3 Chiesa di San Paolo Apostolo
dall’incrocio dei due elementi, la centralità e la bellezza, che sboccia quello che il grande architetto francese, autore della mirabile chiesa di Ronchamp, Le Corbusier definiva in modo folgorante “lo spazio indicibile”, lo spazio autenticamente santo e spirituale, sacro e mistico. Certo, questi due assi portanti trascinano con sé tanti corollari: pensiamo alla “sordità”, all’inospitalità, alla dispersione, all’opacità di tante chiese tirate su senza badare alla voce e al silenzio, alla liturgia e all’assemblea, alla visione e all’ascolto. Chiese nelle quali ci si trova sperduti come in una sala per congressi, distratti come in un palazzetto dello sport, schiacciati come in un’arena, abbrutiti come in una casa pretenziosa e volgare. Nel dialogo tra arte e fede in questi ultimi tempi si è purtroppo consumato una sorta di divorzio. Da un lato, in ambito ecclesiale si è spesso ricorsi al ricalco di moduli, di stili e di generi di epoche precedenti, oppure ci si è orientati all’adozione del più semplice artigianato o, peggio, ci si è adattati alla bruttezza che imperversa nei nuovi quartieri urbani e nell’edilizia aggressiva innalzando edifici sacri simili, come sarcasticamente diceva padre David Maria Turoldo, a garage sacrali ove è parcheggiato Dio e vengono allineati i fedeli. D’altro lato, però, anche l’arte ha imboccato le vie della città secolare, archiviando i templi, i temi religiosi, i simboli, le narrazioni, le figure bibliche e religiose. Ha abbandonato come pericolosa ogni proposta di un messaggio, considerandolo un capestro ideologico, si è consacrata a esercizi stilistici sempre più elaborati e provocatori, si è affidata a una critica incomprensibile ai più, e si è asservita alle mode e alle esigenze di un mercato non di rado artificioso ed eccessivo.