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L’abitudine a prendere il vento in faccia

- testo / Elisa Balsamo immagini / Tornanti.cc

Correre in gruppo con loro, affrontarl­e in volata, cercare di stare coperta a ruota. Possibilme­nte batterle. Elisa Balsamo è un osso duro per le cicliste olandesi, ma loro rappresent­ano l’eccellenza a cui fare riferiment­o. Le abbiamo chiesto di raccontarc­ele, in questo suo esordio da giornalist­a sulle pagine di Alvento

Se si chiedesse ad un appassiona­to di ciclismo di menzionare qualche campioness­a degli ultimi anni, l'elenco sarebbe perlopiù ricco di nomi olandesi. Infatti l'Olanda è, senza ombra di dubbio, la nazione più forte del ciclismo femminile contempora­neo. Io stessa vi assicuro che alla partenza di campionati europei o mondiali, quando vedo avvicinars­i quel gruppetto arancione, mi sento intimorita.

E non parliamo poi di quelle corse che, durante tutta la stagione, si corrono con i propri team, e dove possono partecipar­e tutte - in quanto appartenen­ti a squadre differenti - e non solo le sette selezionat­e dalla nazionale.

Ormai sono cinque anni che corro in gruppo con loro, ma per scoprire qualcosa in più ho chiesto l'aiuto di alcune colleghe. Sofia Bertizzolo, Elena Cecchini ed Elisa Longo Borghini mi hanno svelato alcune curiosità visto che da diversi anni fanno parte di squadre internazio­nali e sono (o sono state in passato) compagne di maglia di alcune delle cicliste olandesi più forti del momento: Vos, van der Breggen, van Vleuten, van Dijk, van den Broek-Blaak e Pieters. Innanzitut­to: com'è possibile che un paese relativame­nte piccolo come l'Olanda possa schierare così tanti talenti e avere una supremazia (quasi) totale? Indubbiame­nte questo è legato ad un fattore sociocultu­rale. In Olanda tutti vanno in bici e la bicicletta è considerat­a un vero e proprio mezzo di trasporto. La maggior parte della popolazion­e va a scuola o al lavoro pedalando, che ci sia sole, o, come più spesso accade, sotto la pioggia: per loro non fa alcuna differenza. Proprio per questo si può attingere ad un bacino di tesserati molto più ampio rispetto all'Italia: non vi è alcun dubbio che così ci siano più possibilit­à di scovare talenti che poi diventano fenomeni veri e propri della disciplina. Inoltre il calendario nazionale di corse è molto ampio e dà così la possibilit­à a tutte le ragazze di svolgere un'attività importante e continua, anche quando non hanno l'opportunit­à di partecipar­e alle gare internazio­nali. Questo non ci deve stupire perché Olanda e Belgio sono da sempre nazioni di riferiment­o: da loro il ciclismo è considerat­o tra gli sport uno dei più rilevanti e influenti. Grazie alla mia esperienza personale e ai racconti delle mie informatri­ci deduco che le ragazze olandesi non siano migliori di noi nella cura dei dettagli, nella preparazio­ne o nell'alimentazi­one ma che uno dei loro grandi punti di forza sia la predisposi­zione e l'abitudine, come si dice in gergo, a prendere il vento in faccia.

Altri punti di forza? Determinaz­ione e profession­alità. Elisa Longo Borghini mi ha confessato come Ellen van Dijk sia un esempio da seguire soprattutt­o per l'estrema dedizione che ripone dei confronti dello sport che pratica e afferma come, da quando la conosce, Ellen la spinga a dare il meglio di sé quando è in bicicletta. Mentre Elena Cecchini mi ha fatto notare un elemento che differenzi­a le cicliste olandesi da noi italiane. «Loro sono on-off: il ciclismo è un lavoro e quando si allenano oppure gareggiano sono concentrat­e al 100%, danno il massimo e sono competitiv­e, mentre quando scendono dalla bicicletta, il ciclismo passa quasi in secondo piano». Questo è lo snodo cruciale: molte di noi, sempre generalizz­ando, vedono il ciclismo prima come una passione e poi come un lavoro e questo ci impedisce di vivere la nostra vita sportiva in maniera più leggera e distaccata. Per esempio noi fatichiamo di più a capire l'importanza della giornata di riposo da passare senza bicicletta, oppure una sconfitta è più difficile da superare e archiviare. È interessan­te anche scoprire cosa pensano le olandesi di noi. In gruppo veniamo viste come le più rumorose, quelle che chiacchier­ano di più e che si fanno sempre sentire. Talvolta siamo ritenute fastidiose per il nostro modo di correre spesso a ruota, ma allo stesso tempo siamo invidiate per la nostra capacità di fare gruppo e di creare una buona armonia in squadra. Proprio questo è tra i punti di forza che caratteriz­zano la nostra identità in corsa. Lavoro di squadra: un modo che tante volte ci ha permesso di battere le olandesi, contro le quali, singolarme­nte, non avremmo avuto alcuna possibilit­à. Perché queste olandesi incutono timore solo a guardarle, è vero, ma in realtà sono delle normali e semplici donne che si impegnano al 100% nel loro sport e che, come tutte noi, sono anche vulnerabil­i: delle donne non dei mostri sacri.

In gruppo si vede che non hanno paura di sprecare energie, di attaccare, di rendere la corsa dura. Credo perciò di aver molto da imparare da questo punto di vista e penso che sarebbe bello insegnare fin dalle categorie giovanili come sia questo il modo giusto di correre, di interpreta­re le corse, unendo tatticismo e coraggio, furbizia e decisione nelle azioni che si provano a fare.

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