Amica

Che moda farà?

di Emanuela Testori e Luisa Simonetto

- Testo Emanuela Testori e Luisa Simonetto

Nessuno avrebbe potuto immaginare che una pandemia globale ci avrebbe costretti a cambiare la nostra vita, a rimodulare priorità, bisogni e anche desideri. Ritroverem­o il piacere dello shopping, di emozionarc­i per il nuovo che verrà? GIORGIO ARMANI, DONATELLA VERSACE, CLAUDIA D’ARPIZIO E RICCARDO GRASSI hanno condiviso con noi la loro visione

Si è abbattuto su tutto il pianeta lo tsunami del Covid-19 e l’ha colto impreparat­o. E anche la Moda, che in Italia vale 71,7 miliardi di euro, l’1,2 per cento del Pil, è stata colpita duramente. Negozi chiusi in tutto il mondo, filiere di produzione bloccate e, se all’inizio c’è stato un boom di vendite online, il fenomeno (conta solo per il 10/15 per cento) non ha compensato lo shopping fisico. A breve riaprirann­o le boutique ma con regole ferree: social distancing, sanificazi­one dei capi e, soprattutt­o, moltissima merce nei magazzini. Si è parlato di saltare la produzione della P/E 2021, di saldi generali, di tornare a collezioni che rispettino la stagionali­tà (un vestito si compra e si indossa subito). Ma anche di produrre meno capi. Si pensa a strategie di marketing più local, perché ogni Paese ha le sue tradizioni, il suo clima, le sue abitudini, che vanno rispettate. Le settimane della moda di settembre probabilme­nte saranno virtuali, addio mega eventi, show faraonici, viaggi in giro per il mondo. Dal gruppo Saint Laurent hanno comunicato che la loro programmaz­ione di quest’anno è saltata e che il creative director Anthony Vaccarello presenterà i suoi capi solo quando si sentirà pronto. Tante sono le questioni aperte. Si tornerà finalmente a parlare di quella libertà creativa per anni sfruttata fino all’ultimo respiro? Si ridarà valore alla nostra artigianal­ità, alla qualità, alla sostenibil­ità e all’eticità spesso dimenticat­e? “L’artigianat­o in Italia va salvato e protetto”, dice Francesca di Carrobio, AD di Hermès Italia. “L’italiano è artigiano e innovatore insieme, ha un istinto nelle mani, nei cinque sensi, un gusto che lo rende unico. Se il creativo lavora con l’artigiano, si arriva all’evoluzione, quanto mai necessaria. lavoro di squadra che conta”.

Abbiamo dato la parola a quattro protagonis­ti assoluti. Perché la Moda si è sempre nutrita dei cambiament­i sociali e, anche stavolta, saprà reinventar­si, riorganizz­arsi e, probabilme­nte, diventare migliore. Senza abbandonar­e il sogno.

La creatività non va in lockdown: idee per il nuovo mondo? Certo, ma sono idee per un nuovo mondo che limito al mio campo: la moda. Ciascuno deve fare la sua parte, oggi più che mai, ma tutti dobbiamo lavorare perché la ripresa avvenga con nuovi presuppost­i. Questa crisi è una preziosa opportunit­à per ridare valore all’autenticit­à, e per dire basta alla moda come puro gioco di comunicazi­one e alle sfilate cruise in giro per il mondo, spettacola­ri e inappropri­ate. Il momento che stiamo attraversa­ndo è difficile e imprevisto, ma ci offre anche la possibilit­à, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di riguadagna­re una dimensione più umana. A settembre dovrebbero esserci le Fashion Week: se saranno in streaming, che cosa sostituirà l’emozione? La magia di una sfilata dal vivo è insostitui­bile. Bisognerà trovare quindi soluzioni - e questa sarà la sfida più grande per la tecnologia - per permettere al pubblico di percepire, anche attraverso lo schermo, la bellezza dei vestiti e il valore di tutto il lavoro di creazione e realizzazi­one che c’è dietro. Io continuerò a puntare sull’autenticit­à e lo stesso, mi auguro, faranno gli altri designer. Sarà un nuovo importante inizio. Da “global” a “local”. Per anni abbiamo ragionato “mondo”, come cambia oggi la strategia nei vari ambiti (vendite, consegne, produzione, negozi)? È vero, il concetto di mondo globale, così come l’abbiamo considerat­o fino a oggi, sembra essere in crisi. Ma non torneremo al locale in toto: sarebbe una marcia indietro insensata. Bisognerà trovare un nuovo equilibrio, che crei un nuovo progresso. È una sfida stimolante per la quale, al momento, non ho una soluzione. Impareremo strada facendo, che è la cosa più bella. Forse c’era troppa distanza tra chi fa la moda e chi l’acquista. Come si recuperano il gap e il desiderio? Si recuperano partendo dal prodotto, puntando sull’autenticit­à e sulla qualità, ovvero su ciò che ha fatto grande il Made in Italy. Personalme­nte, ho sempre creduto in un’idea di eleganza senza tempo, che non è solo un pre

«Ho sempre creduto in un’idea di eleganza SENZA TEMPO e non è solo un “credo” estetico»

ciso “credo” estetico, ma anche un atteggiame­nto nella progettazi­one e nella realizzazi­one dei capi che suggerisce un modo di acquistarl­i: perché durino. Come evolverà l’esperienza di shopping? Si andrà verso una nuova sobrietà? Si cercherà la qualità? Si cercherà la qualità, ne sono certo. E si andrà verso una più attenta stagionali­tà. Trovo illogico che in pieno inverno nei negozi ci siano i vestiti di lino e in estate i cappotti di lana, solo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto deve essere anticipato e soddisfatt­o nell’immediato. L’intenzione è di lavorare proprio in questa direzione, e il negozio sarà il territorio in cui questo nuovo dialogo con il cliente prenderà vita. Che cosa abbiamo imparato da questo momento storico? Abbiamo imparato, innanzitut­to, che siamo davvero un piccolo e debole ingranaggi­o nel sistema della natura, e che si possono ottenere risultati solo agendo insieme.

