Milano [AbbracciaMI]
«Per capire Milano bisogna tuffarvisi dentro. Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte». [Guido Piovene]
Ma davvero questa è la città dove vivo da 50 e passa anni? Davvero questo quartiere è attaccato a quest’altro? Davvero ci sono tutti questi parchi? Davvero. Quel giorno ho scoperto Milano, e da allora non ho più smesso di scoprirla, peraltro con la sensazione che ogni pedalata porti in un qualche mondo parallelo, visto che a ogni giro vedo qualcosa che non avevo notato prima.
Il mio habitat ciclistico fino alla primavera del 2018 era tra le prealpi e le alpi lombarde, a seconda della stagione e delle opportunità. Il mio essere ciclista è iniziato scoprendo la meraviglia di andare a lavorare in bicicletta, che all'improvviso mi ha restituito un tempo pieno rispetto alle ore chiuso in automobile a imprecare verso il prossimo, e poi piano piano accorgendomi che quel mezzo di trasporto urbano mi poteva portare in giro e a divertirmi anche fuori dalla città. Non mi ci è voluto molto per capire che il mio Dna non era da velocista o da passista ma da scalatore, più semplicemente: mi piace pedalare in montagna. Per raggiungere il mio habitat la prima mossa era sempre il treno delle 6.20 da Milano Centrale per Tirano. Preso quello c'era poi sempre un parco giochi di opzioni (Morterone, Valcava, Spluga, Bernina, Stelvio, Gavia, Maloja, eccetera) e mille varianti. Quella mattina, però, il treno non sono riuscito a prenderlo e mentre tornavo verso casa un po' depresso, e dopo aver scartato la noiosissima idea di un giro in Brianza, mi è tornato in mente quel percorso che avevo visto, tracciato da un mago degli itinerari gravel in Lombardia (spokesandnipples.com): un giro attorno a Milano.
Milano è tonda, si sa. Non a caso la prima gara ciclistica in città è stata, nel 1871, un giro dei Bastioni: 11 chilometri vinti da Giuseppe Pasta, seguito da Giuseppe e Fausto Bagatti Valsecchi, tra le anime del Veloce
Club Milano. Io stesso qualche volta mi sono divertito a fare il giro di tutte le circonvallazioni urbane, dalla cerchia dei Navigli a quelle più esterne, e le notti di Critical Mass portano spesso a pedalare dalle parti di un qualche cerchio. Quindi: facciamolo questo giro urbano attorno a Milano.
Ci sono anche le stagioni e gli spazi segnati dai ritmi dell'agricoltura che entrano prepotentemente in città. Che cosa ci fanno qui, questi intrusi? Ci abitano, Milano è una città agricola.
Non potevo tenere per me tutte queste scoperte e così con quella traccia di Strava davanti agli occhi ho iniziato a immaginare come poter trasformare quel mio giro di sorpresa in un'esperienza collettiva. Da allora la traccia è cambiata un sacco di volte perché in realtà non è nemmeno più un itinerario o la circle line: è diventata una piattaforma. Ho pensato che la prima cosa da fare fosse prendere quella linea rossa sullo schermo e farla diventare un percorso vero, segnalato, raccontato e quindi di partire dai cartelli. Ci sono state tante e tante domeniche milanesi da quel primo giorno, alla ricerca di varianti e integrazioni per trasformare un giro con vocazione gravel in un percorso completamente urbano, e nel frattempo il progetto prendeva forma. Gli ho dato un nome: AbbracciaMI perché abbraccia idealmente la città, porta subito lontani dall'insopportabile contrapposizione centro - periferia, mette l'accento sull'affetto per una città nuova da scoprire. In questo modo sarebbe stato disponibile a tutte e a tutti semplicemente indicandolo, indicando la strada in modo tale che lo si potesse percorrere, interamente o solo in parte, con o senza divagazioni, anche senza avere un dispositivo Gps.
Ci sono tanti modi di indicare un itinerario, da quelli provvisori che si usano per le manifestazioni sportive a quelli in codice sull'asfalto per le gare più informali, a tutte quelle iniziative dal basso per raccontare percorsi turistici, enogastronomici, i sentieri e i cammini. Poi c'è tutto il mondo dei percorsi in montagna, con la sua segnaletica universale e riconoscibile. Per AbbracciaMI ho voluto seguire la strada più complicata, cioè quella di realizzare e posare cartelli ufficiali, realizzati a norma di Codice della strada e posati con tutte le autorizzazioni del caso. Volevo da una parte indicare un percorso, cioè far vedere che era possibile – e come, dare anche a chi si muove in bici una segnaletica all'altezza di quelle che hanno per esempio gli automobilisti, e dall'altra marcare il territorio. Un po' come fanno i cani, state pensando? Ma un po' anche sì.
Un cartello dedicato a chi va in bici vuol dire indicare la presenza di ciclisti, dare dignità e spazio a queste persone, farle emergere.
I cartelli che stiamo posando (abbiamo completato la parte est dell'itinerario, entro l'anno finiremo il giro) sono i primi dedicati alla bicicletta in città. E AbbracciaMI è l'itinerario zero, al quale seguiranno presto il numero 1, 2, eccetera perché da qui parte anche il progetto del Comune di Milano di un sistema di ciclovie urbane integrate.
