alla gara e tanti bambini.

è il Dio cronometro a parlare per te: prima passano quelli con ambizione di classifica, quelli che o finiscono entro un certo tempo oppure hanno sprecato mesi della loro vita. Poi, con il passare delle ore, iniziano a comparire quelli che sono lì per finire e basta e che magari fino a quando non compariran­no sulla passerella dell’ultimo chilometro non sanno neanche loro cosa significhi correre un Ironman.

La tipologia di spettatori a bordo strada che si danno il cambio varia con lo scorrere del tempo: al pomeriggio ci sono quelli che sono venuti a supportare quelli forti, che mentre sventolano uno striscione calcolano mentalment­e le proiezioni sul tempo finale per capire se l’amico/fidanzato/ fidanzata/familiare potrà giocarsi la possibilit­à di andare a Kona ad ottobre dell’anno prossimo.

Quando il sole inizia a tramontare invece arriva il momento delle persone normali, quelle che hanno davanti a sé ancora un bel po’ di chilometri da correre e sono cosci del fatto che al loro ritmo non ci vorrà poco. Quando qualcuno inizia a camminare il pubblico lo incita ancora di più, in un misto di empatia e inconsapev­ole sadismo: quando sei al quindicesi­mo chilometro e le gambe ti hanno già salutato da un pezzo vorresti farti piccolo mentre decine di persone ti urlano di non mollare, come se ai muscoli gliene importasse qualcosa.

La mia idea di endurance è legata alla montagna e all’alpinismo, perché di fatto è quello il mio sport. Questo significa che per me è normale concepire uno sforzo prolungato di una giornata intera, ma a differenza del triathlon non è una performanc­e

E poi c'è Zanardi su quella che chiamare sedia a rotelle è un po' eufemismo, curvo, per la fatica e perché su quel mezzo non è che ci siano molte altre posizioni possibili. Quando lo si vede arrivare si sente la folla esplodere in un boato, un po' perché nella corsa è nelle primissime posizioni e sta per raggiunger­e il migliore dei normodotat­i e un po' perché Alex è la versione reale dei supereroi della Marvel, impersonif­icata da due occhi azzurri e due avambracci spessi come prosciutti.

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Spugnaggio. Prendere una spugna dalle mani di un bambino è un modo di dire Grazie.
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