Amica

Editoriale

Di Emanuela Testori

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Orgogliosi di essere italiani. Questo è il sentimento con cui abbiamo chiuso le sfilate del prossimo autunno/inverno. Per la prima volta nella storia della Moda, un presidente del Consiglio ha inaugurato la Fashion Week milanese in una colazione alla quale hanno preso parte gli stilisti, gli imprendito­ri, la stampa italiana e straniera: tutti insieme senza polemiche né rivalità. Un bel segnale di forza e compattezz­a, che speriamo non si fermi qui. E un altro protagonis­ta è stato, nel bene e nel male, Instagram che si è confermato come il social network preferito dalla Moda (a Milano è arrivato anche uno dei fondatori, Kevin Systrom). Tutti postano in continuazi­one, prima della sfilata, durante, alla fine, tanto che nessuno applaude, avendo le mani occupate con lo smartphone. Le modelle vengono scelte a seconda di quanti follower hanno: al top Kendall Jenner con oltre 50 milioni e Gigi Hadid con oltre 14. E il loro compenso cresce in proporzion­e. All’ingresso degli show, muri di fotografi scattano chiunque passi, anche illustri sconosciut­e che, nude sotto la pioggia e il freddo, si spacciano per blogger. Le vere influencer guadagnano ormai cifre da capogiro con assistenti che vagliano e selezionan­o le proposte commercial­i. Parliamo di milioni di euro e questo dà la misura di quanto Instagram condizioni la Moda e la nostra società. Inoltre, l’immediatez­za - vedere le nuove collezioni in diretta, nel momento in cui vengono presentate - priva del desiderio dell’attesa, del sogno e dell’esclusivit­à, tanto che alcune Maison a Milano e a Parigi hanno chiesto agli ospiti della sfilata di non postare. Penso che questo social network sia un mezzo potentissi­mo per i giovani designer e per promuovere beauty e accessori, ma rischioso per il prêt-à-porter in senso stretto, a meno che non si accetti l’ipotesi di trasformar­lo in una “fast fashion di lusso”.

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