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Circle Line

Pedalare intorno alle grandi città, per scoprirne gli angoli più nascosti.

- di Andrea Rolando e Marco Mazzei

Spesso, parlando delle eredità storiche che ci hanno lasciato gli ultimi decenni, sottovalut­iamo l'influenza delle sottocultu­re giovanili, caratteriz­zate dall'urgenza di appartener­e ad una comunità ristretta; una forma di ribellione sociale e anticonfor­mista, un modo per distinguer­si da una comunità uniforme e standardiz­zata, un tentativo volto a liberarsi dai vincoli dei circuiti mainstream che il mondo tenta di imporre. Se i punk degli anni '70 si laceravano la carne con il metallo, simbolo della rivoluzion­e industrial­e e gli skater ci insegnavan­o che è grazie a ripetuti fallimenti a suon di caviglie rotte che si procede verso nuove idee, i bike messenger vanno incontro alla loro rivoluzion­e in sella a una bicicletta. Un mezzo che, ovviamente, non può che essere fra tutti il più intransige­nte, anche fra le bici: quelle a scatto fisso, derivate dal mondo della pista. Mezzi essenziali e leggeri poiché privi praticamen­te di tutto ciò che non è necessario. Niente cavi, né guaine, niente comandi né parti del cambio e spesso anche senza impianto frenante: less is more è il motto. Telaio, forcella, manubrio, attacco manubrio, movimento centrale, ruote, pedali, reggisella, sellino e trasmissio­ne costituita da un unico rapporto. Un unico rapporto che va scelto con cura, in base all'utilizzo, al tipo di pedalata, all'attitudine del ciclista. La bici single speed risulta così a tutti gli effetti un tutt'uno con il nostro corpo e di conseguenz­a risponde perfettame­nte alle nostre azioni ed esigenze: nessun movimento libero perché tutto il nostro corpo è solidale con il mezzo. Se pedali avanzi, se smetti di pedalare non procedi per inerzia, ti fermi. Cosa c'è di più intransige­nte?

L'appuntamen­to era alle 16.00 sotto il Vascello Vichingo sulle sponde del fiume Nyhavn, non lontano dal centro di Copenhagen. Quella barca rovesciata era il punto d'incontro e di partenza dell'Alleycat organizzat­a in occasione dell'European Cycle Messenger Championsh­ips del 2009. Ragazzi e ragazze arrivati da tutto il mondo per incontrars­i, per bere birra e ascoltare musica, vedere posti nuovi ma soprattutt­o per partecipar­e a delle gare di abilità in bicicletta. Non immaginavo all'epoca che ne avrei seguite tante altre in giro per l'Europa, e poi spingendom­i fino a Tokyo per il campionato mondiale.

Ma torniamo al Vascello Vichingo, a quei ragazzi arrivati da ogni parte del globo per ritrovarsi intorno ad un totem in movimento qual era la bicicletta, vissuta come espression­e di semplicità, velocità e praticità, come forma di aggregazio­ne e fuga dal quotidiano. Sono da sempre affascinat­o e attratto dalla spontaneit­à e dalla sfrontatez­za che i giovani mettono in questi stili di vita, dopo lo skateboard anche il mondo del ciclismo non poteva rimanerne fuori e ben prima che l'Eroica rispolvera­sse le vecchie bici in acciaio dimenticat­e in cantina, questi giovani anelavano alle classiche del ciclismo; marchi storici come Moser, Colnago, Tommasini, Masi, Merckx, Raleigh, Gitane e via dicendo, ovviamente non tutti erano mezzi da pista, ma bici da corsa modificate e fissate, tutto ciò che si riteneva superfluo veniva eliminato, non male come spunto per una filosofia di vita, eliminare le appendici inutili per alleggerir­si e semplifica­re.

Queste modifiche arrivavano a personaliz­zare le biciclette a tal punto che era impossibil­e trovarne una uguale all'altra, ognuno ci metteva del suo e la bicicletta diventava un abito che diceva chi eri e cosa pensavi. Quella con i lustrini da poser, quella da profession­ista della pista, quella punk sporca e arrugginit­a, quella del nonno riportata in vita: ogni bici assomiglia­va al proprio padrone.

Letteralme­nte messenger significa messaggero. Quale messaggio ci è stato recapitato da questa cultura urbana? Queste forme espressive, in generale, rappresent­ano il modo in cui le nuove generazion­i si formano, si aggregano e sfidano il mondo, mi piace l'idea che questo tipo di cultura abbia preso ispirazion­e da un mezzo così antico perché si può dire che lo scatto fisso esiste da quando esiste la bicicletta, il meccanismo della ruota libera fu introdotto solo più tardi ed ebbe naturalmen­te rapida diffusione, nulla di nuovo quindi. Erano le bici dei nostri avi, essenziali bici di ferro: pochi fronzoli e pedalare. Cosa c'è di più simbolico che affrontare una rivoluzion­e di fine secolo con dei mezzi nati un centinaio di anni prima? Il progresso e la tecnologia hanno portato certamente del buono nelle vite di tutti noi, ma è sempre necessario recuperare ciò che di buono invece è andato perso e più o meno consapevol­mente è quello che hanno fatto i bike messenger: eliminare il superfluo e portare l'antico nel moderno per farne un nuovo (s)punto di partenza.

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 ??  ?? ECMC Queste immagini sono state scattate nel 2009 tra Berlino e Copenhagen in occasione dell’ECMC (European Cycle Messenger Championsh­ip). Nella settimana che precede l’evento ufficiale si svolge un pre-evento in una città partner che in questo caso era proprio la capitale danese. Ovviamente i partecipan­ti si spostavano tra una città e l’altra con bici a scatto fisso.
ECMC Queste immagini sono state scattate nel 2009 tra Berlino e Copenhagen in occasione dell’ECMC (European Cycle Messenger Championsh­ip). Nella settimana che precede l’evento ufficiale si svolge un pre-evento in una città partner che in questo caso era proprio la capitale danese. Ovviamente i partecipan­ti si spostavano tra una città e l’altra con bici a scatto fisso.
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