ALLEYCAT RACE
ovvero la supremazia della bicicletta come mezzo di trasporto urbano
DIMENTICATEVI PER UN ATTIMO TUTTO QUELLO CHE SAPETE DEL CICLISMO.
Scordatevi l'agonismo fatto di maglie colorate e marchiate dagli sponsor, dorsali di gara e pure le punzonature con quel loro sapore d'antan. Dimenticatevi le gare ufficiali, la stampa specializzata, le conferenze e i podi. Cancellatevi dalla testa quei nomi di corridori mitici e recitati magari un po' a braccio, mandati a memoria. Libri dei record, bandiere e nazioni. Percorsi prestabiliti e conosciuti, gare memorabili, circuiti chiusi, strade vietate al traffico e cartine altimetriche appiccicate sulla pipa della bici. Scordatevi freni e cambi, ma anche le ammiraglie al
seguito – seppure le auto, come vedrete, anche in questo contesto restano a stretto contatto con i protagonisti.
Ora concentratevi su questi termini: bike messenger, ovvero corrieri in bici, traffico, città, bici a scatto fisso oppure single speed, di vari colori e personalizzate con ogni tipo di adesivo, o bici di diverso genere e fattura. Adrenalina, pelo sullo stomaco, eccitazione, virtuosismi e follia. Consegne e checkpoint. Divertimento e stile di vita: evoluzione e appartenenza più che rivoluzione e rottura.
Fissatevi in mente alcuni dogmi: vestiti come ti pare, e, se il tipo di gara lo richiede, portati uno zaino o una borsa; buttati nel traffico come meglio credi, raggiungi nel minor tempo possibile il punto prestabilito. Fregatene altamente delle auto e della segnaletica stradale, brucia i semafori, evita di finire contro un taxi, sfiora le limousine parcheggiate nei bouvelard della Grande Mela. Ignora le strisce, salta sui marciapiedi, infilati nei tunnel, appenditi alle auto, fai zig zag tra i pedoni oppure nei mercatini di una megalopoli del sud est asiatico.
Conosci la città dove lavori? Bene, dimostralo. Arrivi da fuori? Se sei il migliore tra gli stranieri c'è un premio – l'Out of Town che ti aspetta. Di cosa diavolo stiamo parlando? Di Alleycat Race, naturalmente. «Le Alleycat race nascono nel contesto dei corrieri in bici. Corse fatte per celebrare il loro lavoro giornaliero» ci spiega Tito Capovilla, fotografo e videomaker milanese e per un periodo di tempo organizzatore di alcune Alleycat nel capoluogo lombardo. «Una sorta di test per capire quanto conosci la città in cui lavori cercando il percorso migliore
fra le strade e le vie cittadine per completare la consegna il più velocemente possibile». In parole povere: una sfida per il più veloce tra i bike messenger. A ogni Alleycat c'è un Manifest. Un foglio di carta consegnato al momento e sul quale vengono indicati partenza, arrivo e i vari indirizzi da raggiungere, detti checkpoint, ma non sempre è così: a volte i punti intermedi di consegna – così come l'arrivo – vengono svelati man mano, checkpoint dopo checkpoint. Di solito, alla partenza di alcune Alleycat race, i fogli vengono lanciati in aria e poi raccolti da ogni partecipante che subito dopo si fionda sulla propria bici e via, verso un giro estremo fatto di scintille metropolitane, inseguendo il flusso del traffico, infilandosi in spazi che solo un corriere in bici può vedere, come avesse una sorta di preveggenza o come potesse leggere chiaramente nel Matrix.
