PANZANELLA DI ASTICE
Cucinare l’astice porta sempre quel tanto di crisi esistenziale, la mia comincia quando lo compro vivo e lo riporto a casa sul sedile posteriore dell’auto, incaprettato come un sequestrato. In pescheria si improvvisano psicologi: non è una creatura con un grado di consapevolezza avanzato, provano a consolarti, non c’è davvero motivo di solidarizzare. Di certo il dolore lo sente - a proposito: non gettatelo nell’acqua bollente da vivo, una modalità inutilmente cruenta: meglio assiderarlo in freezer oppure cuocerlo nel forno a vapore a 98°C - ma non pensa alla famiglia che non rivedrà più. Il privilegio della soferenza emotiva è di altri animali, più in alto nella catena evolutiva: quando vediamo l’angoscia dei nostri cani intuiamo che è specchio della nostra. Del resto, si sa che il dolore fsico e quello emotivo sono molto più imparentati di quanto credevamo un tempo. Prendiamo mio padre, per esempio. Non alza la voce con nessuno dal 1963, come risultato è una specie di repertorio enciclopedico di malattie psicosomatiche - per fortuna il senso dell’umorismo lo assiste, dice di “curarsi con la gastrite cronica”. Ho letto di un esperimento in cui hanno preso un gruppo di persone soferenti di pene amorose, a metà hanno dato il placebo, a metà un antidolorifco generico, tipo cachet per il mal di testa. Quelli con l’antidolorifco stavano meglio, l’ex mancava di meno. Siamo anche noi creature semplici, pensateci mentre preparate questa stupenda panzanella, la ricetta è di Matteo Costa, cuoco del ristorante genovese Le Cicale in città.