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in questo quartiere un po’ sciatto ma dal vibrante melting pot etnico, fitto di minimarket, tavole calde, parrucchieri somali e pakistani, kebab iracheni e moschee, che sono sorti i nuovi spazi dedicati all’arte contemporanea. Come la One Night Only, che ogni luned“organizza una mostra pop up di 24 ore aperta fino all’una di notte. La pi• quotata • la Standard, con il 75 per cento delle opere esposte vendute all’estero. In zona, al numero due di Oslogate, c’• la No Place, gestita da cinque artisti: ÇEsci di casa e non • pi• insolito incontrare un paio di curatori che, davanti a un bicchiere di vino, discutono di Biennali, di talenti emergenti o della prossima collaborazione con la Tate LiverpoolÈ, dice Kristian Skylstad, 31 anni, uno dei fondatori della galleria. ÇA facilitare le cose • anche la dimensione della cittˆ, meno di 600mila abitanti, non ci metti niente a creare un network. Basta pensare che ogni due mesi, un po’
Si punta a fare di Oslo molto più che una breve sosta nel circuito internazionale dell’arte. Per i creativi che vivono nel Paese ci sono borse di studio di 50mila euro l’anno, i cosiddetti “statens kunstnerstipend”
come nelle riunioni di condominio, galleristi, direttori di musei e artisti si incontrano per parlare di nuovi progetti e iniziativeÈ, dice Skylstad. Nuovo landmark vicino a Gr¿nland • l’avveniristico Barcode, davanti alla Opera House. Firmato dagli architetti della MVRDV, allievi di Rem Koolhaas tra i pi• provocatori del modernismo olandese, • un insieme di grattacieli a piani sfalsati che da lontano evoca il pixel. Si dovrˆ invece attendere il 2018 per entrare nei 54mila metri quadrati del nuovo National Museum of Art, in zona Aker Brygge, oppure nel Munch Museum che rimpiazzerˆ quello attuale a T¿yengata, progetto affidato agli architetti spagnoli Herreros. Da queste parti, la febbre dell’arte ha contagiato perfino il re del noir norvegese Jo Nesb¿: ne Il cacciatore di teste (Einaudi) uscito nel 2013, le indagini dell’ispettore Harry Hole sono state sostituite da facoltosi collezionisti di Rubens, furti di quadri e attraenti galleriste che scelgono Damien come nome per il nascituro. Proprio come Damien Hirst.