Non vi sono regole fisse, si capisce, ma a ogni checkpoint di norma c'è qualcuno che firma il Manifest con un pennarello nero oppure un timbro, a testimonianza del passaggio del corriere. A volte ci sono premi – solitamente un telaio o un componente per la bici di qualche marca o negozio che fa da sponsor, oppure premi in denaro. Nulla di che: lo spirito della competizione è un altro. A volte per passare da un checkpoint al prossimo non basta consegnare un oggetto, ma bisogna anche risolvere enigmi o superare determinate prove, anche bizzarre e divertenti. Ci sono gare simbolo. Una su tutte: la Monster Track di New York, impressa su pellicola da Lucas Brunelle, ex bike messenger e personaggio parecchio sopra le righe che la filmò insieme ad altre gare seguendo i protagonisti, anche lui rigorosamente in bicicletta, con delle telecamere fissate al casco. Il titolo del documentario, della durata di circa un'ora e realizzato dal regista Benny Zenga, è Line Of Sight: al suo interno riprese fatte in dieci anni da Brunelle tra New York, Los Angeles, Philadelphia, Londra, Miami, Città del Messico, Boston, Copenaghen persino Grecia, Guatemala e Cina. Il risultato è un lavoro di montaggio su migliaia di ore di filmati. Cercatelo e guardatelo per credere: divertimento e adrenalina centopercento garantita. Un buon modo per comprendere, almeno in parte, la bizzarria, lo stile e il fascino di queste manifestazioni. Ci sono diversi personaggi iconici, alcuni usano dei nickname, e altri, come ad esempio Alfred Bobé jr, hanno un nome che rimanda a quello di uno dei più grandi ciclisti francesi. «Ora ho un atteggiamento più zen verso il ciclismo e la vita, ma quando avevo iniziato ero uno psicotico borderline. E la mia rabbia si rifletteva nel mio stile di guida durante le Alleycat» - si raccontava tempo fa così Bobé, ex bike messenger nato e cresciuto nel Bronx da genitori portoricani, un passato burrascoso, che dopo aver vinto diverse edizioni della Monster Track è diventato protagonista dei Red Hook Criterium con la maglia del Team Cinelli Chrome. E per la famiglia Bobé le fixed gear non sono solo uno stile di vita, ma fanno parte ormai del corredo genetico: insieme a Bobé Jr ha preso parte alla celebre Alleycat tra le vie di New York - obbligatoriamente su bici a scatto fisso - anche il figlio Sebastian, quando aveva solo undici anni. «Ha battuto un centinaio di corridori arrivando sessantaseiesimo. Ma non ci trovo nulla di strano: ha pure corso su pista ai campionati americani». E oltretutto sogna, Sebastian, di diventare un giorno anche lui parte attiva dei Red Hook Criterium.
Su Mess Archives – sito web che raccoglie storie, testimonianze e ogni genere di documento sul mondo dei bike messenger – si racconta di come una volta nato il mestiere del Bike Messenger si organizzarono subito le prime competizioni. A Toronto nel 1895 si sfidarono su pista due gruppi rivali di bike messenger: Great North Western Telegraph Company contro Canadian Pacific Railway Telegraph. L'anno dopo la New York State Division League of American Wheelmen incluse nel suo programma di gare una sfida tra corrieri. Per parlare di Alleycat race, però, bisogna fare un salto in avanti di oltre un secolo: la data che diventa quasi convenzione, in un mondo tutt'altro che convenzionale, è quella del 30 ottobre 1989, il luogo non poteva che essere Toronto. Sempre a Toronto, secondo Hideous White Noise, una vecchia fanzine e autentica voce dei bike messenger nordamericani, nel 1985 si tenne la prima vera sfida in strada tra corrieri nata per pubblicizzare l'attività di uno dei partecipanti: partirono in sei e vinse tale Gary Rothenberger. Nel 1987 sempre nella capitale dell'Ontario e sempre intorno ad Halloween – diventerà tradizione disputarla in quei giorni, così come si affermeranno le Alleycat organizzate a San Valentino e chiamate Massacro di San Valentino - si svolse una corsa che solo poco tempo dopo sarebbe diventata a tutti gli effetti l'Alleycat race: vinse Dave Fix My Bike, travestito da Batman.
