La Sanremo
IL CICLISMO, DOVE INIZIAVA OGNI ANNO.
A Sanremo, un tempo, l’anno nuovo incominciava due volte. La prima a febbraio, con il Festival. La seconda volta a marzo, con la Milano-Sanremo.
A Sanremo, un tempo, l’anno nuovo incominciava due volte. La prima volta a febbraio, con il Festival della Canzone Italiana e quella era roba che a me non interessava. La seconda volta a marzo, con la Milano-Sanremo, la gara di bici. Era la prima corsa importante della stagione.
A parte un breve periodo qualche anno fa in cui si è corso di domenica, la Sanremo si è sempre corsa di sabato e una gara che si corre di sabato è più facile da tenere a mente, è speciale. Come ad Assen, nel motociclismo, fino al 2015 si correva di sabato. Il sabato arriva prima ed è più facile da ricordare, anche se uno non è un vero e proprio appassionato.
Il sabato della Sanremo era (ed è) quello della settimana della Festa di San Giuseppe, il 19 di marzo. Se uno riusciva a tenere a mente la festa di San Giuseppe, che è anche la festa del papà, poteva facilmente tenere a mente la MilanoSanremo e la Città di Sanremo. E il festival di Sanremo e le vacanze a Sanremo, se per caso a uno veniva voglia di andarle a fare da qualche parte, le vacanze. Magari con i nonni, che un tempo in riviera ci andavano a svernare.
La Sanremo è stata la prima gara di ciclismo di cui ho imparato a tenere memoria, mi sono fatto l’idea che le chiamino corse monumento anche per quello, perché uno si ricorda esattamente dove stanno piazzate sul calendario proprio come certi monumenti in mezzo alle piazze, che uno li usa per girarci intorno e per prendere i suoi riferimenti nella scacchiera delle città. Il sabato della Milano-Sanremo del 1981 ero a pranzo da una zia che non visitavamo mai, il pomeriggio fu lungo e noioso e le forsizie in giardino erano già abbondantemente fiorite. Dal salotto al primo piano vedevo in obliquo i fiori gialli oltre la finestra che dava sul giardino. Alla televisione Adriano De Zan commentava la gara con la sua voce inconfondibile e liquida, ovunque nel teleschermo comparivano quegli striscioni con su scritto Rancilio che tappezzavano
Domenico Modugno, nel 1958 vinse il Festival di Sanremo con “Nel blu, dipinto di blu” la canzone italiana più celebre di sempre.
La Milano-Sanremo s’era trasformata in una lunga attesa dello sprint finale, perciò Vincenzo Torriani inserì negli ultimi chilometri il Poggio. Era il 1960, il primo anno senza Coppi.
i bordi della strada mentre le scritte Irge galleggiavano nell’aria sui cartelloni sospesi sopra il rettilineo d’arrivo. Le scritte Termozeta invece, tappezzavano l’asfalto. Termozeta non lo sapevo all’epoca cosa fosse, poi mio padre un giorno mi rivelò che si trattava di una marca di ferri da stiro. Saperlo fu un bel sollievo.
Fu come se qualcuno mi avesse rivelato la parola d’ordine per poter entrare in un circolo segreto ed esclusivo. Termozeta, ferri da stiro, tutto chiaro. Ero entrato nel club. Irge faceva i pigiami e quello lo sapevo già da prima, li pubblicizzavano anche alla TV. Rancilio invece produceva macchine per il caffè, lo avrei scoperto tanti anni dopo.
La gara quell’anno fu vinta da Fons De Wolf, per distacco.
De Wooolfffffff!! come lo diceva Adriano De Zan al microfono, era un nome impossibile da dimenticare che richiamava alla mente non solo l’asfalto belga ma anche la sabbia e l’odore di crema solare alla noce di cocco e le mattinate con il cielo blu giocando con le biglie colorate sulla spiaggia. Fece uno scatto sul Poggio, Alfons De
La prima Sanremo di cui ho memoria, quella dove per me incomincia il ciclismo, è quella del 1981. Avevo 14 anni. All’epoca avevo una Saltafoss e andava benissimo così.
