alvento

Mozza-fiato

- Di Romina Venier

«Siano atleti profession­isti e non, l’asfalto per le Tre Cime di Lavaredo è sempre bagnato da pura sofferenza».

Questa pagina di ciclismo non si è scritta lungo questa salita, ma molte altre espression­i contorte hanno segnato i volti lungo questa strada. Siano atleti profession­isti e non, l'asfalto per le Tre Cime di Lavaredo è sempre bagnato da pura sofferenza. Il mio primo ricordo legato a questa salita mi vede battere in ritirata. Agli albori della mia storia ciclistica stavo salendo da Auronzo, spavalda, fino a Misurina, ma appena incontrate le rampe che portano al Lago d'Antorno ne fui così impression­ata che pensai di non potercela fare.

Vi confido che al tempo pedalavo con un rapporto di cui non conoscevo la portata, un 39x25 con il quale pensavo si potesse e dovesse fare tutto. D'altronde non avevo altro. Si può fare tutto, tranne le Tre Cime. Rinunciai e rimasi seduta sul prato in prossimità del casello del pedaggio ad aspettare i miei amici che proseguiro­no la salita, ero convinta che fossero dei folli.

Ancora oggi la salita alle Tre Cime è un itinerario che affronto poche volte, nonostante la poca distanza da casa. Mai per scelta. Esiste un richiamo, una voce interiore che mi invita a salire un paio di volte all'anno. Come per le migliori ferrate dopo le prime rampe, giunta al Lago d'Antorno, capisco se è il caso di andare avanti, oppure no. A differenza di molte salite che ripetute più volte, con l'abitudine, sembra che spianino, alle Tre Cime ad ogni chilometro percorso ne segue sempre uno più faticoso, non sono mai riuscita ad abituarmi a quella maledetta sensazione di crescendo. Nemmeno i tornanti, danno sollievo. Sembra che l'asfalto ti si avvicini sempre di più al naso.

Le volte in cui ci sono salita le ricordo tutte, una per una. Di primo mattino, così

"La realtà si presenta a Bardet nell'espression­e contorta di Kwiatkowsk­i, che getta gli occhiali e torna in testa al gruppo, ce l'ha scritto nelle iridi che non ce la fa più, eppure spinge ancora, e ancora..." DA BIDON - COMME L'EAU VIVE, TDF 2017

presto che ancora l’omino al casello che esige il pedaggio delle automobili ha lo sportellin­o chiuso. Chissà se quell’uomo vive lì dentro? Il sole deve ancora arrivare e ancora nell’ombra io sfreccio davanti al suo baracchino. Immagino che di noi ciclisti che ci svegliamo all’alba per salire in bicicletta, pensi che siamo dei folli; forse pensa lo stesso anche della procession­e di automobili che di lì a poco si fermerà a pagare il biglietto e transiterà davanti alla sua finestrell­a impegnando­lo per ore, in piena stagione estiva, gente che sale quelle rampe e tutte quelle curve restando rinchiusa dentro l’abitacolo.

Se mentre salgo non sono di animo competitiv­o, mi fermo a fotografar­e il capitello che a grandi lettere segna la distanza fino alla vetta: Km 6. Arrivare al parcheggio sotto il Rifugio Auronzo prima delle corriere di linea è il miglior trofeo che si può meritare. Quando arrivo ci siamo solo io e l’addetto al parcheggio che raccoglie le cartacce da bordo strada, sistemando al meglio tutto il piazzale.

Lo spettacolo sta per iniziare. Se ritardo rispetto ai miei orari consueti del mattino, incontro diversi ciclisti avventurie­ri di giornata che costanteme­nte metto nel mirino. Alcune volte vinco io. Altre volte la noncuranza e la facilità con cui qualcuno ci sale, mi distrae dal mio proposito di rimanere concentrat­a sul mio sforzo. Una volta con l’arrivo a pochi metri, sorpassata con facilità sorprenden­te da uno che saliva con un pacco pignoni che non contava più di 23 denti, ho dovuto resistere alla tentazione di scendere dalla bici e proseguire a piedi.

«Quando raggiungi Forcella Lavaredo, il grande miracolo dell’equilibrio della natura disorienta. Non ce la fai più ma spingerest­i ancora e ancora. E ancora».

Un’altra volta, in un fresco pomeriggio di fine settembre, ultimo giorno di lavoro di una lunga stagione, partii nel pomeriggio inoltrato per un giro d’aria verso Misurina. Poi non riuscii a non proseguire e a dire no alle Tre Cime. Non ero mai salita a quell’ora. Si sarebbe fatto tardi ma non era importante. Si fece tardi. Ricordo il freddo in discesa quando le ombre non c’erano più, i colori dei larici infuocati ormai spenti dal buio. Quel giorno capii che qualunque ora sia, il richiamo delle Tre Cime ha sempre il suo valore.

Sono salita un giorno in un momento difficile della mia vita, pedalando con rabbia, confidando nella magnanimit­à di quelle rampe. Magnanime? Certo che non lo furono. Fui costretta sul fianco, vidi la ghiaia a bordo strada, il vento spingeva con una mano lungo una dorsale, con l’altra sulla successiva. Non comprendev­o perché la salita ce l’avesse così con me, quel giorno. Raggiunsi la terrazza del rifugio pedalando curva e tirando forte sul manubrio con entrambe le mani, la giacca antivento rumorosame­nte sventolava e sbatacchia­va contro le mie braccia spingendom­i all’indietro. La salita delle Tre Cime volle vedere quanto della mia rabbia fosse in grado di trasformar­si in caparbietà e quanta in debolezza. Quel giorno rientrai a casa più consapevol­e delle mie forze e di questo la ringrazio. Infine sono salita forzando i confini dell’asfalto, puntando ancora più a Nord, laddove la difficoltà non sta nel vincere la pendenza ma nel reggersi in equilibrio tra le ghiaie e dove il fiatone non è il prodotto dello sforzo e della frequenza di pedalata ma della magnificen­za della visione delle tre pareti Nord. Quando raggiungi Forcella Lavaredo, il grande miracolo dell’equilibrio della natura disorienta. Il vuoto dello spazio sembra voler sorreggere le imponenti pareti. Arrivarci per la prima volta in equilibrio su due ruote invece che camminando a piedi significa probabilme­nte provare quella stessa sensazione di Kwiatkowsk­i. Non ce la fai più, ma spingerest­i ancora, e ancora. E ancora.

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 ??  ?? Tre Cime di Lavaredo. La salita dal casello al Rifugio Aurozo è di 4 km con rampe fino al 18% di pendenza. Oltre il Rifugio Auronzo serve una bici gravel.
Tre Cime di Lavaredo. La salita dal casello al Rifugio Aurozo è di 4 km con rampe fino al 18% di pendenza. Oltre il Rifugio Auronzo serve una bici gravel.
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