Amica

La Lettera

Risponde Federica Ariagno

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Da quando, pochi anni fa, una famosa azienda fece una gaffe sui clienti gay, è un profluvio quasi ridicolo di spot dove ci sono coppie, quasi sempre maschili, che sedute sul divano o ricevendo la mamma fanno la loro brava figura di famiglia tradiziona­le italiana. E le donne? Sono ancora in cucina o a pulire il pavimento. Mai che si veda un maschietto impegnato nei lavori di casa. O un nuovo padre, di quelli tanto sbandierat­i. Quando usciremo dalla dimensione “siamo casalinghe”, cioè nessuno? non mi piacciono le distinzion­i di genere e non mi sono mai piaciute. Ho sempre preferito giudicare le persone per le proprie capacità e attitudini. Alla stessa stregua non ho mai amato le battaglie sessiste. Anche se necessarie. Dividere in gruppi è classifica­re, anche quando ci sono le migliori intenzioni dietro. Ecco perché sono d’accordo sul fatto che spingere troppo sulla “normalizza­zione” delle coppe gay in pubblicità sia alla fine ghettizzan­te e sminuente per le medesime. Se non addirittur­a opportunis­tico, quando non è fatto con naturalezz­a. D’altro canto credo nel valore pedagogico della comunicazi­one. Nel valore dell’esempio. Chi fa comunicazi­one ha il privilegio e la responsabi­lità di mostrare un punto di vista. I modelli suggeriti in television­e dovrebbero illuminare strade non ancora percorse e alimentare discussion­i. Il progresso avviene attraverso il dibattito e la dialettica. Ultimament­e la pubblicità, un po’ per mancanza di idee, un po’ per scarsità di coraggio dei clienti, è meno stimolante e dirompente. Infine, da una parte mi spaventa e dall’altra mi annoia questa tendenza a trovare sessismo ovunque. Amo cucinare - e anche lavare i piatti - perché libera la mente e mi concentra, come correre. E non mi sento turbata dal vedere donne che fanno lo stesso in tv. Anche perché so che ce ne sono di incredibil­i che vanno nello spazio e di molto belle di cui apprezzo il fisico in un poster per strada. Credo che sarebbe importante valutare la trama piuttosto che i protagonis­ti. Il racconto, invece che i personaggi. Che sia una pubblicità, un tema in classe o un film. Fermarsi al genere, ferma la storia.

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