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Nella testa (di un ciclista)

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Chi dice che andare in bicicletta è un passatempo noioso per cui serve poca fantasia evidenteme­nte non è mai stato nella testa di un ciclista. Più un ciclista pedala a lungo e in solitaria, più impara - necessaria­mente due cose fondamenta­li.

La prima: stare bene con se stesso. Si comincia col non starsi sulle palle da soli, si passa a convivere con la propria ombra e infine a godersi gli attimi, poi i minuti e poi le ore in cui l'unico contatto con il mondo sono i pochi millimetri di copertonci­no che toccano l'asfalto. Perché tra la scomodità del gesto o la linea che manca non viene più in mente nemmeno di controllar­e il cellulare così spesso.

A quel punto, ma solo a quel punto, si può passare alla fase due: si vola con la fantasia. Visto da fuori, sei sempre il piantato che procede ai trenta scarsi in pianura a rpm tendenti allo zero sulle pendenze maggiori o uguali al sette per cento. Ma dentro la tua testa è tutta un'altra storia.

Una volta stai pedalando tra due ali di folla sugli ultimi tornanti dello Stelvio. Eri partito la mattina e la fuga era quella buona; forse questa volta la Cima Coppi la porti a casa. La volta dopo stai attraversa­ndo un altopiano andino in solitaria, senza anima viva in giro. Il tutto senza muoverti dalla Brianza; la conosci così bene che il cervello può volare altrove, senza badare alla strada.

C'è la volta che vedi uno qualche centinaio di metri più avanti, in salita. Lui non lo sa ma nella tua testa è Roglič. Tu, ovviamente, sei Pogačar: lo vai a prendere facile. Lo passi e ti accorgi che ha il casco dritto e di croci sull'avambracci­o non ce ne sono. Comunque questo Tour lo hai portato a casa. Bene così.

Al giro dopo, un attimo sei in una prateria della Silk Road Mountain race con due cavalli selvaggi che ti corrono a fianco, l'attimo dopo sei sul Poggio e provi ad andare via. Verso fine giro attacca a piovere ed è subito Galibier del ‘98 e nella testa parte Adriano De Zan. Non c'è bisogno - spero che io continui con il virgoletta­to.

Scendi in garage e tua moglie chiede se ci vorrà molto. Rispondi che intanto “metta musica da ballo”. Esci e trovi i tuoi compagni di uscita e dici che oggi sei a disposizio­ne e pronto a tirare dal km 0, che la gamba non è buona e comunque si era detto che almeno una tappa si sarebbe lavorato tutti per Giovanni, perché dopo un Giro di sacrifici era giusto così. Ti guardano come se fossi rincoglion­ito. Sia i tuoi amici che tua moglie.

Se stai leggendo questa rivista, con ogni probabilit­à, nella testa di un ciclista ci sei stato e ci stai abbastanza spesso. Insomma, ci intendiamo. Tanto vale fermarsi qui e uscire a far andare le gambe e la testa. Vediamo da che parte del mondo finisci, chi incontri o quale corsa vinci questa volta. Poi se ti va, faccelo sapere.

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