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Scalando il Fauniera di notte

All’alba, delle 06.36 del 20 agosto, manca poco. C’è chi sale verso la statua dedicata a Marco Pantani e dice solo «Vado a salutare Marco».

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Sì, perché, a Cuneo e dintorni, andare al Fauniera è andare a salutare Marco; c’è chi scende al rifugio, dove sono pronte cento colazioni: c’è anche un signore di circa settant’anni, su una bicicletta Cucchietti del 1983, gialla e blu, che percorre le ultime rampe. In vetta arriverà mentre già albeggia: se gli altri hanno aspettato l’alba, lui vi è entrato, come fosse una casa.

Si chiama Night Experience Ride: chi la sceglie scopre la notte, in bicicletta. La prima volta, qualche tempo fa, a Sant’Anna di Vinadio; l’ultima, al Colle Fauniera, in una notte d’estate zeppa di stelle. Duemila metri di dislivello in diciotto chilometri, partendo da Valgrana, alle tre. La scelta di pedalare di notte, all’inizio, era un’esigenza, alla fine è diventata un’esplorazio­ne. Il buio nasconde la pendenza, non si hanno distrazion­i, non si hanno riferiment­i, si potenziano i sensi.

Uno dei primi paesi che si incontrano è Castelmagn­o: ci sono case, viuzze e il Santuario. Ci si ferma lì qualche istante, sul sagrato, si spengono le luci. Si alzano gli occhi al cielo a vedere le stelle. I più attenti ne scorgono una cadente. Continuand­o a salire, le narici riconoscon­o chiarament­e il profumo dell’omonimo formaggio e, poi, l’odore delle stalle. «Ma sai che non pensavo che le mucche ci fossero anche di notte?», chiedono. «Certo, credevi le portassero a casa?», rispondono. Rintoccano le campane dei quattro campanili presenti sul Fauniera: sì, suonano anche di notte. Nel buio, interrotto solo dalle parole, Lele, l’organizzat­ore, racconta, finché Giulia lo ferma: «Zitto un attimo, voglio ascoltare il silenzio». E lui pensa abbia ragione. Miriam è da quelle parti e mentre Lele accelera prova a seguirlo: «Lascialo andare, sta qui – la ferma il suo ragazzo – piano, dobbiamo salire piano». Lele Luciano ascolta e questa volta è sicuro che abbiano ragione: «Dai retta a Marco, goditela».

Sono sempre le stesse novanta biciclette, gli stessi ciclisti che si sono incontrati, si sono subito chiamati per nome e, pedalata dopo pedalata, scalano il Fauniera. «Gloria, Gloria»: cantano da un paravalang­he e la voce rimbomba. Chissà se le marmotte si sono svegliate per questo, chissà se alle quattro del mattino sono sempre così sveglie. Di certo, mentre si sale qualcuno le imita: una è più rumorosa delle altre. «Scemo, sono io, non è una marmotta», svela uno dei ciclisti, gridandolo da sopra. Per qualcuno è la prima volta su questa salita, per tutti, anche per chi l’ha già fatta decine di volte, è diverso dal solito: «I cuneesi la rispettano profondame­nte, ne sono quasi intimoriti. Nel buio resta il rispetto, ma pare amica, pare darti confidenza». Certo che quando si arriva al drittone della morte le gambe fanno male e l’acido lattico le inghiotte. Già, ma quando sarà? Qui si vedono appena i due metri davanti alla ruota. Ecco una stalla, con delle bufale: il drittone è circa cento metri dopo. Sono i sensi che si acutizzano: ci si aggrappa a ogni percezione. Ci si orienta così e attraverso le deduzioni. «Ci sono le pecore, buon segno. Vuol dire che non ci sono lupi».

Il raduno al ritrovo è alle sei e un quarto: si mangia, ma se ne potrebbe fare a meno, tanto si è contenti e in attesa. Attorno pietre e vegetazion­e. Fa freddo. Il primo raggio di sole arriva: è l’alba. Tutti fuori. Quanto scalda quel raggio? Pare impossibil­e, eppure novanta persone sono in silenzio: ora non parla più nessuno. Qualcuno stringe fra le mani una tazza con del caffè bollente, altri stanno a braccia conserte, scattano una foto. A casa, una bambina chiederà al padre di quell’alba: «Com’era? Sei arrivato primo?». A casa, dopo molte ore... perché si resta lassù e, una volta tanto, non si vorrebbe essere da nessun’altra parte. Si sta bene. E Night Experience Ride desidera solo questo. Buona giornata dal Fauniera.

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