LA PAROLA d’ordine condivisione: è nuove forme di abitare sostenibili, per creare un sistema sociale individualistiche AL DI FUORI DELLE LOGICHE e delle gerarchie TRADIZIONALI
QUAL è LA VOSTRA idea di futuro?
Se la mente corre a tecnologie biometriche, auto a guida autonoma e blockchain (database di transazioni protetto da crittografia, ndr), sappiate che c’è chi la pensa diversamente. La prima volta che ho sentito nominare gli elfi, quelli in carne, ossa e senza orecchie a punta, è stato al telefono con Francesco Guccini, per parlare del suo ultimo romanzo,
Tempo da elfi (Giunti Editore), scritto a quattro mani con Loriano Macchiavelli. Guccini mi ha raccontato di quella volta in cui, durante una passeggiata con lo zaino in spalla, ha incontrato Mario Cecchi, uno dei fondatori della comunità del Popolo Elfico della Valle dei Burroni. Gente che, a partire dagli Anni 80, ha deciso di ritirarsi dalla vita cittadina, e ripopolare i borghi abbandonati dell’Appennino tosco-emiliano, a quasi 900 metri di altezza, «dove più in alto c’è solo il cielo». Posti raggiungibili esclusivamente a piedi, senza acqua corrente né elettricità, per poter vivere a contatto con la Madre Terra, abbracciando i suoi ritmi. Oasi di pace dove dimenticarsi di cellulare e posta elettronica, cucinare con il forno a legna, lo stesso usato per riscaldarsi, e la sera cenare a lume di candela. Luoghi che gli elfi hanno ribattezzato con i nomi delle città immaginarie dei libri di J.R.R. Tolkien: Gran Burrone e Piccolo Burrone, ma anche Avalon, come l’isola leggendaria del ciclo di re Artù. Che cosa spinge qualcuno a prendere una decisione del genere? Mossa dalla curiosità, ho continuato a fare domande e a seguire le tracce di questa comunità di circa 200 persone, suddivisa in piccoli gruppi sparsi sui monti che, in modo silenzioso e pacifico, custodisce boschi e torrenti, coltiva terreni abbandonati e abita lande altrimenti desolate, come direbbe Frodo (il protagonista del romanzo Il Signore degli Anelli, ndr). Grazie all’intervista a Cecchi, pubblicata su Lato selvatico, rivista curata da Giuseppe Moretti, che esce due volte all’anno in corrispondenza degli equinozi, mi rendo conto che gli elfi non si reputano temerari per la loro svolta radicale di vita: “In molti ci stimano per la scelta audace che abbiamo fatto, ma a nostro avviso ci vuole più coraggio ad abitare nelle città, in quegli apparta