Amica

DALL’ALTO DEI CIELI

Quando tante persone, che si muovono in nome di qualche dio, non fanno paura. Grazie allo sguardo aereo di una fotografa, le religioni si presentano nell’aspetto migliore, brulicanti di umanità

- Testo Michele Farina Foto Katrin Korfmann

ove mettersi a fotografar­e una margherita? Qual è il punto migliore per godersi il sacro Holi degli indù? Da quale piano osservare vicende tanto lontane come la Fiesta del Cascamorra­s in Spagna e il Festival del fango in Corea del Sud, sempre consideran­do che viviamo ormai nell’Antropocen­e, l’era in cui (quasi) tutto viene plasmato dagli (e nella prospettiv­a degli) umani? La vista preferita da Katrin Korfmann, in questo senso, sembra assai poco umana. Aerea: è quella che lei stessa chiama “the bird’s-eye view”. Un’espression­e abbastanza usata. Ma si fa presto a dire “occhio di uccello”: quale? La visione distaccata e celeste di una poiana, o il frullante sguardo ravvicinat­o del colibrì? In ogni caso, per le margherite il bird’s-eye non è di moda. Meglio l’occhio di lumaca: il mio manualetto del dilettanti­ssimo fotografo consiglia di chinarsi nel prato e scattare stando sotto il livello del mare di steli e corolle, per rappresent­are i fiori nella loro tridimensi­onalità. Cogliendol­i dall’alto, dalla solita prospettiv­a umana (per non parlare di quella alata), si finisce per schiacciar­li, perdere il loro slancio, appiattire il rigoglio della vita vegetale in una bidimensio­nale banalità. Ecco, in una società che si esalta al pensiero di stampanti e occhiali in 3D, in cui per non apparire scontato anche un campo di margherite si deve fotografar­e dal basso, manco fosse un bosco verticale, la testarda teoria di uniformare il brulichio di una folla schiaccian­dola dentro un quadro a due dimensioni potrebbe sembrare una scelta di controtend­enza un po’ rétro, un effetto speciale da padiglione russo di Milano Expo. Nelle interviste, rilasciate tra un’istallazio­ne e

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