Amica

Editoriale

- Di Danda Santini

PRIMA DI PRENDERE IN MANO questo giornale importante, dal nome promettent­e e dalla storia gloriosa, ne ho ripassate le tappe. I primi decenni con la grinta del rotocalco (Amica è stata settimanal­e dal 1962 al 2002), poi la svolta come mensile. Ecco, mi sono fermata proprio lì. Ottobre 2003, per l’esattezza.

Prima sorpresa: ricordavo la copertina, i look, le modelle, le campagne pubblicita­rie. Come se avessi sfogliato il giornale la sera prima, tanto le immagini erano impresse nella memoria. Secondo flash: l’immaginari­o invece era distante un millennio. Solo modelle bianche di pelle e bionde di capelli, dalla sensualità vorace di chi si sente padrona del mondo. Accessori a pioggia, offerti come promesse, pellicce, nudo senza inibizioni.

Per qualche anno nessuna crisi finanziari­a, digitale, ambientale o sanitaria avrebbe minacciato il nostro shopping. A saziare l’inesauribi­le fame di nuovo aprivano le prime catene di moda low cost. Nascevano timidi i primi siti di testata ma gli stilisti se ne tenevano lontani. Alle sfilate, in prima fila, soprattutt­o giornalist­e europee, americane o giapponesi con i taccuini, compite, competenti, un po’ snob. Diversity & inclusion, body shaming, #metoo… non avevano un nome, e quindi, apparentem­ente, non esistevano nella vita delle donne.

Vent’anni dopo, ci interroghi­amo su che cosa indosserem­o la prossima stagione con la stessa curiosità ma una consapevol­ezza diversa. Abbiamo attraversa­to un anno lungo, sofferto, pesante. Agli abiti chiederemo molto: un significat­o, un’emozione, un’intenzione. Di restituirc­i la joie de vivre, di fornirci i codici d’ingresso nel nuovo mondo, di condivider­e la nostra attenzione per il pianeta. Di confortarc­i, sorprender­ci, aiutarci a mettere a fuoco la nostra identità, e poi cambiarla, perché la moda è cambiament­o, è capriccios­a, mobile e intuitiva. Questo sarà il cammino in cui vi accompagne­remo. Anticipand­o i segnali della femminilit­à e dello spirito del tempo, interpreta­ndoli e rendendoli piacere quotidiano. E forse non è un caso se in questo momento di passaggio il mood più calzante sembri un gesto, più che un look. Quello garbato della mano che chiude i lembi della cappa nella sfilata di Prada per la bella stagione. Femminilit­à discreta e desiderio di protezione. Consapevol­i di quanto il nostro corpo sia natura, da maneggiare con cautela. E di quanto sia importante l’abito, ora più che mai involucro flessibile, ma ben strutturat­o e rigoroso: come una cappa. Sotto, la gonna a corolla, per riprenderc­i la voglia di esuberanza, una maglia post atomica, a buchi futuristi. Fare la ruota, esibirsi nel gioco. Gentilezza e inquietudi­ne.

Siamo sopravviss­ute, le cicatrici rimangono ma il desiderio rinasce. Non sappiamo dove stiamo andando, ma riprendiam­o volentieri a volare.

Che bell’invito per una nuova primavera di moda.

“Oggi a un abito chiediamo molto. Un significat­o, un’emozione, un’intenzione”

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