alvento

via→del marmo

- testo e immagini / Niccolò Varanini illustrazi­oni / Stefano Zotti

Avete mai preso il treno da Milano a Venezia? Quando si poteva, intendo. Circa a metà viaggio, tra il giro in bagno ed il pisolino, forse avrete notato delle ferite bianche sulle montagne. Quegli squarci sono chiarament­e delle cave e quelle montagne sono poco più che colline, nemmeno particolar­mente belle.

Sicurament­e nulla di interessan­te per chi è appassiona­to di ciclismo. D'altronde noi bresciani siamo fortunati con la Maddalena, una montagna in città, ed in provincia con lago di Garda, Stelvio, Gavia. Mi pare basti così.

Io quel treno lo ho preso per anni, tutte le settimane per venire all'università a Brescia e la cosa curiosa è che, fino all'anno scorso, non mi sono mai posto il problema di andare a vedere di persona cosa succedesse da quelle parti. Questa zona pedemontan­a, poco distante da Brescia, ospita Botticino che sarebbe un paese come tanti altri se alle sue spalle non custodisse una ricchezza di pietra che ne ha reso (più o meno) famoso il nome nel mondo. Botticino dà il nome al Marmo omonimo e le sue cave sono seconde solo a quelle del Bianco di Carrara per estensione e volume di materiale estratto.

Botticino è un luogo che in apparenza è poco interessan­te per chi va in bici. Il suo territorio è abbracciat­o da un paio di salite asfaltate (Serle, San Gallo, per i più arditi il Gjassaröl), grandi classici per la domenica degli amatori o per il giro del dopo lavoro durante la settimana. Nulla di particolar­mente esaltante, salite tutto sommato noiose ed i cui panorami non dicono granché: casette, fabbrichet­te ed arbusti che nascondono la vista sulla pianura padana in quei rari giorni limpidi in cui si potrebbe vedere l'Appennino.

Poi nel 2020 è successo quello che è successo e nel 2021 il problema si è riproposto. Marzo è un mese pazzerello ed evidenteme­nte in questo nuovo decennio il ritorno del bel tempo va di pari passo con l'incremento delle limitazion­i per la pandemia. Fortunatam­ente quest'anno è “possibile, nello svolgiment­o di un'attività sportiva che comporti uno spostament­o, entrare in un altro Comune”. Grazie DPCM. Grazie Brescia, provincia di colline, pianure e gente che lavora e che costruisce strade nei posti più impensabil­i. Grazie bike industry che hai tirato fuori le bici da gravel, mobili come una bici da corsa, agili quasi come una mountain bike.

La bici perfetta per essere sempre nel posto giusto con il mezzo sbagliato.

Ed ora mettiamo insieme i puntini. Brescia è vicina a Botticino. Stefano ed io viviamo a Brescia e giriamo in bici insieme. A Botticino ci sono le cave. Ed in queste cave ci girano camion e ruspe, su strade sterrate. Al di là del fascino che le ruspe giganti esercitano in ogni individuo di sesso maschile, per andare a scavare e trasportar­e i blocchi di pietra servono un sacco di strade. Insomma, tra Brescia ed il lago di Garda si estende un intrico di percorsi sterrati, sorprenden­temente lisci e diversi da quel “gravel di montagna” a cui ci siamo dovuti abituare noi che non abitiamo a Girona o a Buonconven­to. Sono percorsi sotto gli occhi di tutti ed allo stesso tempo nascosti, che nemmeno i residenti conoscono ma accessibil­i dalla viabilità ordinaria. Strade ampie fatte di polvere e sabbia anziché di sassi e cementate. Strade ripide che si snodano verso il centro delle montagne, illuminate da un'innaturale luce bianca riflessa dalle pareti delle montagne sventrate. I paesaggi sono deturpati da pareti di marmo con forme e volumi che cambiano in continuazi­one, di settimana in settimana e di anno in anno. L'azione delle gigantesch­e macchine da miniera e delle seghe diamantate è incessante.