Sui cartelli di AbbracciaMI sono indicati parchi e quartieri e la distanza in chilometri. Perché non è stato messo il tempo? Perché penso che questo giro sia per chiunque: puoi andare piano o veloce, metterci uno o dieci minuti. Ecco perché. La posa dei primi cartelli è stata pazzesca. Improvvisamente, dopo tante parole, email, telefonate, pedalate, arrabbiature, moduli, rendicontazioni, sorrisi, imprecazioni: AbbracciaMI c'era. Cioè, in realtà ovviamente c'è sempre stato, però la posa del primo cartello ha reso concreta, fisica, quella presenza. Ci siamo, siamo un palo e un cartello di ferro (catarifrangente, quello che costa di più!). Scegliendo di indicare parchi e quartieri con i cartelli di AbbracciaMI diamo voce a una città che oggi è quasi senza parole. La voce di chi va in bici e la voce dei quartieri della città. E anche rendere concreto qualcosa che ancora non esiste: i cartelli di AbbracciaMI conducono al Grande Parco Forlanini, che per il momento è solo un progetto.
Scrivendolo su un cartello facciamo vedere dove e come sarà e ci pedaliamo dentro.
Dicevo che il mio habitat ciclistico ideale è verso le Alpi, però AbbracciaMI mi ha molto avvicinato alla pianura, a quella urbana perlomeno. È stato il mio parco giochi per tante e tante giornate, e da quando abbiamo iniziato a percorrerlo in gruppo è stato ancora più bello giocare insieme. In quelle giornate gli occhi si sono moltiplicati, gli sguardi diventati infiniti e lunghi e larghi. Con questo improvviso crescere di prospettive è stato chiaro che AbbracciaMI non poteva essere solo un itinerario ciclistico, e così abbiamo iniziato a ragionare sui livelli.
Non è un tema nuovo, quello delle infrastrutture. Piste ciclabili sì o no, leggere o pesanti, strisce di vernice o cordoli, asfalto o terra, luce o buio. Ne parliamo tanto tra di noi ciclisti e tra di noi milioni di esperti di urbanistica. Io penso che non ci sia una sola risposta giusta, così come le strade non sono tutte uguali e le persone che le usano nemmeno. Il mio essere ciclista è molto legato all'esperienza tutta urbana di Critical Mass, penso che le piste ciclabili esistano già e si chiamano appunto strade, però poi vedo e capisco che non siamo tutti uguali. Pedalando con le persone su AbbracciaMI ho iniziato a realizzare che non è tutto bianco o nero e che alcune infrastrutture, leggere, possono servire per incentivare, sostenere, accompagnare le pratiche del ciclismo. Anche perché in questo caso specifico la bici non è solo una bicicletta. Siamo partiti da una forma, da un cerchio, poi siamo arrivati agli spicchi e ai raggi, adesso abbiamo davanti dei livelli. Pedalare su AbbracciaMI vuol dire avvicinare quartieri che sembravano lontani e con loro le comunità che li abitano e li vivono. È a questo punto e soprattutto partendo da questi temi che c'è stato l'incontro con Fondazione Cariplo, che ha deciso di adottare AbbracciaMI e farlo diventare un'azione del programma Lacittàintorno dedicato alla rigenerazione urbana. Un passaggio fondamentale non solo per dare concretezza al progetto e renderlo realizzabile, ma per portarlo in una nuova dimensione, con la bicicletta al servizio del territorio e l'azione del ricucire che diventa prevalente. La mappa originale di AbbracciaMI su Strava è poi migrata su Umaps con OpenStreetMap e da lì su tante applicazioni, così ognuno può scegliere quella che preferisce. Ma soprattutto la mappa ha iniziato a essere multidimensionale: il tracciato di AbbracciaMI in un senso e nell'altro (a proposito di punti di vista: orario e antiorario, cambia tutto) e sopra quel livello i luoghi che meritano di essere raccontati, molti scoperti in occasione delle pedalate di gruppo (che cos’è quello?), i parchi grandi e piccoli, le cascine, le statue, le associazioni e le comunità di quartiere, gli alberi monumentali, i campi della nuova agricoltura urbana, e tanti altri.
Con l'acqua, poi, c'è un discorso aperto: un livello con tutte le fontanelle, un altro con i Navigli e i canali, un altro ancora con i laghi e le cave, ma anche con i corsi d'acqua storici (Vettabbia, e si apre un mondo) e gli scolmatori che non si vedono ma ci sono. Quando mi capita adesso di pedalare su AbbracciaMI è come se entrassi in un mondo di tante dimensioni diverse: la strada davanti a me, le infinite deviazioni possibili, le persone che incontro e le loro storie. È in questa fase che AbbracciaMI ha smesso di essere un progetto individuale e ha iniziato a essere altro. Prima con il lavoro di Francesco Carra, che lo sta conducendo insieme a me, poi con la nascita di una comunità spontanea di persone che, pedalando e fotografando e perdendosi, rendono l'itinerario vivo e sempre in movimento: d'altra parte siamo in bicicletta, non possiamo stare fermi. Io ho uno strano rapporto con il cambiamento. Mi piacerebbe praticarlo ogni giorno, ma sono estremamente abitudinario. Ho voglia di viaggiare e vedere luoghi nuovi, tanti luoghi nuovi, ma poi sono capace di riguardare lo stesso film un numero innumerevole di volte. AbbracciaMI da questo punto di vista mi assomiglia, perché mi permette di seguire una linea chiara, rassicurante, ma al contempo mi sfida continuamente con la possibile variazione che rende il percorso migliore o la ricerca di un arco più ampio o di un punto di osservazione privilegiato.
