BULLE E STRAPPONE CI ROVINANO LA PIAZZA
Al netto del cibo e di alcuni paesaggi - urbani e rurali - ancora in piedi, l’Italia non è un gran posto per una donna che vuol vivere la sua vita. È una specie di terra di mezzo, tra i Paesi in cui bisogna indossare il velo e quelli dove diventi premier e non velina (anche del premier). È colpa della nostra cultura misogina, si sa, che porta a tenere le femmine fuori dai processi decisionali e a cooptarle se e quando sono riconducibili al tipo femminile preferito dai maschi suddetti (succede, inutile negarlo, a volte se ne è beneficiato, comunque succede). È colpa pure di alcuni comportamenti delle donne. Acquisiti, sentiti come obbligatori, prodotto di condizionamenti culturali, per carità. Ma che rovinano la piazza a tutte. Per le italiane-cliché che paralizzano il dinamismo femminile e non solo del Paese ci vorrebbe un decreto Sblocca Italia. Nel frattempo, vale la pena individuarle. Ci sono, per dire:
LA BULLA DI MEZZA ETÀ - Apparentemente cordiale, si riconosce dal mantra “mio marito/mio marito” che ripete a intervalli regolari. È il suo preambolo autolegittimante per bullizzare in modo passivo-aggressivo chi - femmina - ha altri stili di vita. Che la infastidiscono, ovvero le fanno porre delle domande. Bullizzano in società, bullizzano in ufficio; anche le donne presenti spesso danno la colpa alla bullizzata, se si offende. Alle battute della sciuretta coniugatissima (il cui marito per disperazione va a trans; si ipotizza; si spera) che tormenta quella già tormentata causa storia con uno sposato. Alla finta pena dell’accoppiata organizzatrice di cene (forse, nonostante un ampio terrazzo da curare, si annoia) che dice alla singola: “Poverina, telefonaci e vieni a cena da noi, così non sei sola”, calcando sul “sola”. Ai messaggi subdoli che la madama carrierista in difficoltà manda a una più importante che coltiva con discrezione (altrove in Occidente sarebbe discrezione eccessiva) una storia con una donna; perché chissà, affinché non si sappia nel suo ambiente di lavoro codino, potrebbe farle qualche favore. Le bulle esistono e prosperano, non c’è modo di rottamarle, pare.
LA CUOCA MANIACALE - È spesso simpatica. Spesso si preferirebbe venire bullizzate dalla bulla piuttosto che ascoltare lei. Perché il suo mantra è: “Ieri sera ho cucinato...” e quel che segue non è mai breve. Non si può neanche rivendicare o fingere di conoscere la ricetta. Lei ha sempre un ingrediente originale e decisivo, la finocchiella selvatica, il lemon grass, qualche spezia esotica che chi confonde cumino e coriandolo non vuol ricordare. Spesso si mette il pilota automatico e si pensa ad altro, ma il danno è fatto.
LA NEOMAMMA D’ITALIA - Danno relativo. Infinitamente meno grave di quelli provocati da svariate mamme italiane. Quelle uscite da decenni di liberazione sessuale e richieste di pari opportunità e di femminismo sostanzialmente uguali a prima. Che servono i figli, stanno in ansia per le figlie, complessivamente cercano di occuparsi di tutto deresponsabilizzando la prole e producendo bamboccioni. Simili ai loro mariti, peraltro.
LA STRAPPONA - Nemiche delle ipermamme, le strappone erano perciò, un tempo, simpatiche. Dopo anni in cui la strapponaggine si è affermata come elemento basilare di tanti curricula lavorativi anche importanti, sono diventate meno allegre, più guardinghe, sempre meno solidali. Peccato. Eravamo un paese di grandi strappone incomprese. Lo ridiventeremo.
LA POSTCARRIERISTA - Si spera. Perché, anche nel mondo del lavoro o quello che ne rimane, la strappona a tutto campo sta venendo sostituita dalla prima della classe del tipo compiacente coi prof nonché spiona. Scelta tra altre - più brillanti, troppo assertive, magari - per la sua secchionaggine e per la sua bontà. Non dissente, obbedisce, è più realista del re o della regina. È ordinata e segretamente malfidata. Ma non è cattiva, si è dovuta disegnare così, altrimenti quell’impiego non glielo davano (tende a non allearsi con la strappona; se lo facesse, avremmo qualche brandello di Paese migliore; si spera).