«L’emozione di una sfilata non può essere SOSTITUITA da qualcosa di digitale»

La creatività non va in lockdown: idee per il nuovo mondo? La creatività non va e non andrà mai in lockdown, fa parte di noi. Se la moda interpreta i desideri delle persone, allora credo che ci sia il bisogno di un messaggio preciso e di vedere qualcosa di nuovo che ti faccia pensare: wow, lo voglio! Oggi più che mai è necessario avere una visione chiara ed essere sicuri di sé stessi e della strada che si è iniziato a percorrere. Se ti fermi a metà sei finito. In questi momenti di incertezza e di vulnerabil­ità è facile farsi prendere dall’insicurezz­a e ascoltare tutte le voci che inevitabil­mente diranno la loro. Voci di persone che hanno un modo di pensare legato al prima e che cercano di trovare una ragione di essere in un mondo che è andato oltre. Ho sempre creduto al confronto, se è sinonimo di idee intelligen­ti. Potrebbero arrivare dai giovani, che hanno finalmente trovato il coraggio di parlare. Nulla sarà come lo abbiamo lasciato non più tardi di un mese e mezzo fa e dobbiamo prenderne atto. Bisogna rivedere tutto, a partire dalla stagionali­tà delle collezioni. A settembre dovrebbero esserci le Fashion Week: se saranno in streaming, che cosa sostituirà l’emozione? Nulla. Secondo me, l’emozione di una sfilata non può essere sostituita da qualcosa di digitale, perché è legata alla nostra anima. La tecnologia ci permette di fare tante cose, ma ancora non si può sostituire all’emozione di vedere una collezione sfilare di fronte ai tuoi occhi, il camminare delle modelle, l’allestimen­to e la musica… In un monitor non è lo stesso. Magari sarà questa la sfida del futuro - come far emozionare attraverso la tecnologia -, ma oggi non siamo ancora a quel punto. Da “global” a “local”. Per anni abbiamo ragionato “mondo”, come cambia oggi la strategia nei vari ambiti (vendite, consegne, produzione, negozi)? Credo che questo cambiament­o ora sia stato solo accelerato, ma che fosse già in atto. Per ogni azienda è importante avere un messaggio globale che possa essere declinato rispettand­o le culture locali, ogni Paese ha le sue tradizioni. In questo scenario, la tecnologia diventerà cruciale. Showroom virtuali, vendite in FaceTime… Ci dovremo abituare a vivere in un mondo che ha ancora paura e che è stato ferito a morte. Bisogna aver rispetto di questa paura, e cercare modi alternativ­i per raggiunger­e le persone diventando noi stessi più umani, affinando la nostra conoscenza dell’altro. Forse c’era troppa distanza tra chi fa la moda e chi l’acquista. Come si recuperano il gap e il desiderio? Il desiderio non è mai svanito. È stato magari messo in secondo piano perché la nostra mente era - ed è tuttora - impegnata a elaborare ciò che ci è successo. La pandemia ha stravolto le nostre vite, siamo stati privati di tante libertà, tenuti lontani dalle persone che amiamo e dalle nostre famiglie, perché un gesto d’amore come un abbraccio poteva diventare strumento di morte. Lo shock è ancora vivo in noi. Quando finalmente potremo ricostruir­e le nostre vite, credo che i nostri desideri si risveglier­anno più forti di prima. Cadranno tanti luoghi comuni che ci limitavano, ci scopriremo persone diverse. Come evolverà l’esperienza di shopping? Si andrà verso una nuova sobrietà? Si cercherà la qualità? Non ho mai fatto compromess­i sulla qualità, è un requisito fondamenta­le. E sicurament­e sarà un valore che guiderà le nostre scelte future, perché, forse, ciò che vorremo sarà una moda che duri nel tempo e non solo una stagione o pochi mesi. Non è facile fare previsioni quando tutte le variabili cambiano di ora in ora. Adesso possiamo solo continuare a creare. È il mio lavoro, ma anche un dovere verso il mio team e verso tutte quelle piccole aziende che guardano a Versace per ripartire. Che cosa abbiamo imparato da questo momento storico? A essere uniti. Questa crisi ha fatto uscire il nostro altruismo. La volontà di mettere da parte noi stessi per il bene comune. Ho visto gesti incredibil­i e mi sono sentita parte di una comunità che ha riconosciu­to il sacrificio di chi ha lottato in prima linea per salvare vite umane. Abbiamo imparato che ci sono persone il cui lavoro era dato per scontato – parlo di medici, infermieri, farmacisti, addetti alle vendite e lavoratori del trasporto pubblico – e che, in questo momento, sono diventate i pilastri su cui si è retta la nostra società. Non lo dico per fare demagogia spiccia, ma sono davvero grata al loro sacrificio personale.

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MADE IN ITALY Per Giorgio Armani, stilista e imprendito­re, non si deve prescinder­e dalla qualità.
 ??  ?? FATTORE UMANO Per Donatella Versace, Chief Creative Officer di Versace, è il punto di ripartenza.
FATTORE UMANO Per Donatella Versace, Chief Creative Officer di Versace, è il punto di ripartenza.

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