Anche perché l’itinerario, che pure ha bisogno di qualche intervento infrastrutturale leggero – e uno invece hard perché c’è un vecchio ponte di ferro incompatibile con la bici - non ha bisogno di molto altro: c’è già, esiste. È un filo conduttore di tante esperienze e forse del ciclismo in sé il fatto di non aver bisogno di infrastruttura. C’è la strada, quella è la nostra palestra, il nostro stadio e il nostro spazio. Esplorare la città alla ricerca di itinerari e di varianti e di deviazioni è un modo per praticare il ciclismo, uno dei tanti ciclismi possibili, per scoprire il territorio – quindi poi valorizzarlo raccontandolo, per unire punti. AbbracciaMI è una riga che unisce punti.
È sempre Milano, e questo rassicura una parte di me, ma non è mai la stessa Milano, e questo appaga l'altra. In questo processo di continua mutazione ci sono alcuni esempi clamorosi. A sud-est c'era un luogo che tutti chiamavamo il boschetto (della droga), in uno spazio che era una discarica a cielo aperto da decenni. Su quel luogo hanno iniziato a lavorare associazioni e istituzioni e adesso lo chiamiamo Parco di Porto di Mare ed è senza ombra di dubbio uno dei luoghi più sorprendenti della città, che vedi lì appena dietro la collina, ma poi girandoti dall'altra parte ti trovi davanti alla torre dell'Abbazia di Chiaravalle. Tra l'altro, e non è un caso, a Porto di Mare adesso c'è anche un itinerario di mountain bike: i ciclismi che fanno bene ai territori. Certo a Porto di Mare non è tutto risolto e anzi la bellezza del Parco non ci deve far dimenticare che cosa portava lì tanti ragazzi giovani e spingerci a trovare il modo per non lasciarne indietro nessuno. Pedalando in senso orario verso sud-ovest a un certo punto si incrociava un'area dove dicevo a chi era con me laggiù poi c’è il Parco del Ticinello, che arriva fin dentro la città. Un bel giorno quel Parco ha aperto una porta proprio sull'itinerario di AbbracciaMI. Non più laggiù, ma qui.
È un parco agricolo con tanti sentieri e occasioni, percorsi per tutti e angoli gravel. Pedalando su AbbracciaMI ho imparato a capire che cosa sono questi parchi agricoli e guardare all'agricoltura urbana come a una realtà. Risalendo ancora verso nord-ovest, proprio in mezzo al sistema dei Parchi dell'Ovest da qualche settimana c'è un nuovo lago. Si chiama Fossone, è, più propriamente, un'area umida al servizio della biodiversità, di uccelli e piante e tutti quanti. Parchi agricoli, aree umide, mountain bike: siamo a Milano? Sì! Il sistema dei parchi dell'Ovest (Bosco in città, Parco di Trenno, Parco delle Cave) è al centro di un progetto di ciclabile che già dal nome fa venire voglia di pedalare: La Strada dell’Ovest. A me fa anche venire voglia di andare verso Ovest, su un itinerario diverso rispetto a quello che ha rappresentato la prima sfida ciclistica della mia vita: la Milano-Torino a scatto fisso. Da Milano a Torino e da Torino a Milano: sarà anche per questo che con Andrea Rolando è iniziato questo bel rapporto di scambio e collaborazione, con AbbracciaTO che sta diventando realtà e l'idea di sostenere gli anelli urbani delle nostre città con una linea, una serie di linee che uniscano Milano a Torino. C'è Vento (la ciclovia Venezia-Torino, che sfiora anche Milano), c'è il Canale Cavour, ci sono altri percorsi e passaggi segreti. C'è, più in generale, l'idea che le città ci sono e hanno strade e sono lì da pedalare. E fuori dalle città ci sono fiumi e canali e strade secondarie, le Strade Zitte come le chiamano gli amici di Turbolento, da pedalare. E quindi: prendiamo una bici e pedaliamo, non serve altro.
Avere un itinerario, con i suoi cartelli e tutto quanto serve anche perché così poi ci possiamo perdere, e anzi forse dobbiamo farlo: non è una rotaia attorno alla città, è il pretesto per scoprire mondi nuovi. Tra le altre cose questi mondi sono la città stessa, che cambia a una velocità sorprendente. Passate poche settimane da quello che consideravo l’itinerario definitivo sono bastati due cantieri per cambiare tutto.