Made in Polesine
«Tre paia di calze, due calzoncini corti, tre maglie, una giacca, un panciotto, due colletti, due paia di polsini, un petto di camicia per le grandi occasioni (girando girando capitano!), una camicia di lana, sei fazzoletti e gli occhialoni». Era questo il contenuto della borsa di Luigi Masetti, forse il primo vero cicloviaggiatore italiano, che, partendo dal Polesine nel 1891, attraversò in bici l’Europa e gli Stati Uniti, tanto da farsi ricevere persino dal presidente Grover Cleveland.
Partendo dal Polesine, dicevamo: terra difficile all'epoca, di nebbie, vento e fiumi che ogni tanto ti portavano via la casa e i maiali. Terra di contadini abituati alle durezze del clima e a latifondisti non sempre amanti dei diritti dei lavoratori. Non uno stupido, Masetti. Un visionario: aveva studiato, conosceva le lingue e si manteneva anche scrivendo resoconti per i quotidiani.
Inoltrandoci nel divino labirinto degli effetti e delle cause di Borges, forse potremmo cogliere un legame tra quel destino avventuroso, quella terra piatta e suggestiva, nella sua monotonia, e il fatto che proprio lì sia nato e cresciuto un progetto che, negli ultimi anni, ha contribuito a cambiare il modo di andare in bici in Italia ed è diventato un riferimento per gli appassionati di tutta Europa, e non solo. Sarà che attraversare per anni quegli stessi panorami, che hanno il pregio di fregarsene del tempo degli uomini, magari un po' ti mette delle idee in testa, sarà che a volte, mentre pedali lungo gli argini infiniti del Po, se la giornata è limpida, vedi le montagne e non puoi non sognare di andare lontano.
Se infatti si vuole parlare di quel fenomeno che, assieme al gravel, ha cambiato il modo di viaggiare e andare in bici, non si può non pensare a Nure, al suo divano e a Miss Grape, tutti radicati a Rovigo.
Nure è Michele Boschetti: 50 anni portati con allegria, molti tatuaggi, occhi azzurri, barba sempre troppo lunga per essere ben visto in parrocchia e un numero indefinito di sci e bici in garage.
Il suo divano è più di un oggetto di arredamento, è un autentico spazio culturale su cui hanno appoggiato le chiappe stanche ciclisti e cicloviaggiatori da tutta Europa. Miss Grape è infine la sua creatura, il brand che ha portato il bikepacking in Italia e che ha contribuito a farne un autentico fenomeno.
La nostra generazione è quella cresciuta guardando con meraviglia i tedeschi (e in tal caso tedesco significa straniero) che arrivavano in Italia con bici stracariche e con i famosi calzini bianchi sotto i sandali.
Oggi, invece, il viaggio in bicicletta è diventato un fenomeno di tendenza, persino una moda, e di certo la cultura del bikepacking ha aiutato. «Se è vero che quello che facciamo è conseguenza di chi siamo e siamo stati, io credo che Miss Grape sia nata dalla mia passione per l'alpinismo e per il telemark» dice Michele. «Il bikepacking, per me, è l'evoluzione dello zaino».
Il termine deriva da backpack, per l'appunto.
«In pratica parliamo di borse che possono essere applicate, come gli zaini sulle spalle delle persone, a qualsiasi tipo di bici, che non hanno più bisogno di predisposizioni particolari e tanto meno di portapacchi. Il bikepacking ti permette di usare una bici qualsiasi e di disporre di uno spazio per trasportare qualcosa in più: poco conta che si parli di bici da corsa, di mtb o di gravel. È lo zaino da bici e quindi, così come lo zaino ti permette di portarti il necessario per andare un po' più in là, così le borse da bikepacking ti fanno andare un po' oltre, portando con te quello che ti serve. Il bikepacking non è solo cicloturismo, è un'opportunità per tutti i ciclisti, la cui bici diventa più duttile, grazie alla possibilità di aver una giacca in più, una moka per il caffè o un ananas».
È una piccola svolta tecnica, ma è soprattutto una rivoluzione culturale: il bikepacking è leggerezza, minimalismo, una cosa in più lasciata a casa; non vuole sostituirsi alle mitiche Ortlieb, ma trasformare tutte le bici in potenziali mezzi per sognare, per andare, per arrivare li dove puoi piantare la tenda sotto le stelle e tornartene a casa con un'esperienza in più.
Il bikepacking è uno stile, prima di essere un prodotto, un approccio filosofico al viaggio e al ciclismo, è l’idea che avendo poco spazio devi portarti meno cose, consapevole che per qualche giorno non ti servirà quasi nulla e che 3 o 4 borse, attaccate persino alla tua Pinarello, possono bastare per arrivare più lontano, cambiarti e persino far bella figura con le ragazze sfoggiando una camicia profumata.
Miss Grape è una bella storia imprenditoriale, di quelle che fanno pensare che anche con le idee e la voglia di fare (e non solo con le borse) si possa andare lontano. L'azienda nasce nel 2012, ma il progetto era nell'aria del Polesine dal 2008, quando Nure scopre il bikepacking grazie ad un amico, Marco Costa, che, impegnato in lunghi viaggi in bici attorno al mondo, aveva sperimentato la necessità di borse leggere, piccole e affidabili. «Grazie a lui ho capito quanto fosse importante avere borse resistenti e compatte e quanto fosse difficile trovarle sul mercato. È nata così l'idea di Miss Grape e quelle borse, alla fine, le abbiamo fatte noi, con le nostre regole. Le volevamo indistruttibili, fatte a mano in Italia e al giusto costo».
Quando si parla di start-up vengono in mente la California, uffici con tavoli da ping-pong e soprattutto telefonate in cui ti dicono che Tony Stark ti vuole dare 8 miliardi di dollari. La realtà non sempre è questa. Nure per anni ha fatto doppi turni, ha lavorato spesso fino alle 4 di notte e si è svegliato presto, ha accumulato borse (non da bikepacking) sotto gli occhi, ma non si ferma mai: è presente a tutti gli eventi, in Italia e in Europa, va nei negozi e a incontrare gli appassionati spiegando le potenzialità del bikepacking, promuove progetti e sponsorizza viaggiatori e ciclisti avventurosi. La strategia di Michele si riassume in due linee: fare cultura e creare esperienze, ed essere ossessionati dalla qualità, tanto che le sue borse sono garantite a vita.
Il tempo - e il mercato - gli stanno dando ragione: anno dopo anno i ciclisti italiani capiscono la bellezza e la comodità del bikepacking, Miss Grape cresce e arrivano i primi dipendenti e collaboratori.
Oggi il brand è conosciuto in tutto il mondo, nei maggiori eventi di ultracycling e sulle bici di moltissimi viaggiatori le sue borse si vedono spesso, ma il destino di un'azienda nata con l'idea di innovare rimane quello di guardare avanti. Il futuro è far capire la filosofia del bikepacking al grande popolo delle granfondo e mettere una borsa, piccola e leggera, sulle bici da corsa, ma anche lanciare prodotti per la mobilità urbana e il commuting, sempre continuando a far cultura, condividendo storie e esperienze.
Ovviamente a partire dal divano di Miss Grape, nel cuore del Polesine.