Circle Line
Pedalare intorno alle grandi città, per scoprirne gli angoli più nascosti.
Spesso, parlando delle eredità storiche che ci hanno lasciato gli ultimi decenni, sottovalutiamo l'influenza delle sottoculture giovanili, caratterizzate dall'urgenza di appartenere ad una comunità ristretta; una forma di ribellione sociale e anticonformista, un modo per distinguersi da una comunità uniforme e standardizzata, un tentativo volto a liberarsi dai vincoli dei circuiti mainstream che il mondo tenta di imporre. Se i punk degli anni '70 si laceravano la carne con il metallo, simbolo della rivoluzione industriale e gli skater ci insegnavano che è grazie a ripetuti fallimenti a suon di caviglie rotte che si procede verso nuove idee, i bike messenger vanno incontro alla loro rivoluzione in sella a una bicicletta. Un mezzo che, ovviamente, non può che essere fra tutti il più intransigente, anche fra le bici: quelle a scatto fisso, derivate dal mondo della pista. Mezzi essenziali e leggeri poiché privi praticamente di tutto ciò che non è necessario. Niente cavi, né guaine, niente comandi né parti del cambio e spesso anche senza impianto frenante: less is more è il motto. Telaio, forcella, manubrio, attacco manubrio, movimento centrale, ruote, pedali, reggisella, sellino e trasmissione costituita da un unico rapporto. Un unico rapporto che va scelto con cura, in base all'utilizzo, al tipo di pedalata, all'attitudine del ciclista. La bici single speed risulta così a tutti gli effetti un tutt'uno con il nostro corpo e di conseguenza risponde perfettamente alle nostre azioni ed esigenze: nessun movimento libero perché tutto il nostro corpo è solidale con il mezzo. Se pedali avanzi, se smetti di pedalare non procedi per inerzia, ti fermi. Cosa c'è di più intransigente?
L'appuntamento era alle 16.00 sotto il Vascello Vichingo sulle sponde del fiume Nyhavn, non lontano dal centro di Copenhagen. Quella barca rovesciata era il punto d'incontro e di partenza dell'Alleycat organizzata in occasione dell'European Cycle Messenger Championships del 2009. Ragazzi e ragazze arrivati da tutto il mondo per incontrarsi, per bere birra e ascoltare musica, vedere posti nuovi ma soprattutto per partecipare a delle gare di abilità in bicicletta. Non immaginavo all'epoca che ne avrei seguite tante altre in giro per l'Europa, e poi spingendomi fino a Tokyo per il campionato mondiale.
Ma torniamo al Vascello Vichingo, a quei ragazzi arrivati da ogni parte del globo per ritrovarsi intorno ad un totem in movimento qual era la bicicletta, vissuta come espressione di semplicità, velocità e praticità, come forma di aggregazione e fuga dal quotidiano. Sono da sempre affascinato e attratto dalla spontaneità e dalla sfrontatezza che i giovani mettono in questi stili di vita, dopo lo skateboard anche il mondo del ciclismo non poteva rimanerne fuori e ben prima che l'Eroica rispolverasse le vecchie bici in acciaio dimenticate in cantina, questi giovani anelavano alle classiche del ciclismo; marchi storici come Moser, Colnago, Tommasini, Masi, Merckx, Raleigh, Gitane e via dicendo, ovviamente non tutti erano mezzi da pista, ma bici da corsa modificate e fissate, tutto ciò che si riteneva superfluo veniva eliminato, non male come spunto per una filosofia di vita, eliminare le appendici inutili per alleggerirsi e semplificare.
Queste modifiche arrivavano a personalizzare le biciclette a tal punto che era impossibile trovarne una uguale all'altra, ognuno ci metteva del suo e la bicicletta diventava un abito che diceva chi eri e cosa pensavi. Quella con i lustrini da poser, quella da professionista della pista, quella punk sporca e arrugginita, quella del nonno riportata in vita: ogni bici assomigliava al proprio padrone.
Letteralmente messenger significa messaggero. Quale messaggio ci è stato recapitato da questa cultura urbana? Queste forme espressive, in generale, rappresentano il modo in cui le nuove generazioni si formano, si aggregano e sfidano il mondo, mi piace l'idea che questo tipo di cultura abbia preso ispirazione da un mezzo così antico perché si può dire che lo scatto fisso esiste da quando esiste la bicicletta, il meccanismo della ruota libera fu introdotto solo più tardi ed ebbe naturalmente rapida diffusione, nulla di nuovo quindi. Erano le bici dei nostri avi, essenziali bici di ferro: pochi fronzoli e pedalare. Cosa c'è di più simbolico che affrontare una rivoluzione di fine secolo con dei mezzi nati un centinaio di anni prima? Il progresso e la tecnologia hanno portato certamente del buono nelle vite di tutti noi, ma è sempre necessario recuperare ciò che di buono invece è andato perso e più o meno consapevolmente è quello che hanno fatto i bike messenger: eliminare il superfluo e portare l'antico nel moderno per farne un nuovo (s)punto di partenza.