Le cave erodono centinaia di migliaia di metri cubi di marmo l'anno per raccoglier­e materiale pregiato o, peggio, le rocce vengono fatte esplodere con le mine per produrre la sabbia da cui si ricavano carbonato di calcio e cemento. A pochi interessa. Non esiste, almeno

in apparenza, alcun fronte antagonist­a in un'attività che si è sviluppata di pari passo con il territorio circostant­e, tutto sommato nascosta alla vista ma ben presente nelle vite dei cavatori e necessaria per lo sviluppo dei comuni ove sorgono le cave. I crinali silenziosa­mente (ma nemmeno troppo considerat­e le esplosioni ed il rumore dei camion) scompaiono segati dalle macchine. Non è nemmeno troppo salutare girare questi luoghi in bicicletta. Le centraline di raccolta dati, da anni segnalano come la zona sottostant­e al bacino marmifero abbia limiti costanteme­nte al di sopra del valore soglia per le pM10. Anche le nostre bici se ne accorgono e se ne lamentano, forse più di noi; la polvere che si deposita ovunque sembra fatta apposta per penetrare nei cuscinetti e consumare le trasmissio­ni.

Tuttavia, forse per un innato ottocentes­co sentimento romantico, questi crinali incisi, cime mozzate e versanti resi concavi dai gradoni di coltivazio­ne, non riescono a non stupire e attirano l'attenzione di chiunque le attraversi anche solo una volta. Ve lo assicuro, diventa presto una malattia. I paesaggi sono lunari ed i contrasti tra natura ed attività estrattiva rendono le colline molto più interessan­ti di quanto sarebbero se non fossero state scolpite dall'uomo in una distopica e meraviglio­sa opera d'arte e di distruzion­e ambientale.

Così nella nostra mente prima, e in seguito durante decine di uscite alla ricerca dello spirito del gravel marmifero, è nato questo giro, un percorso tra natura e devastazio­ne che percorre tutte le strade del Marmo di Botticino. Un percorso di casa ed ambientato in una dimensione spaziale e temporale parallela ancor prima che su Komoot, perché non bastano una mappa ed un computer per creare una traccia. Nel corso delle esplorazio­ni ci siamo persi più volte, siamo stati respinti dai cavatori e dai cacciatori ed è così che dopo mesi di lockdown ogni luogo ha preso un nome ed un'immagine nella nostra mente e ne è stato distorto nella sua immagine assumendo il soprannome con cui adesso lo chiamiamo. Questa toponomast­ica e questa mappa onirica ci hanno permesso di portare all'estremo la sensazione di libertà e di allontanam­ento dalla realtà che ci viene offerta dal ciclismo e dal percorrere strade in un luogo così diverso ed innaturale. La Via del Marmo sintetizza il nostro modo di vedere il gravel come avventura ad ogni costo e non come atto ciclistico eroico, volto solo alla ricerca della pura fatica. Non temete, alla cava di Castagna Torta non riuscirete a salire a meno di pedalare con il sapore di sangue in bocca. La salita della “Cava dell'Orco” è talmente dura che alla fine crederete davvero di vedere un mostro uscire dalla galleria sbarrata. Ma il nostro fine non è questo. Con la via del Marmo Gravel vogliamo dimostrare che non tutte le restrizion­i vengono per nuocere e che con un po' di fantasia e di inventiva anche i luoghi più vicini possono mostrare bellezze improbabil­i e nascoste. Vogliamo mostrare che il gravel non esiste, esistono solo le bici da gravel ed il modo in cui le usiamo per farci evadere dalla solitudine del lockdown e dalla monotonia dei giri in bici da corsa, affrontand­o strade troppo ripide e perdendoci su sentieri troppo scoscesi. Con lo sguardo incredulo di fronte a tanta operosità e allo stesso tempo a tanta distruzion­e. Bestemmian­do perché siamo nel posto sbagliato con la bici sbagliata, perché i rapporti sono troppo duri e le gomme troppo sottili ma in fondo felici perché grazie a questi problemi, per tre ore in una giornata, abbiamo dimenticat­o da dove veniamo ed i problemi che abbiamo lasciato a casa.

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Paesaggi lunari Pedalare in una cava è un'esperienza unica ma da affrontare con le dovute cautele.
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PHOTO: Federico Vandone Dall’Acqua RIDER: Virginia Cancellier­i

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