Amica

E

- Zhu chongyun

Domanda: per˜ l’universitˆ l’ha finita? Lampo di stupore verso un’ipotesi tanto assurda da essere rubricata nella categoria dell’impossibil­e: ÇCerto! Ero molto brava. Dopo la laurea, a 23 anni, mi avevano offerto di insegnare all’universitˆ. Ho detto no. La mia • una famiglia d’insegnanti, da sempre. Anche quando non era di moda continuare gli studi, a casa nostra, per me e mio fratello, che ora • architetto, era scontato. La scuola • un universo semplice. Sarei rimasta protetta tra mura confortevo­li, e non avrei rischiato nulla: ma chissˆ quanto avrei perso, avrei perso il mondo. Cos“, ho fatto l’ingegnere. Per quattro anni durante il giorno lavoravo alla progettazi­one d’impianti tecnologic­i, e la sera, a casa, tagliavo e cucivo: ho realizzato pi• di cento gonne…È.

ssere ingegnere e occuparsi di vestiti non sembra una congiunzio­ne cos“lampante. ÇE invece c’entra: che sia un palazzo, un’azienda o un abito, occorre un progetto. Se hai senso estetico puoi ideare una cosa bella, ma per realizzarl­a fai diventare realtˆ ci˜ che esiste solo nella tua immaginazi­one. Devi capire i dettagli, impadronir­ti della tecnica, avere un metodo: essere un po’ ingegnere. E le donne in questo sono bravissime­È. La dichiarazi­one non • tanto un omaggio ovvio al proprio genere d’appartenen­za. Nella sua azienda, anche al vertice, le donne sono il 90 per cento: ÇFacciamo molta formazione, ci sono regole da apprendere. Una su tutte: alle clienti non bisogna mentire. Se un vestito sta male a chi lo prova occorre cercare le parole giuste per indirizzar­e gentilment­e verso un’alternativ­a. Una signora che indossa un capo magnifico ma non adatto • una cattiva pubblicitˆ per l’azienda. Non bisogna vendere a ogni costoÈ. Qui in Occidente si discute molto di quote rosa, di fatica a scalare la parete scivolosa della carriera. ÇNelle grandi cittˆ, da Mao in poi, le donne hanno sempre lavorato, e magari fatto carriera, in apparenza non ci doveva essere differenza. La realtˆ naturalmen­te era un po’ diversa, ma il lavoro femminile • una realtˆ tanto acquisita che oggi, soprattutt­o nella classe media di Shanghai e Pechino, c’• un movimento contrario: se il marito guadagna diventa uno status symbol tenere la moglie a casa. Un grande errore: per noi il lavoro non • solo una faccenda di soldi, ma di passione, d’interessi esterni alla famiglia per non lasciarsen­e schiacciar­e. Anche se pu˜ essere difficile conciliare tuttoÈ. Eppure, a differenza delle madri occidental­i piegate da un’onnipresen­te zavorra di dubbi, Zhu ha un pensiero cristallin­o sui sensi di colpa verso i figli: ÇMai avuti. Sono sempre stata orgogliosa di essere un modello per le mie ragazze: dopotutto ho creato un’impresaÈ. Anche con l’invidiabil­e marito, il finanziere Yao Yanhua, otto anni pi• di lei, non ci sono state frizioni. ÇMi ha sempre appoggiato moltissimo. L’avevo intravisto quando lavoravamo entrambi in una grande azienda. Io ero appena arrivata, lui era uno dei miei capi. Eravamo a livelli troppo diversi per fare conoscenza. Soprattutt­o nei gruppi statali la gerarchia • molto rigida. L’ho rivisto tre anni dopo, quando mi ero giˆ messa in proprio. E ci siamo innamorati­È. Come corteggian­o i maschi della Cina? ÇBe’, non come quelli italiani! Diciamo che sono pi•… contenutiÈ. E alle cinesi va bene? ÇSono abituate cos“. E poi, se all’improvviso uno dei nostri si comportass­e come un italiano, sarebbe difficile sopravvive­re allo sconcerto. Forse allo spaventoÈ.

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a Milano la prima collezione frmata da
Zhu ChongYun, che si occupa anche
della direzione creativa di Krizia.
Debutterà a febbraio a Milano la prima collezione frmata da Zhu ChongYun, che si occupa anche della direzione creativa di Krizia.

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