Il sabato della Sanremo è quello della Festa di San Giuseppe, il 19 di marzo. Se uno riesce a tenere a mente la festa di San Giuseppe, che è anche la festa del papà, può facilmente tenere a mente anche la Milano-Sanremo.
Wolf, e non lo presero più. Sfrecciò sul traguardo mentre io ero svaccato sul divano in pelle della zia, mi ero tolto anche le scarpe per stare più comodo, i miei genitori e gli zii nel frattempo dopo il caffè erano quasi arrivati all’ammazzacaffè, di là in cucina. Saranno state le quasi le cinque del pomeriggio. La voce di De Zan rimbombava in alto nella stanza, agli angoli del soffitto. C’erano davanti a me delle caramelle Sperlari al gusto limone in un piatto d’argento sul tavolino davanti al divano, a quel punto ne avevo già mangiate almeno una ventina. Le forsizie erano sempre là al loro posto fuori dalla finestra, oltre il vetro s’era fatto più scuro e un po’ di foschia serale era arrivata, nel frattempo. Ieri c’è stata la centodecima edizione della Milano-Sanremo, ha vinto Julian Alaphilippe della Deceunink-Quick Step. Escluso Nibali lo scorso anno era da qualche edizione che vinceva un velocista. Sulla Cipressa e poi sul Poggio è sempre più difficile fare il vuoto, il ciclismo è diventato un’altra cosa. Ieri Julian Alaphilippe ha dato una sferzata da centinaia di watt nel solito punto, prima di scollinare e dietro a lui sono rimasti soltanto altri sei: Kwiatkowski, Sagan, Matteo Trentin, il campione del mondo Alejandreo Valverde, Oliver Naesen e l’onnipresente Wout Van Aert.
È tornato a essere un bello sport da guardare in tv il ciclismo. Bellissimo. I giochi di squadra sono alla luce del sole e le gare sono diventate più facili da comprendere anche per i meno esperti. I campioni sono tanti e diversi adesso e non sono più soltanto belgi o francesi o italiani, adesso i campioni arrivano da tutti i paesi del mondo: dalla Germania, dall’Australia, dalla Svizzera, dalla Tasmania, dagli Stati Uniti, dalla Norvegia, dal Portogallo, dalla Colombia.
Dall’Inghilterra, perfino. In Inghilterra piove sempre, chi se lo sarebbe immaginato che in questi anni gli inglesi sarebbero impazziti per il ciclismo? Eppure.
Forse è proprio per via della pioggia che il ciclismo piace così tanto agli inglesi: perché quando non piove e il cielo è azzurro, come succede da noi in primavera e quasi sempre alla Sanremo, il ciclismo è proprio bello da praticare, non soltanto da guardare in TV.
Quello che ci rimane del ciclismo di una volta, l’eredità delle Sanremo di tanto tempo fa, è lo schema della gara: l’avvicinamento in pianura dove non succede mai niente, poi la Cipressa e il Poggio e il pubblico accalcato a bordo strada in Via Roma dove l’enigma dei pronostici trova soluzione una manciata di secondi. Dura tantissimo e finisce in un attimo, la Sanremo. Il meteo rispetto a un tempo è diventato più bizzarro ma mediamente più clemente. Sono tornati di gran moda i tubolari con il bordo color corda, dopo un periodo di colori pazzi e poi il full black sono tornate a piacerci le ruote della bici fatte così, eleganti e classiche, come quelle di una volta. E poi c’è sempre il colore giallo delle forsizie, che a dire la verità adesso, da qualche anno ormai, al 19 di marzo succede sempre che hanno già messo oltre che ai fiori anche qualche fogliolina verde. La primavera comincia prima, quella del meteo perlomeno. Quella delle corse invece, no.
La Sanremo, è sempre la Sanremo. È la prima vera corsa della stagione.