E se si fatica a trovare una data di nascita del movimento, non è nemmeno così chiaro il dove: c'è chi dice San Francisco, chi Toronto. Proprio nella metropoli canadese in quegli anni esisteva uno dei primi gruppi che si incontrava con regolarità: i Toronto Alley Cats fondati da John Englar, ex corriere e conosciuto come Johnny Jet Fuel, colui che coniò il termine Scramble Alleycat, vocabolo che sta all'origine di tutto. Englar oggi è il proprietario del Jet Fuel Coffee ed è considerato il re del cappuccino a Toronto, ma non solo: Jet Fuel per anni è stato sponsor della squadra riferimento per il ciclismo canadese sia nell'attività del ciclismo su strada che su pista, e il suo Caffè, dove puoi trovare appese al muro le maglie della squadra, è tutt'ora un luogo d'incontro per appassionati ciclisti e gente dello spettacolo e della cultura canadese.
Scriveva tempo fa Marshall Jon Fisher sul The Atlantic: A metà degli anni ’80 Englar e i suoi amici, bike messenger o ex bike messenger si incontravano in bicicletta girando di notte per Toronto. «L’idea - mi ha spiegato di recente Englar - era quella di attraversare l’ambiente urbano e l’architettura del centro, vivere la città per quello che era, prendere aria e mescolarci con le nostre biciclette». Nel 1987 Englar ha trasformato quei giri in un evento organizzato. «Perché non facciamo passare i possibili partecipanti attraverso parcheggi ed edifici, su e giù per le scale? Qualcosa che duri
circa un’ora a tutta velocità e in pieno traffico. Il concetto è: sì, potresti anche rimanere ucciso». Le sue Alleycat, si legge su slugmag.com, si ispiravano alle ambientazioni della scena punk newyorkese degli anni '80 e una volta hanno visto persino i Run DMC esibirsi. Inizialmente era solo un modo per creare disordine, in perfetto stile da rabbiosi emarginati, partendo da un piccolo magazzino e ruotando tutto intorno alle tre B: biciclette, birra e band.
Questa era la loro filosofia, come raccontato sempre da Englar a slugmag.com.
In sottofondo, gruppi musicali con i loro incalzanti riff di chitarra inneggianti a un no future o con una batteria picchiata con estrema violenza. «Sono sincero – racconta Englar – in origine si presentarono giusto un paio di corrieri in bicicletta. Eravamo perlopiù un gruppo di ragazzi, una sorta di gang in bicicletta, che facevano casino per la città, portando il terrore nei vicoli, cavalcando l'architettura urbana, saltando giù dalle cose. Eravamo dei gatti randagi, per questo la chiamavamo Alleycat Scramble». Eclettico, visionario, a Englar si deve anche la costruzione di un velodromo portatile a forma di 8, chiamato Human powered roller coaster dove scatenarsi con mirabolanti acrobazie in bicicletta. La scena Alleycat trova così il suo cuore in Nord America, che sia Toronto o San Francisco non importa, quanto invece è rimarcabile la sua rapida diffusione tra New York, Boston, Vancouver, L.A, e poi in tutto il mondo: Europa, Centro America, Sud Est asiatico grazie anche alla partecipazione a quegli eventi tra Canada e Stati Uniti di diversi appassionati di ogni parte del globo e alla nascita del Campionato del Mondo dei
Bike Messenger (CMWC). La sua prima edizione si disputa nel 1993 a Berlino, l'ultima nel 2019 a Giakarta. All'interno della manifestazione, legale e autorizzata, viene proposta parallelamente anche un'Alleycat race con uno spirito simile alla tradizione: ovvero senza alcuna autorizzazione. L'ultima di queste Alleycat race, disputata proprio nella capitale dell'Indonesia, l'ha vinta Andrea Lardera, fondatore di Bici Couriers Milano. «L'esperienza più folle della mia vita» ci racconta Andrea.
