Pendolarismo o commuting
Esperimenti gravel di pendolarismo o commuting, che dir si voglia. Forse non occorre sempre e per forza essere un ultracyclist o pianificare un viaggio in Patagonia con i top del momento per sentirsi bene e ad avere un obiettivo davanti che ci mantenga attivi e positivi. E così tra un libro di Willy Mulonia, un po' di #bemoremike, un po' di qua e di là, decido di fare una cosa epica: andare a lavoro in bici. Per me che ho passato oltre quindici anni su due o tre aerei a settimana, non ho la doccia al lavoro e meglio che non mi vedano arrivare in bici... bè, vi assicuro che il farlo è stato il meno. E poi lavoro in un postaccio, non me ne vogliano i locals: zona industriale di Volpiano, poco fuori Torino, strade trafficate da camion carichi di gasolio, svincoli autostradali, cisterne… Insomma non c'è molto di romantico. Quindi mi creo una traccia con i classici metodi ed app del caso, avviso casa dell'impresa che mi attende, mi carico la bici in macchina, il trolley con il cambio per andare e poi tornare ed abbandono l'auto in un parcheggio anonimo per la notte. Il resto è davvero avventura, come ho scritto su Instagram ci si sente davvero in un attimo un mix tra Ambrogio Fogar ed un ciclista esploratore non appena si inforca la bici e ci si butta tra strade ignote. Ma lavarsi nel lavandino del bagno mentre i primi colleghi dovevano ancora arrivare, beh questo è stato il vero brivido. Il viaggio è stato ok, 25 chilometri circa, alla fine praticamente 80% gravel tra parchi lungo il Po e strade di campagna. Mi permetto di lanciare un messaggio, ne approfitto: nelle piccole cose c'è una grandezza inaspettata. È stato emozionante immaginare, fare e raccontare. Davvero.