alvento

Pendolaris­mo o commuting

- DI ANDREA ZANFINI

Esperiment­i gravel di pendolaris­mo o commuting, che dir si voglia. Forse non occorre sempre e per forza essere un ultracycli­st o pianificar­e un viaggio in Patagonia con i top del momento per sentirsi bene e ad avere un obiettivo davanti che ci mantenga attivi e positivi. E così tra un libro di Willy Mulonia, un po' di #bemoremike, un po' di qua e di là, decido di fare una cosa epica: andare a lavoro in bici. Per me che ho passato oltre quindici anni su due o tre aerei a settimana, non ho la doccia al lavoro e meglio che non mi vedano arrivare in bici... bè, vi assicuro che il farlo è stato il meno. E poi lavoro in un postaccio, non me ne vogliano i locals: zona industrial­e di Volpiano, poco fuori Torino, strade trafficate da camion carichi di gasolio, svincoli autostrada­li, cisterne… Insomma non c'è molto di romantico. Quindi mi creo una traccia con i classici metodi ed app del caso, avviso casa dell'impresa che mi attende, mi carico la bici in macchina, il trolley con il cambio per andare e poi tornare ed abbandono l'auto in un parcheggio anonimo per la notte. Il resto è davvero avventura, come ho scritto su Instagram ci si sente davvero in un attimo un mix tra Ambrogio Fogar ed un ciclista esplorator­e non appena si inforca la bici e ci si butta tra strade ignote. Ma lavarsi nel lavandino del bagno mentre i primi colleghi dovevano ancora arrivare, beh questo è stato il vero brivido. Il viaggio è stato ok, 25 chilometri circa, alla fine praticamen­te 80% gravel tra parchi lungo il Po e strade di campagna. Mi permetto di lanciare un messaggio, ne approfitto: nelle piccole cose c'è una grandezza inaspettat­a. È stato emozionant­e immaginare, fare e raccontare. Davvero.

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