«Ho corso diverse Alleycat perché di mio sono spericolato e mi diverto un mondo, ma girare per Giakarta è stata un'esperienza pazzesca. Uno dei posti più assurdi dove ho pedalato. La quantità di traffico, sommato alla quantità di gente e di inquinamento ha dell'incredibile. Poi lì non sono abituati a questo e il movimento dei corrieri sta arrivando in questi anni pian piano, e non hanno assolutamente idea di quello che è il mondo intorno alle bici. Quando siamo arrivati in Indonesia abbiamo fatto BaliGiakarta in bicicletta e la gente ci guardava come fossimo dei marziani». Si parlava di scena Bike Messenger: sempre secondo Mess Archive diverse personalità di spicco del mondo dello spettacolo e delle cultura popolare e sportiva hanno un passato da corriere. Certo, su alcuni nomi non vi garantiamo nulla: 50 cent, Chuck D, Chuck Palahniuk, GZA, Henry Miller, Jack Dempsey, Liv Schreiber, Malcolm McDowell, Louison Bobet, Michael Pitt, Jennifer Aniston, Rob Zombie, Sade, pare anche i due Spike del cinema americano: Lee e Jonze. Ed ex corriere in bici è quel Nelson Vails che, nel 1984, con un argento nella velocità, divenne il primo
afroamericano medagliato nel ciclismo su pista. E come scrive nella sua biografia un certo Marky Ramone - ex batterista di una delle band più influenti della cultura punk e non solo – fare il corriere in bici lo ha aiutato a uscire da gravi problemi di alcolismo.
«Per un periodo sono stato un corriere in bicicletta. Mi alzavo alle cinque e mezzo del mattino, facevo un'abbondante colazione, salivo in metropolitana con la bici e facevo rapporto all'ufficio spedizioni sulla Ventisettesima Strada. Indossavo pantaloni della tuta e scarpe da bicicletta. I miei capelli erano nascosti in un berretto da baseball. La gente poteva sapere chi fosse Marky Ramone, ma quello non ero io. Quello era il Bike Messengers Anonymous».
Ci piace immaginare come magari qualcuno di questi personaggi si sia camuffato e abbia partecipato a qualche Alleycat race, magari rendendosi irriconoscibile ad Halloween e dietro un nickname: d'altra parte un po' di sana follia resta l'ingrediente principale di un evento del genere. Corse illegali, eventi autogestiti dove non conta quanto forte pedali – beh forse in parte sì – ma quanto riesci a destreggiarti in mezzo al traffico.
Così si è detto. Abilità da funambolo più che da agonista. Ma va trovato anche un altro significato oltre alla componente fatta di irrazionalità, incoscienza, estrema emozione, sfida e agonismo? Certo, e ce lo spiega bene sempre Tito Capovilla.
«L'Alleycat race è l'estremizzazione del
lavoro del corriere in bici e serve anche a dimostrare quanto poco senso abbia un'auto in città. Questo lavoro nasce perché la maggior parte delle consegne urbane prevedono perlopiù piccoli pacchi o buste e che devono magari essere consegnati da ufficio a ufficio. Capite che muoversi in auto o in furgone in questo contesto non ha alcun senso.
Non c'è parcheggio, c'è sempre traffico. Il mezzo per eccellenza in città è la bici».
E LE ALLEYCAT RACE, TANTO PERICOLOSE QUANTO DIVERTENTI, SONO LA SUA FOLLE E VISIONARIA ESASPERAZIONE.
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DISCLAIMER*
La prima cosa che devi sapere è che a causa del pericolo intrinseco che una gara di questo tipo comporta non ti incoraggiamo a prendere decisioni che possano essere pericolose per la tua incolumità e quella altrui. Passare con il rosso, pedalare contromano o afferrare un veicolo in movimento per farsi trainare, sono cose illegali e non sicure. Se prendi una multa è improbabile che tu possa vincere, se ti fai male nemmeno e se muori non c'è nessun dubbio che al traguardo non ci arrivi. Eventuali spese dovute a multe o infortuni saranno a tuo carico. Ubriacarsi prima di una gara non aumenta le possibilità di vittoria, sebbene tu possa pensare di andare più veloce, non è così. Se la gara finisce bene, ci sarà tempo per tutto l’alcool che desideri. Indossa il casco.
*esempio di disclaimer scritto dagli organizzatori
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