Cronaca di una confessione
Un sogno che diventa un incubo in un romanzo alla Simenon
L“E già sentivo che anche i gabbiani, bianchi e freddi come infermiere a forza di non strizzare mai gli occhi, anche i gabbiani approvavano”
a brezza non smette di strapazzare le barche ancorate in darsena e il cielo è invariabilmente grigio e le nuvole restano basse e il mare è scuro. Per il resto non c’è una gran vita giù in paese e, all’orizzonte, i vecchi cantieri e l’arsenale se ne stanno lì come balene spiaggiate. In questo scenario da archeologia industriale che sfida l’oceano, l’unica, ambigua eccezione è un castello mezzo sbreccato. Sulla stradina fangosa c’è una casupola di guardia al monumento, che poi è dove vivono Kermeur e la sua famiglia (ma la moglie se ne è andata, lo ha lasciato, e il figlio Erwan è chiuso in riformatorio, a doppia mandata). Una penisola del Finistère, sulla punta occidentale della Bretagna, nella rada di Brest, metà Anni 90. Cinquemila abitanti lasciati a spasso dall’industria navale, andata in malora. Un posto come tanti, distrutto dai venti del liberismo, sospeso nel tempo guasto dell’altro ieri, ma senza particolari nostalgie e poche speranze.
Articolo 353 del codice penale di Tanguy Viel parte da questo scenario per raccontare (in Francia è l’unico che sa farlo, o farlo ancora) una storia bellissima, a metà strada tra il Camus de La caduta e Simenon. Ci sono tempi morti nella vita, e istanti fatali. Quello del paese senza nome sarebbe un equilibrio limaccioso, senza emozioni o svolte, senza bagliori. Ma - come in una macabra favola più tardo-capitalista che postmoderna - un giorno arriva uno straniero dal portafoglio gonfio, e pieno di brillanti idee. Quando scende dall’auto tirata a lucido, e si affaccia al bar dei marinai, Lazenec sembra uno dei tanti perdigiorno. Ma l’illusione dura poco, giusto un istante. Parole e promesse e abbagli, chiacchiere al vento. Nell’arco di un paio di giorni diventa l’uomo “della provvidenza” per quei pezzenti (è il sindaco a chiamarlo così, lui che è un vecchio socialista, come Kermeur). L’an- tico castello diviene un complesso residenziale, una grande attrazione, e l’intero borgo si avvia a trasformarsi in una stazione marittima, ambitissima. Ma il romanzo inizia in realtà molto più tardi, quando questo sogno si è già tramutato in un incubo. Viel comincia (quasi) dalla fine, e in mezzo al mare. Kermeur ha appena buttato in acqua l’uomo della provvidenza e, adesso che rientra in porto, non è pentito. Il libro è la cronaca della sua confessione al giudice (spetta a quest’ultimo sbrogliarla, darle un finale). Kermeur spiega il suo gesto con calma, senza rabbia. Nelle sue parole lucide c’è tutta la storia di un periodo e il ritratto di una comunità raggirata, portata allo stremo. Articolo 353 è un grande romanzo politico ma senza ideologie e senza certezze. Tranne una, forse, piuttosto inquietante. Al trionfo della finanza e della speculazione non si oppone più nessuna lotta di classe. Resta soltanto un’opzione disperata: farsi giustizia da soli. A meno che il giudice… Tanguy Viel Articolo 353 del codice penale traduzione di Giovanni Bogliolo Neri Pozza, pp. 176, € 16 libro, € 9,99 e-book