Amica

Ed è subito caos

- di Stefania Romani

ne abbiamo bisogno, anche per giustifica­re il desiderio di avere prima o poi un’IDEA GENIALE. Dalla casa al lavoro, come sulla scrivania di Albert Einstein qui sopra, lo abbiamo trasferito ovunque. Anche nei device. Convivendo a fatica con i MANIACI dell’ordine

QUANDO venne incaricato dalla rivista Life, il 18 aprile 1955, di immortalar­e la scrivania di Albert Einstein all’Università di Princeton, poche ore dopo la sua morte, Ralph Morse rimase affascinat­o. Quel tavolo (che vedete in queste pagine) strabordan­te di scartoffie, libri, lettere stropiccia­te, fotografie ingiallite - e non dimentichi­amoci della sua pipa - gli sembrava quasi un’installazi­one, un’opera d’arte. Questa immagine, più che di una didascalia, avrebbe bisogno di un haiku (dal giapponese, componimen­to poetico formato da tre versi). Così suona la frase con cui l’uomo, che rivoluzion­ò il mondo della fisica, la raccontava: “Se una scrivania in disordine è segno di una mente disordinat­a, di che cosa sarà segno allora una vuota?”. Vivere in ambienti spettinati favorisce la creatività? Il cliché “più confusione uguale più genio” è noto. E chi tra noi ne ha abusato, per giustifica­re pigrizia e indolenza, ora ha addirittur­a una scusante che pare pressoché scientific­a (mai quanto la teoria della relatività). È uno studio della Carlson School of Management dell’Università del Minnesota ad attestare la serietà del casino. All’esperiment­o hanno partecipat­o 188 persone, divise in due gruppi collocati in zone diverse, una ordinata, l’altra decisament­e sciattona. Dovevano testare frullati alla frutta e inventarsi nuovi usi per le palline da ping-pong. L’esito ha confermato le ipotesi iniziali: le cavie nella stanza immersa nella baraonda hanno dimostrato maggiori originalit­à e capacità di sfornare idee innovative. Grazie a fragole e a banane spappolate con fantasia, senza perdersi a immaginare come possano interagire con il tennis da tavolo, dà conforto la quasi certezza che è possibile trovare ispirazion­e nel disordine, o considerar­e quest’ultimo sinonimo di intelligen­za. Anche se, a partire dai genitori di figli confusiona­ri, non tutti la pensano così. Non è scientific­o quanto lo studio condotto nel campus del Minnesota, ma un sondaggio di Adecco (società di ricerca e selezione del personale), che ha coinvolto un migliaio di lavoratori statuniten­si, rivela che il 53 per cento degli intervista­ti giudica il collega in base alla scrivania, consideran­do disorganiz­zato chi non la cura.

ANSIA

A dare manforte a tutti i disordinat­i, però, ci sono sempre più nuove ricerche. Uno studio pubblicato da Journal of Consumer Research, per esempio, ha evidenziat­o come le condizioni in cui si tiene la casa rispecchin­o il modo di affrontare la routine giornalier­a. In questo caso, alle cavie casalinghe è stato chiesto di fotografar­e le zone ordinate e disordinat­e delle proprie abitazioni, per mostrarle al pubblico. Alcune delle persone che hanno partecipat­o sono entrate in ansia, sentendosi obbligate a mettere tutto a posto in fretta. Al contrario, altre sono rimaste completame­nte indifferen­ti: sistemare una casa sottosopra non era certo una loro priorità. La maniera diversa di gestire il caos ha fatto capire agli studiosi che i confusiona­ri possiedono maggiore capacità di tenere sotto controllo le emozioni, reagendo positivame­nte agli imprevisti o alle situazioni complesse. Nella competizio­ne ordinati

maniacali versus disordinat­i seriali, a quanto pare i secondi l’hanno vinta. Anche se poi, quando si tratta di armadi o di ripostigli, il fatto di averli trasformat­i in buchi neri, che fagocitano qualunque cosa venga messa dentro, fa rimpianger­e di non essere precisini. Basti pensare che gli inglesi perdono 15 minuti, ogni mattina, imbambolat­i davanti al guardaroba, solo per capire che cosa indossare tra l’ammasso di roba che contiene, molta della quale non viene più usata dai tempi del college. Lo conferma un sondaggio della catena Marks & Spencer, dove si scopre che nei casi più gravi si scatena la cosiddetta “wardrobe rage”, la rabbia da armadio.

OSSESSIONE

Si chiama “sindrome della cantina piena”, o, per usare il termine medico, disposofob­ia. Chi ne soffre tende ad accumulare senza ritegno oggetti di qualunque tipo, fino a invadere l’appartamen­to. A loro, e sono tanti, la tv satellitar­e Sky ha perfino dedicato un reality show intitolato

Accumulato­ri seriali, format che dagli Stati Uniti è arrivato in Italia. Con l’avvento della tecnologia, questo disturbo si è trasferito dalla casa al computer, con sistemi operativi che rischiano di implodere per colpa di tonnellate di megabyte di file, filmati, foto e quant’altro che non si osa buttare definitiva­mente nel cestino (non prima, comunque, di aver fatto un backup). Non se la passano meglio gli smartphone, device che ormai un po’ tutti abbiamo immolato a cassaforti contenenti la nostra vita. Non si riesce proprio a disfarsi delle valanghe di whatsapp con tanto di video allegati, che non fanno che rallentare la funzionali­tà dell’apparecchi­o. E poco importa se il telefono ogni giorno ti implora di liberargli la memoria. C’è da augurarsi che un disposofob­ico non inviti mai a casa un individuo affetto da ataxofobia (la paura della confusione), predisposi­zione genetica accentuata dal contesto sociale. Un ataxofobic­o è un perfezioni­sta, tutto deve essere al posto giusto.

SCHEMATICI­TÀ

“Chaos”, dal greco antico, vuol dire spazio aperto, voragine. Eppure, perfino nel nostro caos “senza h” è presente uno schema logico, una variante chiamata disordine ortodosso, oppure ordinato. Chi ha la fortuna di possedere una libreria ben fornita può decidere se posizionar­e i volumi per titolo o per casa editrice. Se scegliesse, invece, di organizzar­li per tema, l’interpreta­zione diventereb­be puramente soggettiva. Per un ospite, che si trovasse di fronte a quello scaffale, risultereb­be arduo individuar­e velocement­e un autore e, se per caso dovesse azzardarsi (pensando di fare un favore) a collocare i libri dalla A alla Z, getterebbe il proprietar­io nello sconforto poiché il suo ordine è stato alterato. Per farla breve, non esiste una formula oggettiva con cui stabilire se documenti digitali, messaggi di posta o libri siano categorizz­ati con un sistema di facile o difficile reperiment­o. In realtà, come diceva il giovane Friedrich Nietzsche, allora non ancora filosofo: “Bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante”. Replicava così, se la madre gli chiedeva di riordinare la camera. Il suggerimen­to è perfetto per la prossima volta che qualcuno farà notare quanto la nostra scrivania sia incasinata. Si potrà sempre rispondere: “Non è disordinat­a, è creativa”.

 ??  ?? La scrivania di Albert Einstein nello studio all’Universitö di Princeton, esattament­e come lui l’ha lasciata. La foto è stata scattata per la rivista Life da Ralph Morse, il 18 aprile 1955, a poche ore dalla morte del premio Nobel.
La scrivania di Albert Einstein nello studio all’Universitö di Princeton, esattament­e come lui l’ha lasciata. La foto è stata scattata per la rivista Life da Ralph Morse, il 18 aprile 1955, a poche ore dalla morte del premio Nobel.
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