ZUPPA DI CECI E CIME Non dimenticate gli gnocchetti
Non credo nei dualismi manichei. O meglio: al mondo ci sono due categorie di persone, quelle che ci credono e quelle che, invece, non ci credono (ho fatto i biglietti da visita nuovi, c’è scritto: “compone paradossi”). La gente non è fatta in un modo oppure in un altro, siamo piuttosto sempre una cosa e anche il suo opposto, in percentuali variabili. Per questo l’equilibrio è complicato: stare fermi significa esercitare un invisibile lavorio di muscoli per non precipitare dalla palla da circo su cui roteiamo. In particolare, abbiamo un rapporto complesso con le novità: tutti siamo allo stesso tempo neofili - amiamo il nuovo - e neofobi - ne siamo terrorizzati. Abbiamo bisogno dell’energia del cambiamento per sentirci vivi, e contemporaneamente ci turba, perché richiede sforzo di adattamento. Tutto ciò chiarisce perché ci piacciano le cose che combinano l’imprevisto con il familiare: c’è un adagio classico di Hol- lywood che dice che per fare un film di successo bisogna dare al pubblico “sempre la stessa cosa… ma diversa”. Che questo ci costringa ad assistere all’invecchiamento di Harrison Ford - e di riflesso al nostro - è un’altra questione. Spiega anche la grande popolarità dei ristoranti che, a piatti tradizionali, uniscono l’apertura inattesa, il colpo d’ala d’autore: tra i miei preferiti di questa tendenza c’è lo splendido bistrot Spazio Milano, vista guglie del Duomo, da cui viene la deliziosa ricetta di queste pagine. Ai fornelli, i giovani cuochi della scuola di cucina Niko Romito Formazione di Castel di Sangro (L’Aquila).