La musica della vita in una riscoperta importante
La vita, nient’altro che la vita. Raccontata come meglio non si potrebbe: entusiasmi, meschinità, passioni, ramificazioni familiari, piccoli segreti, ipocrisie. Una vergine sciocca è immerso tra Olanda, Belgio e Germania, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Ma al tempo stesso è universale: la Storia lo segna, ma non lo limita. C’è molta leggerezza, nonostante l’approccio drammatico della protagonista Gittel, ragazzina di famiglia ebraica, che in prima persona ci porta nel suo mondo. Ovvero quello dell’autrice Ida Simons, una babilonia in cui si parla tedesco, olandese, fiammingo e inglese, con l’aggiunta di molte parole yiddish. In comune anche la passione per il pianoforte, che la scrittrice, concertista applaudita negli Anni 30, abbandona per ragioni di salute negli Anni 50, segnata dalle esperienze nei campi di concentramento. Scopre allora - per poco tempo: muore quarantanovenne nel 1960 - la passione per la scrittura; pubblica poesie e poi questo prezioso romanzo breve riscoperto pochi anni fa. La Shoah compare con una fulminante battuta: “Nonno Harry era un ebreo antisemita, capitava, tra i suoi coetanei. Dava loro una soddisfazione relativamente innocente che alla generazione delle camere a gas non è più concessa”. Nelle vicissitudini tragiche e splendenti della piccola Gittel alle prese con problemi pratici (il padre, pessimo affarista, vive sempre sull’orlo della bancarotta) e difficoltà (specie nelle relazioni con le amiche) si alza sempre seducente la musica della vita.
Una vergine sciocca traduzione di Laura Pignatti Rizzoli, pp. 240, € 16 libro, € 5,99 e-book
Qualcosa di vero