Nelle comunità di chi è nato tra i monti ci sono RAGAZZI di seconda che non sanno GENERAZIONE cosa significhi ritrovarsi NEL TRAFFICO all’ora di punta
menti di pochi metri quadrati, soffrendo di inedia e solitudine, assillati dal problema economico, sempre di fretta per arrivare in tempo, piuttosto che vivere in libertà in mezzo ai boschi, cibandosi dei frutti freschi della terra”. Inizialmente gli elfi hanno occupato le case diroccate perdute tra i monti, ma poi hanno capito che per integrarsi con le comunità vicine dovevano comunicare con le istituzioni. Sono nate così due associazioni: Il Popolo Elfico della Valle dei Burroni, retta da un comitato di gestione, e Il Popolo della Madre Terra, organizzazione di utilità sociale senza scopo di lucro. Per vivere, oltre che nutrirsi dei prodotti della terra, praticano il baratto e vendono pizza biologica, cotta nei loro forni a legna, s’intende, e venduta durante festival e manifestazioni. Le decisioni vengono prese con il consenso di tutti, seduti in cerchio (la figura geometrica più egualitaria), a dimostrazione che ogni parere ha il medesimo valore. Vi ricorda qualcosa? Anche nella tavola rotonda arturiana il re occupava lo stesso posto dell’ultimo dei cavalieri. Ma non finisce qui perché il meccanismo di discussione e di confronto, che coinvolge tutti i membri della comunità, viene regolato dal Bastone Sacro della Parola: quando te lo passano, tocca a te dire la tua. E solo a te. E qui non posso fare a meno di ripensare alla conchiglia de Il
Signore delle Mosche (Mondadori), il celebre romanzo di William Golding uscito nel 1954. Chi tra i ragazzini naufragati sull’isola deserta teneva in mano la conchiglia aveva il diritto a esprimere la sua opinione. In quel caso, l’utopia di una società più equa cadde miseramente di fronte ai mali insiti nell’uomo. Gli elfi dimostrano, invece, che collaborando si può vivere in armonia con i propri simili, e soprattutto con la natura.